È di ieri la notizia che, oltre ai licei Berchet e Einstein, che già prevedono la valutazione degli insegnanti da parte degli allievi, la civica Manzoni con voto unanime del collegio docenti, estenderà la possibilità del voto ai genitori. Ovvero: come dare i numeri e darsi la zappa sui piedi.

Per fortuna c’è una commissione che stenderà i criteri della valutazione e che stabilirà se i risultati saranno pubblici o riservati. Ovvero: quanto lavoro in più e, prevedibilmente, quanti litigi.



La motivazione è lo spirito collaborativo nell’interesse di tutti. Mah! Che cosa direste se vostra madre o vostra suocera vi desse periodicamente il voto su come gestite la vostra famiglia?

Chi scrive ha insegnato 27 anni al liceo. Per caso ha anche esaminato all’esame di stato gli alunni della Manzoni e dunque conosce parte del corpo docente. Non le interessa difendere la categoria, dato che da due anni ha dovuto rinunciare al suo lavoro. Ma proprio per l’esperienza acquisita e il distacco di cui gode, prova a esporre i motivi per cui ritiene la decisione dei licei citati un autogol, sperando di contribuire a evitare pericolose emulazioni.



La collaborazione in qualsiasi gruppo di persone è efficace se ognuno mantiene il proprio compito: negli spinosi rapporti tra scuola e famiglia gli studenti devono studiare, gli insegnanti devono insegnare, i genitori hanno la cura dei loro figli e dunque devono sostenerli, incoraggiarli, quando occorre rimproverarli, oltre che, ovviamente, mantenerli e nutrirli. Compito impegnativo e talvolta, comprensibilmente, disatteso. Perché vogliamo affibbiargliene uno in più, che non gli spetta? Non valutano la resa scolastica dei figli, perché non ne hanno la competenza. Quale competenza hanno per valutare la capacità professionale, didattica, educativa dei professori?



 

Solo l’esperienza diretta di come il proprio figlio apprende o si relaziona con loro li abilita a esprimere un giudizio (in numeri o in parole è questione del tutto secondaria) su un professionista che ha i titoli e i limiti di qualsiasi persona che svolga un lavoro? E come la mettiamo con gli scambi di informazione sulle qualità dei prof? Qui non vige alcun segreto professionale e si spalancano le porte ai rivoli dei pettegolezzi, che sono il sale dei posti in cui si parla tanto perché si lavora poco.

Quanto ai giudizi dati dagli studenti l’insegnante intelligente sa benissimo che cosa pensano di lui le sue classi da come lo aspettano al cambio dell’ora, se portano puntualmente i compiti, se non esagerano con le assenze strategiche. Il loro giudizio espresso ad ogni quadrimestre non è un ricatto o una possibilità di vendetta: è una cosa superflua, e come tutte le cose inutili, dannosa, non fosse altro perché fa perdere tempo e distrae dal compito ben più arduo di esaminare se stessi. L’insegnante non intelligente o poco capace di fare il suo mestiere non sarà scalfito da alcun giudizio e dunque esso si dimostrerà inutile, come nel primo caso.

A che pro tutto questo, che si avvia a diventare una nuova moda? Forse a dare un altro colpo di piccone non alla figura dell’insegnante, ma alla figura autorevole, in un gioco masochista che produce da troppi anni insicurezza, presunzione e ignoranza.