Ci sono bambini a zigzag. Basterebbe il titolo per incuriosire il potenziale lettore. Ma attira anche l’Autore, quel David Grossman considerato il più giovane scrittore tra i grandi narratori israeliani. Uno scrittore che ha prodotto opere di vario genere e dai toni narrativi molto diversi tra loro.

Ci sono bambini a zigzag (D. Grossman, Oscar Mondadori) è un libro che sta in bilico tra un romanzo di formazione ed una favola altamente coinvolgente. E’ la storia di Nono, un ragazzino che sta per compiere i tredici anni, età che nella sua cultura segna la maturità religiosa (bar-mitzvah). Orfano di madre, vive con il padre poliziotto ed ha un rapporto speciale, di affetto e confidenza, con Gabi, la quasi compagna del padre.



Per festeggiare il suo bar-mitzvah, Nono (che in realtà si chiama Amnon Feierberg) si vede ricevere in regalo dal padre e da Gabi un viaggio speciale, in treno verso Haifa, per far visita ad uno zio pedagogo e pedante. Il viaggio prenderà una piega diversa da quella sperata dal padre ed immaginata da Nono grazie all’incontro con Felix, un ladro gentiluomo da cui il ragazzino si sente impaurito ed attratto. La storia si dipana attraverso una scrittura precisa e puntuale, eppure molto fluida, che attraverso avventure rocambolesche e al limite del credibile, irretisce il giovane lettore dentro il pensiero che ciò che accade a Nono possa accadere anche a sé, sia pur con un po’ di timore.



E la storia segue un percorso a zigzag: a tratti dentro la mente di Nono che si domanda continuamente «chi sono?», a tratti perlustrando e descrivendo la realtà fantastica che si costruisce man mano intorno al ragazzino, avviluppandolo in un crescendo di timore e liricità. Ma la domanda reiterata di Nono esprime un’urgenza, un bisogno vitale di conoscenza di sé. Già, perché Nono è un bambino a zigzag, come Gabi, gonfia come un cobra, spiega alla maestra: «Ci sono persone rotonde, mia cara signora, ci sono bambini a forma, diciamo, di triangolo, perché no, e ci sono bambini a zigzag».



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Ed è proprio il ragazzino a sentirsi a zigzag: ora attratto dal rispetto delle regole a cui l’ha educato il padre, ora spinto da una forza misteriosa, che si manifesta con un gran calore che si concentra nel mezzo della fronte, verso azioni e gesti "divergenti". Eppure ama suo padre che fino a quel momento è il suo punto di riferimento e il suo modello. Della madre, morta quando lui aveva un anno, Nono non sa nulla e nessuno gli vuol dire nulla, per primo il padre. E’ il viaggio che intraprenderà in compagnia di Felix che squarcerà a Nono il velo dell’omertà sulle sue origini, facendogli scoprire le sue radici e creando nel ragazzino un grande e pauroso dubbio sulla sua vera natura.

 

«Mi scoppiava la testa per i tanti pensieri: qual era il senso di ciò che Lola aveva detto riguardo al sangue di Felix, di Zohara e mio? Che anch’io dovevo fare il delinquente? Che questo era il mio destino? E se io non avessi voluto? E se io avessi voluto essere il più grande detective del mondo? Come la mettevamo col sangue di papà che mi scorreva nelle vene? (…). E il fatto che fossi stato allevato da papà e Gabi, che fossero stati loro a educarmi? (…). Insomma, qualcuno mi può dire finalmente chi sono?». E la risposta viene da Lola Ciperola, figura singolare nella storia, che tranquillizza Nono con parole che danno una prospettiva di vita. «Una cosa è certa, tu non sei Zohara. Non dimenticare mai: non devi percorrere la sua strada. Tu puoi scegliere».

 

Il padre, Gabi, Felix, Lola Ciperola. Tutte persone che con diverse modalità e intensità tracciano segmenti della personalità di Nono, ma alla fine è lui e solo lui che deve e può segnare il corso della sua vita. Perché il grido “Chi sono io?” è la supplica che ogni ragazzino (ma anche adulto) rivolge a chi gli sta intorno per conoscere ed essere consapevole dei propri punti di forza e delle proprie debolezze e limiti.

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Ed è mettendo in gioco la propria libertà, accompagnati da adulti punto di riferimento, che ognuno giunge a conoscersi e, possibilmente, a volersi bene anche dentro le contraddizioni. Imparare a conoscersi può generare inizialmente paura, come confessa Nono che, per superare la paura, si affida a qualcuno (Felix) perché «lo sapeva ascoltare come nessun adulto aveva mai fatto».

 

A volte gli adulti che abitano la sfera vitale di Nono agiscono secondo criteri non esattamente educativi, come il padre che nasconde al figlio la verità sulla madre, credendo così di preservarlo da una realtà e una verità che lui, come padre, ritiene faticosa, minacciosa e diseducativa. Sono però in fondo adulti che con varie modalità cercano di svelare a Nono le sue radici, la sua storia.

 

Un libro metafora di un viaggio che continua tutta la vita. Ogni incontro, se affrontato con verità, aiuta a considerare e a ri-vedere la propria persona. Ogni passaggio di vita chiede a ciascuno di affrontare crisi che spingono a crescere e a mutare un po’ se stessi per aderire alla realtà.

 

Una scrittura concreta, quasi tangibile, "traduzione verbale di sensazioni fisiche". Una scrittura che, unitamente al contenuto, pone il libro di Grossman in una "terra di mezzo" della letteratura. Nato come libro per bambini e adolescenti, di fatto è un romanzo che parla e strizza l’occhio a lettori di ogni età. Un possibile "classico moderno", modello di scrittura, di stile, di messaggio, che porta alla riflessione. In fondo, in ognuno di noi, in qualche fase della vita, si nasconde (alberga?) un bambino a zigzag.