Chi ha aperto nella mattinata del 5 agosto il sito web di uno dei maggiori quotidiani italiani è inciampato in una notizia di prima pagina: la squilibrata distribuzione territoriale tra Nord e Sud dei 100 e lode della maturità. «Al solito!» commenta chi frequenta da tempo l’argomento. Ma questa volta c’è da rallegrarsi per l’uscita definitiva dello scheletro dall’armadio. Che i voti della maturità siano stati sempre più alti al Sud che al Nord lo sa da sempre chi andava a farvi le maturità in trasferta. I colleghi interni non si peritavano di sostenere la necessità di tenere i voti alti per un aiutino nei concorsi pubblici.



Oggi la cosa è sempre meno tollerata sia perché aumentano le evidenze relative alla contro-verità che questi voti celano sia perché i temi strettamente scolastici si mescolano con altri che non lo sono e che esacerbano gli animi.

Ne dà prova il fatto che da quella notizia sul quotidiano in questione si è aperto un ampio e serrato dibattito a colpi di e-mail che sembrano non risparmiare colpi da una parte e dall’altra.



Messo a fuoco il fatto, bisognerebbe però indagarlo un po’ meglio, anche per prendere le misure giuste.

Non si tratta di una situazione semplice.

La scuola del Sud, accusata di eccesso di benevolenza per chi riesce a rimanerci dentro, in realtà espelle fra bocciature ed abbandoni una percentuale di ragazzi più alta del Nord. Quanto questo sia dovuto alla irriducibilità alla scolarizzazione di fasce sociali più ampie al Sud che al Nord e quanto ad una mancanza di impegno e di attenzione verso questi stessi settori da parte della scuola stessa è questione tutta da indagare. Sta di fatto che accade come se, una volta eliminata una parte significativa della popolazione scolastica, verso i sopravvissuti si coltivasse una maggiore indulgenza.



Inoltre: probabilmente sarebbe improprio pensare che l’innalzamento artificioso del livello dei voti sia sempre dovuto ad un’esplicita volontà di favorire i propri allievi. Ma senza dubbio ciò è vero per la maturità: è vero che le aziende ai voti badano poco e che le Università usano propri test (ma Fioroni aveva cercato di blindare i giudizi di ammissione all’Università riservando appunto il 25%   al voto di maturità!), ma non dimentichiamoci i concorsi pubblici. Per non parlare del grazioso cadeau monetario, anch’esso prodotto dell’era Fioroni, che i nostri 100 e lode si preparano ad incassare.

Tuttavia questa sopravvalutazione avviene a tutti i livelli: si veda la percentuale di “ottimi” all’esame di terza media, ancora una volta superiore al Sud rispetto al Nord. Qui vantaggi concreti non ce ne sono.

L’ipotesi potrebbe essere dunque quella di una dispercezione a partire dagli insegnanti del livello effettivo degli apprendimenti che i ragazzi dovrebbero e potrebbero raggiungere alle diverse età.

Una sopravvalutazione delle proprie capacità, un eccessivo ottimismo sui propri meriti in una parte d’Italia e tendenze “depressive” negli allievi e “persecutorie” negli insegnanti nell’altra.

In PISA 2006 alcune domande indagavano sulla percezione delle proprie capacità negli studenti campionati. I quindicenni delle nazioni con più bassi livelli di apprendimento hanno mostrato più ottimismo sul tema di quelli dei paesi con risultati migliori. In Italia lo stesso: gli studenti delle regioni del Sud si dichiarano molto più soddisfatti delle proprie capacità e dicono di essere più motivati di quelli del Nord, pur trovandosi oggettivamente in una situazione più problematica.

Fin qui si parla di impressioni.

Tuttavia anche nel nostro paese, allergico al quantitativo, si è accumulato ultimamente un tesoretto di dati che consentirebbero un attendibile paragone articolato territorialmente fra valutazione interna ed esterna delle scuole.

Promozioni, bocciature, debiti, livelli di giudizio finale in terza media ed alla maturità per la valutazione interna.

Risultati PIRLS (lingua), TIMSS (matematica) di decenni, 4 edizioni di PISA per la valutazione esterna internazionale.

Risultati 2008 e 2009 della prova nazionale della terza media, risultati della valutazione delle scuole a partire dagli inizi degli anni 2000 per la valutazione esterna nazionale.

C’è un bel lavoro da fare per chi vuol progettare e realizzare una ricerca utile per ridare attendibilità al lavoro della scuola italiana.