A dispetto delle classiche interpretazioni ottimistiche alle quali ormai siamo stati abituati da Rodríguez Zapatero, i rapporti dell’Ocse (come l’ultimo Education at a glance) e le statistiche nazionali continuano a mostrare le gravi limitazioni del sistema educativo spagnolo. Allo stesso modo, il “buonismo” dei membri del governo socialista e l’attivismo con cui il ministro dell’Educazione, Ángel Gabilondo, copre la sua impotenza, non impediscono che la sensazione generale nei confronti dell’educazione spagnola sia la sfiducia.



Quest’estate era Lucía Figar, Assessore all’educazione della Regione di Madrid, regione governata dal Partito Popolare, che al Meeting di Rimini affermava che “la pessima situazione dell’educazione spagnola è conseguenza della visione che ha ispirato venticinque anni di leggi educative”. Un giudizio negativo che non migliorava, quando, sempre in quell’occasione sosteneva che “quella tendenza è stata corretta in quasi tutti i paesi europei tranne che in Spagna, dove si è purtroppo incrementata”.



In effetti, tutte le leggi educative della democrazia spagnola dopo Franco sono state leggi socialiste con un sostrato culturale comune: un modello pedagogico “comprensivo” e costruttivista vincolato a una sfiducia nei confronti dell’idea e della pratica della libertà di educazione. Leggi, con una grande carica ideologica orientate a un chiaro cambiamento di mentalità.

Il risultato di questa legislazione è stato una forte decrescita dei risultati del sistema, l’adattamento dei professori e degli alunni ai minimi richiesti, una mancanza di aspettative del sistema scolastico riguardo le possibilità dei bambini e dei giovani. È successo, insomma, che si è degradata l’idea dell’apprendimento come obiettivo della scuola.



Questa deriva ideologica dell’educazione ha colpito l’apprendimento delle capacità basiche ed elementari che dovrebbero essere acquisite nel periodo dell’educazione elementare: leggere, scrivere e fare computi matematici basici. D’altro canto, siamo spettatori di un impoverimento sempre più grande riguardo i contenuti culturali minimi nelle medie. Tutto ciò costituisce, com’è evidente, un vero problema per il futuro del nostro paese.

L’educazione spagnola è stata contagiata da questa grave malattia che consiste nella difficoltà a trasmettere i contenuti fondamentali della propria tradizione e della propria cultura. L’ideologia delle leggi educative e di molti professori e maestri mette in luce un malessere nei confronti del proprio passato e, di conseguenza, una grande difficoltà nel momento di trasmettere i contenuti della nostra tradizione e la nostra storia.

Continua
 

Un chiarissimo esempio non solo del persistere di questa malattia, ma addirittura del suo peggioramento sono le nuove materie introdotte nel curricolo scolastico dall’attuale governo socialista: Scienze del mondo contemporaneo e Educazione alla cittadinanza (ambedue brevi e di forte tendenza all’addottrinamento), e tutto ciò a spese di un approfondimento solido della tradizione letteraria, filosofica, storica, scientifica e religiosa spagnola, europea e mondiale.
g
I patti costituzionali raggiunti nel periodo della Transizione spagnola, gli anni di passaggio dal periodo franchista alla democrazia a fine degli anni ’70, favorirono il sistema dei cosiddetti conciertos educativos tramite i quali la Pubblica amministrazione finanzia nella totalità i centri educativi privati che lo richiedono e che così accettano di sottomettersi a una determinata normativa in materia, tra le altre cose, di scolarizzazione e finanziamenti.

Al di là dei numerosi difetti inerenti a questo sistema (eccessivo controllo statale, centri educativi sottomessi alle Amministrazioni educative, progressiva assimilazione del settore privato alla cultura “statalista”) è vero che i finanziamenti educativi hanno garantito un ampio spazio di libertà. Queste scuole oltre a essere molto richieste dai genitori sono ritenute molto prestigiose. Tutto ciò ha dato loro uno status di qualità indiscutibile.

In questo momento le scuole statali rappresentano il 67% del totale, le scuole private “parificate” un 27% e le scuole completamente private (quelle che non hanno nessun tipo di aiuto statale) un 6%. Nonostante tutto ciò sono poche le Regioni che hanno dato impulso all’iniziativa sociale in materia educativa negli ultimi vent’anni.  L’eccezione, com’è confermato anche da molti rapporti, è la Regione di Madrid, dove la creazione di scuole e quindi la pluralità di offerta educativa è cresciuta enormemente negli ultimi anni.

Va tenuto conto del fatto che le ideologie comprensiviste e costruttiviste hanno fatto danni molto più gravi alla scuola statale che a quella sostenuta dall’iniziativa sociale. Quest’ultima ha avuto sempre margini maggiori di flessibilità che le hanno permesso di evitare alcuni degli aspetti più nocivi propri di queste ideologie pedagogiche. Lì si trova una delle chiavi per migliorare la scuola statale nel futuro più immediato: introdurre maggiore libertà educativa.

 

Continua

 

Sebbene ci sia la mancanza di una legge educativa che permetta maggiore libertà a livello nazionale, bisogna tener conto che in Spagna la gestione in materia di politiche educative è completamente decentralizzata nelle Regione. Tant’è che è sempre più difficile parlare di un “sistema educativo spagnolo” perché le facilitazioni alle scuole private, le politiche di valutazione e un’alta percentuale dei contenuti del percorso accademico (45%) dipendono direttamente dalla regione dove l’alunno studia.

È in ragione di tutto ciò che le politiche educative spagnole devono essere affrontate in modo prioritario nell’ambito regionale. Ma in quale direzione? Una cosa è chiara: non nella direzione intrapresa fino a questo momento. Come dicevamo prima, la strada che si sta percorrendo in Spagna in materia educativa è completamente sbagliata: abbiamo un sistema eccessivamente focalizzato nel controllo procedimentale, che ha trascurato la valutazione dei risultati e il loro miglioramento. Un percorso alternativo e molto più interessante potrebbe essere da una parte molta più autonomia e libertà per le scuole dal punto di vista formale e culturale (procedimenti, organizzazione, metodologia e, senz’altro, progetto educativo proprio) e, dall’altra, un rigoroso controllo dei risultati accademici da parte delle Amministrazioni.

Potremmo proporre in questi termini le linee generali per una nuova politica educativa: più libertà per lo sviluppo di progetti educativi propri e differenziati, sostenimento dell’implicazione delle famiglie nell’educazione, autonomia delle scuole, un percorso di studi di base con esigenze più alte e un sistema di valutazione generale con risultati pubblici. Questi possono essere, a mio parere e in linea di massima, i punti essenziali per un miglioramento globale dell’educazione spagnola, e non solo. Immersi come siamo in una mentalità statalistica, se vogliamo affrontare riforme di questo tipo ci vorrà, senz’altro, molto coraggio.