Ormai anche l’opinione pubblica dovrebbe aver compreso che il lavoro dei docenti di ogni ordine e grado è divenuto sempre più impegnativo e le conferme non mancano anche dall’estero. Lo studio comparativo italiano, pubblicato sull’autorevole rivista La medicina del lavoro n° 5 del 2004, è stato tradotto in portoghese dall’omologa rivista brasiliana. È probabile che il terzo mondo abbia colto maggiormente del primo il rischio e le ricadute derivanti dal logoramento mentale provocato dalla professione insegnante e si adoperi per divulgare gli esiti della ricerca in lingua portoghese. Una lezione per il nostro vecchio continente a conferma che nessuno è profeta in patria. Del resto è noto che comunicare le conoscenze scientifiche è il modo migliore di fare prevenzione.
Tuttavia, mentre attendiamo fiduciosi la risposta del ministro all’interrogazione parlamentare del dicembre scorso, giungono dalla vicina Baviera notizie allarmanti. Uno studio sulle scuole professionali documenta un impietoso verdetto: “Il pensionamento anticipato – quando ha luogo per motivi di salute – è dovuto principalmente a malattie mentali”. E ancora: “Vi è un’evidentissima differenza tra i due generi (statisticamente significativa) a sfavore della donna per quanto concerne la malattia mentale”. Infine – conclude coerentemente – “Misure d’intervento e prevenzione tra gli insegnanti si devono concentrare in particolare sulla malattia psichiatrica sul posto di lavoro (scuola) prendendo in seria considerazione la differenza di genere (maschile o femminile) dei lavoratori”.
Ma restiamo nella nostra Europa. Proprio il 14 febbraio 2010, giorno di san Valentino (chi non si è mai “innamorato” di un professore o della maestra alzi la mano!) il quotidiano La Repubblica ha dedicato un inserto speciale allo strano nosocomio, ex sanatorio, di La Verrière (Versailles) creato nel 1959. “Un ospedale psichiatrico alle porte di Parigi accoglie e cura uno speciale tipo di malato: il prof che una scuola ormai fuori controllo sottopone a stress spesso insopportabili”. Il titolo riportato in prima pagina ha introdotto il tema trattatoampiamente all’interno: “Nell’ospedale del professore malato di scuola”.Leggere la descrizione della giornalistaAnais Ginori fa riflettere e pare d’incontrare alcuni dei pazienti lì ricoverati. “Nella casa dei maestri in bilico?”giungono ogni anno insegnanti vittime di psicopatie, spesso irreversibili. Soffrono di un disagio profondo, di quel mal di scuola di cui non si conosce l’entità, ma la piaga è profonda anche qui in Italia e spesso sottovalutata.
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Siamo entrati da un decennio nel XXI secolo del terzo millennio dell’era cristiana e, mentre su ilsussidiario.net Laura Cioni ha aperto un interessante dibattito circa la “follia” dell’iniziativa di alcune scuole superiori milanesi che hanno dato facoltà agli studenti di assegnare i voti ai professori, giunge la notizia dell’ennesimo fatto di mala scuola pubblicato mercoledì 3 marzo in un ampio articolo dal titolo “Nudi in classe per scoprire chi sporca” a firma di Marco Bardesono sul Corriere della Sera. Si legge: “La denuncia di una madre: mio figlio umiliato davanti ai compagni. Il piccolo era stato colpito dal mal di pancia nella scuola elementare di Briona in provincia di Novara”.
A corredo la foto del precedente clamoroso episodio di Pistoia. Il trafiletto accanto riportato informa il lettore che le maestre dell’asilo nido Cip e Ciop restano in carcere. Ciò che emerge, anche questa volta, è la totale incapacità degli adulti responsabili a gestire l’emergenza. Dalla descrizione dei fatti si apprende che la bidella, indignata a causa del comportamento di un bambino “reo” di aver sporcato il bagno, era esplosa di rabbia. Non potendo inveire contro i genitori, dalla donna giudicati incapaci di educare, avrebbe sollecitato con forza le tre maestre presenti in classe ad aiutarla a trovare il “colpevole”. Purtroppo queste ultime non sono riuscite ad arginare le eccessive rimostranze della sventurata e hanno deciso d’intervenire per “verificare” chi fosse l’autore del gesto, considerato vandalico.
