La scuola porta con sé in questo lento avvio la questione del precariato, come una delle questioni più gravi; i sindacati sono sul piede di guerra e lo hanno preso come una delle bandiere che sventoleranno in autunno, il ministro Gelmini cerca di ricondurre la questione ai suoi termini reali e giustamente rifiuta di essere considerata la responsabile prima della situazione complicata che si è venuta a creare a causa di anni e anni in cui su un ascensore dove si poteva salire in cinque sono stati fatti salire dieci insegnanti.



Che il precariato sia usato strumentalmente è sotto gli occhi di tutti. In realtà il precariato, prima di essere una questione della scuola, è il dramma di tanti giovani e non più giovani insegnanti che rischiano di trovarsi senza posto di lavoro.

È un dramma umano il precariato e la prima cosa che chiede è un gesto di condivisione vera, un abbraccio umano senza del quale inevitabilmente lo si usa in modo del tutto strumentale. Questi giovani che oggi portano dentro la scuola la loro incertezza, la loro instabilità sono una domanda di condivisione, l’urgenza di trovare qualcuno che porti con loro il dramma che si trovano a vivere.



È solo da una condivisione reale che può venire una modalità nuova di affronto di questa difficile situazione, visto che l’insufficienza dei vecchi metodi è ormai manifesta. Per questo lascia molto perplessi chi chiede che si continuino a far salire sull’ascensore dieci persone. È questa solo demagogia, chi lo chiede sa bene che l’ascensore precipiterà.

Urge trovare nuove soluzioni per togliere una volta per tutte il precariato e il dramma che genera. È  fuor di dubbio che esistono i precari perché esiste una concezione della professione docente rigida che divide chi è di ruolo da chi non lo è: i primi sono garantiti in tutto, i secondi in nulla. Forse allora la soluzione è togliere l’istituzione del ruolo facendo finalmente dell’insegnante un professionista che è assunto perché merita, ma che contemporaneamente qualora la sua azione didattica fosse inefficace potrebbe essere licenziato. Urge andare nella direzione del merito, per farlo però l’unica strada è quella della piena autonomia delle scuole, autonomia che deve arrivare fino al livello finanziario. Devono essere le scuole a stabilire di che tipo di insegnanti hanno bisogno e quanti, come devono essere le scuole a chiamarli in modo diretto.



L’autonomia scolastica è la riforma delle riforme, una riforma che attiverebbe una scuola in cui l’insegnante che è culturalmente preparato e che ha uno sguardo umano verso ognuno dei suoi studenti troverebbe posto di lavoro e con continuità. Del resto la continuità del lavoro di docente non è una questione di graduatoria o di ruolo, ma è una questione di efficacia educativa e didattica.

(Gianni Mereghetti)