Sulle prime bozze delle nuove Indicazioni per i Licei, consultabili in rete, si è aperta una discussione molto interessante. Prima di dire qualcosa su quelle relative a filosofia e a storia e geografia, delle quali ho coordinato la stesura, mi sia consentita una considerazione di carattere generale.
So di usare un linguaggio quanto meno inconsueto e soprattutto banale, ma a me pare che un merito indiscusso di queste prime Indicazioni sia da ricercare nella loro chiarezza. Al momento, visti i molti suggerimenti che stanno arrivando e quelli che di sicuro arriveranno nei prossimi giorni, non sappiamo quale sarà la loro versione definitiva; una cosa però possiamo dare per certa: la scrittura resterà ugualmente chiara e concisa, evitando il più possibile alcuni tecnicismi del passato che rendevano la lettura dei cosiddetti “obbiettivi specifici di apprendimento” un’impresa ardua anche per gli addetti ai lavori.
Delle nuove Indicazioni tutto si potrà dire, meno che non siano chiare nel delineare i contenuti conoscitivi essenziali e le competenze che si presume che uno studente liceale debba acquisire nell’arco del suo quinquennio di studio. Inoltre, e questo, almeno per me, è sicuramente un altro merito indiscusso, esse non si presentano come una “camicia di forza”. Al contrario. Fatti salvi alcuni temi, la cui conoscenza viene considerata imprescindibile, molto viene lasciato alla libertà e alla sensibilità degli insegnanti e delle scuole.
Negli ultimi anni, anche con la scusa che era l’Europa a volerlo, ci siamo forse lasciati prendere un po’ troppo la mano da distinzioni spesso capziose, come quella tra “conoscenze”, “competenze” e “abilità”, costringendo gli insegnanti a familiarizzare con complicate tabelle, che avrebbero dovuto misurare la qualità del loro lavoro e dell’apprendimento dei loro studenti, ma che in realtà non misuravano un bel nulla. Mi sembra invece che con queste Indicazioni si ripristini quanto meno una certa sobrietà (linguistica anzitutto). E non è poco.
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Vengo adesso, molto sinteticamente, alle Indicazioni per filosofia e per storia e geografia. Riguardo a Filosofia mi sembra importante sottolineare la scelta di tener fermo il suo profilo storico (non storicistico, sia ben chiaro); un profilo che vale per qualsiasi disciplina, diciamo così, “umanistica”, e che esige, tra le altre cose, che si rispetti la cronologia dei diversi autori, non fosse altro, per evitare, cosa che accade sempre più spesso, che studiando i problemi filosofici sganciati dalla loro dimensione diacronica, gli studenti finiscano per considerare Agostino un contemporaneo di Tommaso, e Kant un contemporaneo di Hegel. Altra scelta particolarmente significativa è rappresentata dallo spostamento dello studio di Hegel al quarto anno, consentendo così che il quinto anno possa essere dedicato allo studio delle filosofie posthegeliane e, con ampi margini di libertà, di alcune delle principali correnti di pensiero del Novecento.
Riguardo a storia e geografia, oltre al fatto che le due discipline vengono finalmente unite, consentendo una loro maggiore integrazione e quindi una migliore comprensione della ineludibile dimensione storico-geografica delle vicende umane, va segnalata la nuova periodizzazione: nel primo biennio si studieranno le civiltà antiche e quella altomedievale; nel secondo il processo di formazione dell’Europa, a partire dall’XI secolo, attraverso il medioevo e l’età moderna, fino alle soglie del Novecento; nel quinto anno, infine, si studierà il periodo che va dalle premesse della I guerra mondiale fino ai giorni nostri. A questo proposito, si dovrà sottolineare, cosa che purtroppo non abbiamo fatto, ma che senz’altro faremo, la differenza che sussiste tra eventi sui quali esiste una storiografia consolidata ed eventi, come ad esempio l’attentato alle torri gemelle di New York, dei quali sappiamo già che passeranno alla storia, ma che sono ancora raccontati dalla cronaca.
Va segnalata inoltre la forte impronte interdisciplinare data ad alcuni temi cruciali, vedi la cittadinanza e la Costituzione repubblicana, così come la grande libertà di scelta e quindi la responsabilità che avranno gli insegnanti. Sappiamo bene, ovviamente, che i bravi insegnanti (ce ne sono molti) possono fare benissimo a meno di qualsiasi indicazione ministeriale e che gli insegnanti mediocri (speriamo siano pochi) ne trarranno sempre ben pochi benefici. Ciononostante ci piace pensare di aver fatto un buon lavoro, se non altro, di semplificazione.