Vi ricordate l’articolo “Chiudiamo le scuole” di Papini? «L’uomo, nelle tre mezze dozzine d’anni decisive nella sua vita (dai sei ai dodici, dai dodici ai diciotto, dai diciotto ai ventiquattro), ha bisogno, per vivere, di libertà. Libertà per rafforzare il corpo e conservarsi la salute, libertà all’aria aperta (….)» e, soprattutto, «libertà per imparare veramente qualcosa perché non s’impara nulla di importante dalle lezioni ma soltanto dai grandi libri e dal contatto personale colla realtà. (….) Nelle scuole, invece, abbiamo la reclusione quotidiana in stanze polverose piene di fiati – l’immobilità fisica più antinaturale – l’immobilità dello spirito obbligato a ripetere invece che a cercare – lo sforzo disastroso per imparare con metodi imbecilli moltissime cose inutili – e l’annegamento sistematico di ogni personalità, originalità e iniziativa nel mar nero degli uniformi programmi». Libertà, rapporto personale con la realtà, valore unico ed irriducibile della singola persona di contro all’uniformità e alla ripetitività. Pensiamo alla declinazione di tutto questo in un’epoca come la nostra, dove il movimento, la velocità e l’ampliamento continuo dello “spazio” diventano sempre più esponenziali. Come appaiono fuori “tempo” i ritornelli del «servono più ore, più docenti, più materie, più attività, più soldi, più….». Il ritornello insomma dei tagli che minano la qualità della scuola. La razionalizzazione è necessaria sul piano economico, per ridurre – come ricordava Cominelli su queste pagine – l’assurdo scarto tra domanda e offerta, iniziando ad approssimare l’Italia alla media europea del rapporto alunni/docenti. Ma anche e soprattutto sul piano della qualità della stessa didattica. È ora di invertire l’era dei curricoli gonfiati, come se all’incremento quantitativo del tempo scuola e delle discipline corrispondesse un incremento della qualità della formazione ricevuta. Al contrario: l’incremento esponenziale dei saperi, il continuo intersecarsi e ridefinirsi dei loro confini, la variabilità stessa delle professioni richiedono sempre più una “testa ben fatta” e non solo piena, una testa libera e flessibile, per un apprendimento destinato a svilupparsi lungo tutto l’arco della vita. Il che vuol dire che è venuto il momento di incidere sulla modalità ordinaria del far scuola e sulla natura della professionalità docente. E quindi: snellimento, “essenzializzazione” dei curricoli (da non confondere, assolutamente, con abbassamento dei livelli: quantità non è qualità, appunto….) e passaggio alla dimensione dell’apprendimento e della personalizzazione. Fumo? Retorica?
Voglio qui raccontare di un’esperienza in atto.
Si tratta di una piccola scuola di Trento, l’Istituto paritario di Istruzione e Formazione Professionale “Ivo de Carneri”, che attualmente offre percorsi sia ad ordinamento nazionale (Tecnico Turistico, Biologico, Odontotecnico di durata quinquennale), sia ad ordinamento provinciale (Tecnico dei servizi di animazione turistico sportiva e del tempo libero, di durata quadriennale). Bene. Nel 2003 la Provincia Autonoma di Trento sottoscrive un’intesa col MIUR che prevede per le istituzioni scolastiche la possibilità di adottare una nuova organizzazione del tempo scuola «finalizzata a favorire il successo scolastico attraverso percorsi personalizzati per gli studenti, utilizzando un curricolo snello ed essenziale compreso fra le 890 ore annue, di cui 66 ore di attività opzionale obbligatoria e le 990 ore annue di cui 165 ore di attività opzionale obbligatoria». Si tratta, sostanzialmente, di un’anticipazione della riforma Moratti. La “Carneri” accetta, convinta, la sfida. Il Protocollo di Intesa MIUR – PAT è l’occasione per concretizzare un processo di riflessione e ridefinizione complessiva dell’assetto pedagogico ed organizzativo della scuola. A partire da una forte attenzione alle esigenze delle famiglie e della comunità. In una logica di servizio pubblico e non di autoreferenzialità. Sono così state introdotte innovazioni, in linea anche con esigenze manifestate