«Riguardo a Economia e Diritto, dovendo fare delle scelte, no, non ritengo siano materie fondamentali per l’educazione alla cittadinanza e alla legalità».
«Potremmo superare le polemiche sulla mancanza di arte, musica nel biennio, perché nell’asse dei linguaggi ci possono rientrare tutte le discipline anche se a un livello certo di non avanzata formalizzazione. Condivido pertanto la risposta di Bruschi (“regista” della cabina di regia sui Licei) sulla mancanza di Diritto-economia nei bienni liceali».
Che il paradosso espresso nella prima frase sia condiviso anche da un uomo di scuola come D’Avolio non può che suscitare meraviglia. D’Avolio, Dirigente scolastico ora in quiescenza, ha conosciuto fasi anche passate dei tentativi di riforma della scuola e quindi non avrà reazioni di rigetto se leggerà queste altre di frasi:
L’insegnamento del Diritto: 1) concorre ad integrare la prospettiva offerta dalle scienze umane e sociali, studiate nell’indirizzo con la peculiarità delle proprie categorie logiche e sistematiche; 2) promuove nello studente una maggiore consapevolezza della complessità dei rapporti sociali e delle regole che li organizzano; 3) consente di individuare le connotazioni delle diverse formazioni operanti nella società, cogliendone la rilevanza giuridica; 4) attiva la riflessione sull’essenzialità del nesso fra società e ordinamento giuridico; 5) evidenzia le forme di solidarietà attuabili mediante l’intervento dello Stato nei rapporti economici e sociali.
Sarebbe interessante conoscere l’opinione di D’Avolio, fautore della trasversalità, a proposito di queste frasi che sono tratte da quel “pericoloso” documento costituito dalle Linee di indirizzo delle sperimentazioni Brocca.
E se poi ci spostiamo sull’Economia, che dire? Trasversalità anche lì? E di chi? Del collega di “Economia domestica”? La battuta viene facile se si pensa che qualcuno, nell’ambito dei think thank che si sono occupati del riordino, ha evocato, non si sa bene in base a quale ragionamento, la possibilità di inserire nel futuro Liceo delle Scienze Umane non l’Economia Politica ma, udite udite, l’Economia Aziendale.
Riportiamo la discussione nei termini della razionalità. Dunque c’è la necessità del riordino e si decide che le Discipline giuridiche ed economiche non rientrano nel core curriculum.
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Ma, in realtà, come ha acutamente osservato Tiziana Pedrizzi qualche tempo fa, sempre su ilsussidiario.net, non c’è stata in Italia alcuna discussione sul core curriculum. C’è stata la decisione, non motivata da altro che da nobili ragioni di tagli alle spese (sic), di ridurre a 30 ore l’orario settimanale massimo “sopportabile” dagli studenti italiani del 2000.
Il riferimento di D’Avolio a 30 come monte ore adeguato, però, è pure sbagliato perché, per il biennio (e la disciplina “Diritto ed Economia” nei Brocca lì viene insegnata) non sono 30 (quelle originariamente previste) le ore settimanali bensì 27.
Sarà perché il cervello dei quindicenni è meno “capiente” di quello dei diciassettenni, che si è arrivati a questa importante determinazione? Ma alle medie inferiori il monte ore settimanale è di 29 + 1 ed allora manco la teoria del “cervello più piccolo e meno capiente” funziona.
Anche qui spero si colga l’ironia espressa a proposito di una determinazione ragioneristica che non consente di individuare quali ambiti disciplinari siano essenziali e quali no ma che “giustifica” una posizione paradossale come quella di Bruschi con la quale ho aperto questo contributo.
Cerchiamo allora di capire il perché dell’eclissi del Diritto ed anche delle scelte razionali. In Italia l’unico tentativo di riformare la secondaria superiore è consistito nelle sperimentazioni Brocca. Per dare un giudizio non tagliato con l’accetta, sarebbe stata necessaria una valutazione finale dei quasi venti anni che separano le frasi di Bruschi e D’Avolio da quelle della Commissione Brocca.
Come ha riconosciuto, con onestà intellettuale, anche un altro componente della Cabina di Regia che ne ha scritto sul ilsussidiario.net, Elena Ugolini, tale valutazione non è stata mai fatta. Ricordo che uno dei tratti innovativi, rispetto al passato, delle sperimentazioni Brocca è stata proprio l’introduzione delle Discipline giuridiche ed economiche nei Licei.
Esse escono, già da vent’anni, dal limbo degli istituti tecnici e professionali, per diventare discipline presenti in tutti i Licei sperimentali compresi Classici e Scientifici. Ci sono poi Classici e Scientifici tradizionali (non Brocca) che decidono di introdurre non lo studio dell’aramaico o del marketing nei loro istituti ma, come al Ministero sanno bene perché hanno i dati sulle cosiddette mini-sperimentazioni, proprio il Diritto e l’Economia.
