Tempo di scrutini tempo di voti. Nella scuola è sempre tempo di voti, compiti in classe e interrogazioni si susseguono nella vita delle classi e del singolo studente, regolarmente o a ondate,. Poi ci sono le pagelle trimestrali, quadrimestrali, pentamestrali, finali e i pagellini informativi. Tutto questo “cui prodest”? A che scopo? Sembra che la domanda non sia mai presa sul serio, almeno sulla stampa non specialistica e nei discorsi che corrono normalmente a scuola fra studenti, insegnanti e genitori. Raramente studenti e genitori vanno al di là della constatazione delle materie che sono “sotto” e di quelle che sono “a posto”. Costatazione che può essere soddisfatta, moderatamente preoccupata, molto preoccupata, al limite della disperazione, oppure così disperata da indurre qualche studente a pensare e in alcuni casi ad attuare il suicidio. A questo si aggiunge il timore di “non farcela” a passare l’anno (con o senza debiti) oppure a sopportare “questa vita” scolastica fatta di superficialità, di rincorse affannose, di timori, di delusioni, di velleità ecc. Raramente gli insegnanti vanno al di là della constatazione che uno studente è brillante, discreto, che se la cava, che potrebbe cavarsela se si impegnasse di più, che non può farcela.



Ma i voti servono a qualcosa? A chi? Quali sono le condizioni perché possano essere di qualche utilità?

Le risposte sono facili ma niente affatto banali.

I voti servono esclusivamente agli studenti direttamente o indirettamente; direttamente perché sono una valutazione della qualità del lavoro che ha svolto e degli apprendimenti che ha realizzato, in vista di un eventuale miglioramento dell’una e degli altri, indirettamente perché permettono all’insegnante di calibrare il suo lavoro sulle capacità dei suoi studenti e sugli obiettivi formativi che hanno o non hanno raggiunto, in vista di una prassi didattica il più possibile adeguata alle necessità dello studente e del gruppo in cui lo studente è inserito.



 

Tutto questo è tanto facilmente condivisibile teoricamente quanto difficile nella pratica scolastica.

Sono, infatti, necessarie alcune indispensabili premesse da parte degli studenti, dei genitori e degli insegnanti (oltre che di tutti i responsabili dell’organizzazione scolastica).

Da parte dello studente è indispensabile che abbia consapevolezza della necessità che lui ha, come persona, di imparare e del fatto che la scuola, nelle sue varie componenti, esiste per aiutarlo e rendergli possibile o più facile imparare, ma che lui solo può imparare e nessuno può farlo al suo posto. In particolare è indispensabile che non percepisca l’insegnante come un giudice, portatore di altri interessi estranei o addirittura opposti ai suoi e perciò come un potenziale nemico. L’insegnante è (o dovrebbe essere) una persona in grado di indicare allo studente la strada della conoscenza e di accompagnarlo per facilitargli il cammino (il cammino della conoscenza e non un altro!) sorreggendolo e confortandolo nelle inevitabili difficoltà.



Quali sono le premesse indispensabili da parte dei genitori? La principale è di non avere in mente il “pezzo di carta”.

È vero che il “valore legale del titolo di studio” rende difficile ai genitori liberarsi dalla convinzione che, alla fine, quello che veramente conta è il “pezzo di carta”, magari il più bello possibile. L’abolizione del valore legale del titolo di studio contribuirebbe in modo decisivo a diminuire l’inquinamento dell’ambiente scolastico, in particolare per quanto riguarda la valutazione.

 

 

I frutti dell’etica del “pezzo di carta” sono:

–           Il conflitto di interessi fra studenti e genitori, da una parte, e insegnanti dall’altra,

–           La svalutazione di ciò che si apprende

–           L’ipertrofica importanza del voto che essendo l’indispensabile premessa al raggiungimento del “pezzo di carta” diventa l’unica cosa che conta, a prescindere da quello che realmente rappresenta e dai mezzi con cui viene ottenuto.

A parte questo qual è la premessa più importante per un genitore? La consapevolezza del misterioso valore della persona del figlio, a prescindere da ogni sua performance, che non può essere messo in discussione da nessun evento percepito come sfavorevole. È solo questa consapevolezza che dà valore ad ogni circostanza, ad ogni “successo” come ad ogni “fallimento”, e che permette di vivere ogni circostanza come un passo sulla strada misteriosa, che ha come meta la realizzazione di un destino certamente buono. I voti scolastici sono parte della segnaletica di cui questa strada è attrezzata.

Quanto detto vale, con qualche distinzione e qualche approfondimento, anche per gli insegnanti.