Febbraio 1997: studenti in piazza contro il ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer che aveva pubblicato il primo progetto di “riforma dei cicli scolastici”; le manifestazioni proseguiranno per tutto l’arco del suo ministero (durato dal maggio 1996 all’aprile 2000). Ottobre 2000: sciopero generale della scuola di Cgil,Cisl e Uil contro il ministro De Mauro che ha presentato al Parlamento il “Piano di applicazione della riforma dei cicli” che illustra per la prima volta il fenomeno dell’“Onda Anomala”: a blocchi del 20-25% ogni anno, tutti i bambini delle classi elementari e medie avrebbero dovuto “saltare” un anno di scuola per approdare direttamente dalla prima alla terza, dalla seconda alla quarta etc.
Dal giugno 2001 al maggio 2006 il ministro della Pubblica istruzione – Letizia Moratti – viene più volte contestato da scioperi generali che portano in piazza docenti, studenti, genitori – o almeno una rappresentanza di questi – per la riforma della scuola che da lei prende il nome e che viene attuata con la legge 28 marzo 2003, n. 53.
Dall’autunno del 2006, con le manifestazioni e gli scioperi contro la politica taglia-spese del Governo, fino all’ottobre 2007, con manifestazioniin quasi tutte le città italianecontrolareintroduzione degli esami di riparazione, anche il ministro Giuseppe Fioroni ha avuto le sue contestazioni da parte della piazza.
Ora tocca anche al ministro Maria Stella Gelmini. Chiunque ponga mano ad un tentativo di modifica del sistema scolastico italiano incontra forti opposizioni, in primis dai sindacati che rappresentano il personale della scuola.
Non tutti i docenti sono però disponibili a questo gioco al massacro, che raggiunge un solo effettivo obiettivo: perpetuare quelle condizioni di grave disagio che rendono la scuola italiana sempre meno competitiva e causano negli studenti un “mal di scuola” sempre più generalizzato.
In che modo non ci stanno? Mettendosi insieme e cercando di affrontare i problemi sul tappeto, prendendo atto della realtà effettiva invece che di quella immaginata, chiamando gli altri soggetti sociali – famiglie e imprese – a collaborare insieme in una alleanza educativa che renda possibile un’offerta formativa per gli studenti di oggi.
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È a questo metodo che si lega il convegno La scuola ri-comincia. Gli insegnanti, una questione pubblica promosso dall’associazione dei docenti Diesse Lombardia, sabato 9 ottobre presso l’Università Cattolica di Milano a partire dalle ore 14.30. Alberto Barcella, presidente dell’Unione Industriali della Lombardia, Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, Luigi Ballerini, padre di quattro studenti, nonché psicoanalista da tempo impegnato in progetti educativi in ambito scolastico, sono invitati a confrontarsi con esperti del mondo della scuola per rendere operative le possibilità che già oggi sono a portata di mano dell’autonomia scolastica, nel tentativo di dare risposte formative personalizzate agli studenti.
Non è un compito semplice perché occorre costruire un percorso inverso a quello seguito da almeno 150 anni, che ha portato i soggetti sociali a disinteressarsi progressivamente della scuola perché qualcun altro – la pubblica amministrazione – se ne occupava e ha portato gli insegnanti ad essere al massimo degli impiegati ligi e coscienziosi nel coltivare il proprio particolare (la propria materia, i propri studenti nelle poche ore in cui sono loro affidati), ma del tutto irresponsabili rispetto alla proposta formativa complessiva, all’ambito in cui essa viene proposta, agli sbocchi verso cui porta.
Incuranti, in una parola, del sistema-scuola di cui invece dovrebbero essere i primi costruttori, con la direzione del dirigente scolastico. Il paradosso è evidente. Non è un compito semplice perché anzitutto occorre lottare contro quelle forze conservatrici che in nome della difesa di interessi corporativi si oppongono ad un processo di reale assunzione di responsabilità dei docenti secondo le proprie capacità e competenze; in secondo luogo occorre lottare contro la mentalità “orizzontale” , incapace di giudizi di valore, che paralizza anche molti insegnanti ed impedisce di riconoscere gli obiettivi prioritari della scuola, tralasciando quelli secondari o addirittura non inerenti ai compiti della scuola.
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Si pensi, per esempio, alla questione dei precari: chi di noi non ha avuto o non ha un collega precario che stima per il lavoro che ha svolto e per il quale quel lavoro di docente, pur instabile, è utilissimo per il sostentamento della sua famiglia? Il fatto che vogliamo dargli una mano e non lasciarlo solo nella sua situazione non implica un’unica e poco fantasiosa soluzione (rimanere nella scuola per diritto acquisito), bensì un aiuto per esempio a trovare altre strade lavorative attraverso forme di riqualificazione. Per questo essendo insieme si può progettare di creare un servizio “Insegnante Offresi” che raccoglie i bisogni dei neolaureati o dei precari e cerca, insieme a loro e con loro, soluzioni per il loro problema lavorativo collegandosi ad altre realtà poste in atto in altri ambiti lavorativi, quali Piazza del Lavoro o i Centri di Solidarietà.
Comunque, per essere adeguati ai compiti indicati e realizzare forme concrete di solidarietà con colleghi non si può essere soli; occorre essere insieme in un’associazione come quella che rappresento e che è presente nella scuola dal 1987, difendendo lo spazio di una presenza contro ogni potere che preferirebbe la morte di ogni associazionismo, perché i singoli sono più manipolabili; proponendo ai propri colleghi la convenienza di un lavoro comune e l’utilità di guardare ai problemi della propria scuola con uno sguardo più lungimirante e meno autoreferenziale, per poterli meglio comprendere ed affrontare; costruendo nessi con le realtà associative degli altri soggetti sociali implicati nella scuola.
Non so se nei nostri comuni lombardi, nella nostra regione, nello stato le forze politiche avranno il coraggio di prendere in considerazione queste presenze associative, mettendo in atto anche nella scuola quella sussidiarietà che in altri ambiti ha dato buona prova di sé (come nel caso del terzo settore). Se questa via sarà gagliardamente intrapresa , noi docenti di Diesse saremo pronti a fare la nostra parte, in collaborazione con genitori, imprenditori, associazioni, movimenti.