Senza consultare il dirigente scolastico hanno concordato di far uscire le bambine e imposto ai maschietti di calare i pantaloni. Ci fosse stata una sola maestra ci si potrebbe interrogare sulla sua inesperienza, ma erano addirittura tre e non hanno trovato altre strade per risolvere con maggior giudizio un imbarazzante episodio non poi così raro nella scuola materna ed elementare? Competenze disciplinari e note capacità didattiche a parte, c’è da domandarsi quale voto meriterebbe la loro scelta. Come da copione, ne è seguito un rimbalzo di responsabilità senza esclusione di colpi tra le maestre e la bidella iraconda, tra la mamma indignata per il trattamento riservato al figlio dolorante e il dirigente all’oscuro dell’accaduto.
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Il capo d’istituto passerà dalle parole alle sanzioni disciplinari, questa è la prassi. Ma c’è da domandarsi a che serva tutto ciò se la categoria professionale degli insegnanti continua a non sapere di essere a rischio di logoramento psicofisico. Eppure le istituzioni sono ancora convinte che sanzionare i docenti impreparati o comunque incapaci di gestire le emergenze quotidiane sia la modalità adeguata. Buona parte dei dirigenti scolastici ignora o preferisce soprassedere alla delicata questione di cui rischia peraltro di essere vittima.
Intervistato e sbalordito persino il sindaco del paese piemontese che ha saputo dell’accaduto solo dalla stampa. Ma ogni volta la domanda è la stessa: si poteva evitare una simile degenerazione? Le insegnanti erano altresì conosciute e stimate da anni dalla comunità locale ed è impensabile immaginare si lasciassero andare a decisioni superficiali. I genitori del resto continuano ad immaginare la scuola come luogo idilliaco sicuro e confortevole per i loro figli, ma occorre adoperarsi affinché possa esserlo sempre e comunque. Mentre indagherà la Procura, la mamma si prepara ad una querela. Se dal punto di vista dell’insegnamento la fama delle maestre non lascia dubbi, ciò che allarma è l’incompetenza educativa messa in luce dalla vicenda ben poco edificante. Chi forma gli insegnanti dovrebbe fornire strumenti metodologici adeguati, ma è probabile che la concausa vada ricercata nella frettolosa soluzione presa sui due piedi e senza riflettere sulle conseguenze. Carenza di coordinamento e confronto tra docenti e dirigenza.
A posteriori è necessario imparare dagli errori per evitare di ripeterli archiviando la notizia fino alla prossima vicenda, lavandosene le mani convinti che certi fatti e misfatti accadano sporadicamente. Molti altri vengono messi sotto silenzio per non infangare – in questo caso – il buon nome della scuola. In realtà occorre valutare periodicamente la performance e monitorare in itinere i cambiamenti dell’intero corpo docente e della singola persona allo scopo di prevenire l’episodio eclatante durante il quale i rischi di esplosione sono molto superiori.
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È giunto il tempo di spezzare una lancia a favore della verifica dell’operato degli insegnanti come peraltro già avviene in alcune sedi universitarie allo scopo di ripristinare il benessere di tutti gli attori coinvolti. Non si tratta di dare voti alla persona del docente, ma di valutarne la sua performance sul lavoro durante l’intero arco della vita professionale verificandone la tenuta e l’efficacia dell’azione educativa esattamente come dovrebbe accadere per la valutazione periodica degli studenti.
Se è possibile misurare il valore di un elaborato, di una prova scritta o di un’interrogazione dei discenti, è altrettanto necessario e indispensabile misurare e valutare la capacità comunicativa e relazionale dei loro docenti. Non bastano i titoli e la competenza culturale attestata dalle lauree o dai profili professionali. Per vari motivi esogeni o endogeni ciascuno di noi può andare incontro ad un corto circuito mentale esito di un meccanismo perverso di cui pochi riescono a rendersi conto in tempo, ma che produce ansia, irritabilità e perdita del necessario autocontrollo. A Novara si è consumata una delle tante storie di ordinaria follia e solo la pietas porterà a rimarginare la ferita. Ma anche da questa penosa vicenda usciamo tutti sconfitti.
Nonostante i limiti della sua pedagogia, concordo con J. J. Rousseau quando afferma: “Per insegnare il latino a Giovannino è necessario conoscere il latino, ma è altrettanto indispensabile conoscere Giovannino”. Qualcuno si chiederà perché mi occupo quasi esclusivamente di mala scuola e non di buona scuola, decisamente più diffusa della prima. Il concetto è di Aristotele: “Per comprendere il bene occorre sperimentare il male, per conoscere il vuoto è necessario fare esperienza del pieno, per accorgerci della luce non si può fare a meno di sperimentare il buio”.
(Anna Di Gennaro)