dall’utenza: settimana corta, percorsi personalizzati, didattica più efficace e modulare in vista del successo formativo, potenziamento dell’insegnamento delle lingue straniere e delle competenze digitali. E soprattutto opzione per il curricolo essenziale. Inizialmente di 990 ore annue, di cui 165 di attività opzionali obbligatorie; dall’anno scolastico 2008-2009, per le modifiche introdotte dalla Legge Provinciale n. 5/2006, di 1000 ore annuali, di cui 100 destinate ad attività opzionali obbligatorie. Queste ultime sono state strutturate in moduli concernenti il potenziamento e l’approfondimento delle discipline di indirizzo, l’orientamento, il sostegno alle difficoltà e valorizzazione dei campi di eccellenza, il potenziamento delle lingue straniere e delle T.I.C., le attività di didattica extra aula e di conoscenza del territorio. Così, dalle precedenti 40 o 36 ore dell’ordinamento tradizionale, si è passati alle attuali 27 ore settimanali di curricolo di base, essendo 3 ore riservate ad attività opzionali obbligatorie. Cui vanno aggiunte altre 6 ore, ma elettive, per attività che l’alunno può volontariamente scegliere per approfondire a scuola propri interessi culturali, per utilizzare i laboratori, per colloqui con i docenti o per attività di studio assistito. Il tutto mantenendo l’impianto nazionale (stessi esiti di apprendimento e stesse materie) ed utilizzando le leve dell’autonomia scolastica del DPR 275. Modificando sostanzialmente, però, l’approccio tradizionale dell’insegnamento, a favore di un forte investimento sulle logiche della cooperazione tra i docenti, dell’apprendimento e della personalizzazione. La riformulazione organizzativa prevede infatti anche l’attribuzione di un ruolo non formale ai coordinatori di classe, l’introduzione della figura del tutor, un forte (reale) investimento sull’orientamento e sull’alternanza, l’utilizzo del portfolio e del diario degli apprendimenti degli alunni, il contratto formativo e – nota bene – anche un progetto di innovazione didattica tramite strumenti web-based, con il passaggio dal libro di testo al netbook fornito ad ogni studente. Si tratta di un mini sito internet personale dello studente che permette ai vari stakeholders – non solo ai docenti – di fare scuola: l’alunno scrive il suo Diario settimanale degli apprendimenti e costruisce negli anni il suo portfolio elettronico, magazzino pronto ad ospitare l’apprendimento in contesti anche non formalizzati. E l’insegnante deve spostarsi dal libro di testo pre-organizzato per tutto e tutti al “progetto quotidiano” per i suoi studenti.
Qualcuno chiederà: «…e gli esami di Stato?». Stessi risultati. La qualità non dipende dalla quantità oraria. La scuola anzi, nel complesso, è passata dai 90 ragazzi di cinque anni fa, agli attuali 220. Una situazione idilliaca e fuori dal mondo? Certo che no. Parlando con loro emergono tutte le difficoltà che ogni Istituto scolastico e che ogni docente si trova ad affrontare. Ma una cosa rimane innegabile: è possibile fare scuola anche con un modello diverso da quello cui siamo abituati. Il segreto del successo della “Carneri” non sta solo o essenzialmente nelle scelte strategiche ed organizzative fatte, ma nello spirito che anima la scuola. Ed è questa l’ultima cosa da sottolineare. L’Istituto ha infatti una chiara identità, una sua fisionomia educativa, con tanto di carta dei valori di ispirazione cooperativistica espressa nel POF. E soprattutto – qui sta il segreto o la molla – nella partecipazione degli insegnanti: la scuola è gestita dalla “Oxford Civezzano”, una cooperativa di docenti inserita a pieno titolo nella Federazione Trentina della Cooperazione, nata quando nel 1997 un gruppo di giovani docenti prese la decisione di associarsi e di rilevare un istituto scolastico privato prima condotto in modalità gestionale “for business”. Ridefinendone la mission. Insomma: se un soggetto è vivo, modifica la struttura, si dà una forma congrua alla propria idealità. La forma che meglio aiuta ad esprimersi e che meglio risponde alla realtà.