Che questa sia la situazione lo ha riconosciuto, in un documento ufficiale e non riservato, anche uno dei più stretti collaboratori, al Ministero, del Ministro Gelmini. Ci sarà stato un motivo per cui tutto questo è accaduto? Oppure ci toccherà di leggere che si trattava di impiegare i docenti di Discipline giuridiche ed economiche in esubero? Siamo seri, per favore.
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Eppure c’è ancora qualcuno che parlando oggi di Diritto e Economia, ne parla ancora come di discipline tecniche da relegare in settori specialistici. Se ne ignora la valenza formativa e la funzione di strumento di analisi della realtà. L’art. 2 del regolamento n. 192 sui Licei evoca proprio la necessità, per lo studente, di essere in grado di analizzare la realtà; ed il Diritto e l’Economia, nel XXI secolo, non servono? Ci sarà un motivo per cui non c’è alcuna posizione né del mondo universitario, né del mondo dell’impresa, né delle associazioni professionali, né delle associazioni dei genitori che sostiene la necessità di eliminare il Diritto e l’Economia ma esattamente il contrario?
Basta leggere quello che è stato scritto nei Forum di Indire per rendersene conto. Basta leggere le mozioni dell’Assemblea Regionale Siciliana, come quella degli Ordini degli avvocati del Triveneto pubblicati sul Sole 24 Ore per rendersi conto che la scelta è una scelta non condivisa da alcuno che non siano Bruschi e, ahimè, D’Avolio.
E non parliamo dei decisori politici poi.
Lo stesso ministro Gelmini (avviene nel 2008) si rende conto della necessità di diffondere, nell’ambito di un più generale discorso di educazione alla legalità, anche la cultura costituzionale nelle scuole di ogni ordine e grado.
E nel 2008, evidentemente, il Ministro Gelmini non condivide il paradosso del suo consigliere politico Bruschi. Questo passaggio diventa essenziale per valutare le giravolte della politica scolastica in relazione alle discipline giuridiche ed economiche. Cosa succede rispetto alla primitiva proclamata volontà di introdurre una nuova disciplina (materia) con valutazione autonoma come dichiarato dallo stesso ministro in una conferenza stampa dell’agosto 2008, conferenza stampa anche ripresa dalle televisioni?
Accade che alle prese con la necessità, nelle scuole superiori, di dare rigore scientifico ad uno studio che non può essere “trasversale” ignorando la necessaria precisione di analisi, il ministero prima firma un protocollo di intesa con l’Associazione Italiana dei Costituzionalisti perché “formino i futuri docenti di Cittadinanza e Costituzione (i docenti di Filosofia e quelli di Storia ma non quelli di Diritto) poi, e siamo solo nel 2009, fa sapere, attraverso lo stesso ministro che lo dichiara al Corriere della Sera, che mai e poi mai “Cittadinanza e Costituzione” diventerà, nemmeno alle superiori, “disciplina autonoma con valutazione autonoma”.
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Che cosa è accaduto per indurre ad un cambiamento di prospettiva di 360 gradi? È accaduto che studiosi del calibro di Galli della Loggia sul Corriere della Sera e del prof. Dino Cofrancesco sul Secolo XIX di Genova, siano intervenuti sulla questione “Cittadinanza e Costituzione” invocando l’abbandono di una visione “annacquata” di “Cittadinanza e Costituzione” da non utilizzare, per usare le parole di Galli della Loggia, in una prospettiva da Stato etico e sottolineando la necessità di uno studio basato anche sul rigore scientifico.
Ed allora la “trasversalità” di D’Avolio, con tutto il rispetto, si infrange miseramente contro gli scogli dei curricula universitari dei docenti di Discipline giuridiche e di tutti gli altri docenti di discipline diverse. Il paradigma delle competenze e della meritocrazia servono solo come slogan? O servono anche a determinare chi insegna cosa? Perché, altrimenti, trasversalità per trasversalità, siccome ho una certa competenza in informatica, da domani chiederò di essere riconvertito, pur non avendo alcuna laurea specifica, ad insegnare Informatica.
Come si vede, a seguire certi discorsi si finisce in un vicolo cieco, quello di scelte non razionali. Qual è la prospettiva giusta allora? Quando vogliamo giustificare certe scelte, anche nel settore dell’educazione, spesso ci rivolgiamo all’estero volendo dare una patente di credibilità a cose di cui non abbiamo consapevolezza. Ebbene, se si guarda all’Europa, anche stavolta stiamo andando contro corrente.
Non c’è bisogno di evocare la Francia o la Germania per sapere che in questi Paesi posizioni come quella di Bruschi non hanno alcuna cittadinanza. Ci sono le famose Raccomandazioni del Consiglio d’Europa a proposito delle competenze civiche, ci sono le ricerche internazionali e a livello UE che attestano la necessità di migliorare la cultura costituzionale e istituzionale degli studenti europei.
E noi siamo qui alle prese con il rasoio di Ockham. Che qualcuno lo faccia sapere che il mondo della globalizzazione del XXI secolo è un po’ più complicato e che non fornire strumenti di analisi è una scelta suicida, se fatta in buona fede. È altro se giustificato dal pregiudizio ideologico e dalla approssimazione di scelte non motivate.