Marco Campione, responsabile scuola del Pd lombardo, interviene sulla svolta federalistica in campo scolastico annunciata dal presidente Formigoni e risponde all’articolo SCUOLA/ 1. Il federalismo Gelmini-Formigoni saprà resistere a corporazioni e sindacati? di Vincenzo Silvano. Domani seguirà la replica di Silvano
Caro direttore,
«Sono stufo di vedere la scuola italiana agli ultimi posti in Europa. Sono stufo di vedere i professori depressi a causa di un sistema che non garantisce la qualità». Inizia così l’intervista di Giannattasio al Presidente della Regione Lombardia, pubblicata sabato scorso sul Corriere della Sera. Anche io sono stufo e posso garantire che nel Pd lombardo sia Formigoni che il Governo troveranno sempre un interlocutore attento e responsabile per realizzare il cambiamento di cui la scuola ha sempre più bisogno. Li troveranno nel Pd, ma anche – ne sono certo – in una parte consistente del mondo della scuola della nostra Regione.
Però vogliamo i fatti. E fino ad ora i fatti sono stati: i tagli indiscriminati di Tremonti (dove la critica di fondo è all’aggettivo, sul sostantivo ci torno dopo), la mancata attuazione da parte del Governo del Titolo V che prevede il passaggio delle competenze su Istruzione e Formazione Professionale alle Regioni, una Legge sul Diritto allo studio svuotata di finanziamenti a favore del sistema delle doti, che si è dimostrato iniquo e inefficace, una legge regionale, la Legge 19, inapplicata nelle sue parti più innovative, quali il valutatore e l’istruzione superiore non universitaria. E quando dico che Formigoni troverà sempre un interlocutore attento e responsabile non parlo solo per il futuro, ma anche per il passato, visto che sulla citata Legge 19 il Pd in Consiglio Regionale si è astenuto dopo aver contribuito ad introdurre significative innovazioni.
Spero non mi si accusi di “benaltrismo” se la prima considerazione che faccio sulle proposte formigoniane è che mi sembrano veramente poca cosa. I temi che vengono proposti da Formigoni nella sua intervista hanno il sapore di uno spot sulle paritarie e di una concorrenza interna con la Lega sulle graduatorie. Invece di proporre sperimentazioni, Formigoni chieda al Governo la piena applicazione del titolo V della Costituzione in materia di istruzione e formazione professionale per avere l’opportunità di fare una programmazione integrata fra i diversi sistemi di istruzione e formazione: di questo hanno bisogno i lombardi (i nostri studenti, le nostre imprese) assai più che di graduatorie stilate in base alla residenza anagrafica. Il Presidente parla poi di “riconoscere il merito”: vuole farlo? Ha gli strumenti per farlo, visto che nella legge regionale è prevista la figura del valutatore indipendente che avrebbe il compito di verificare la qualità dei servizi offerti. Cominci a nominarlo e definirne meglio le competenze se davvero vuole essere un modello per le altre Regioni.
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Prima di venire alle cosiddette “graduatorie regionali”, proposta fatta propria dal ministro Gelmini, una sola notazione su quella che Formigoni ha chiamato “l’assoluta parità tra scuola Statale e non Statale”. Cosa si vuole fare? Cambiare l’attuale legge sulla parità? A parte che parliamo di una legge sulla quale Formigoni non ha competenze, si pensi piuttosto a farla rispettare, verificando che le scuole non Statali ad esempio non discriminino nelle iscrizioni di stranieri e disabili e paghino il proprio personale secondo gli standard del Contratto Nazionale. Ho sempre pensato, attirandomi sovente critiche dalla mia parte politica, che la legge sulla parità scolastica sia una buona legge. Ma non esiste un modo migliore per affossare una legge di quello di non applicarla: ecco perché difenderla vuol dire anche essere rigorosi nel farla rispettare.
Ed eccoci alla proposta sul reclutamento. Ha scritto Vincenzo Silvano a questo proposito: “Possiamo immaginare, però, che il consenso non sarà unanime e che, anzi, si verificherà un’alzata di scudi da parte di quasi tutte le organizzazioni sindacali di categoria e di quel settore del mondo della scuola più legato ad una logica vetero-statalista, centralistica e corporativa”. Da quello che ho scritto fin qui spero risulti chiaro che la logica “vetero-statalista, centralistica e corporativa” non è la mia. E sono certo concorderà con me anche Silvano che sussidiarietà non vuol dire sostituire al centralismo di Viale Trastevere quello di Via Fabio Filzi o di Via Ripamonti. Siano valorizzate piuttosto le Autonomie scolastiche! Il Pd con Sara Valmaggi ha presentato nella scorsa legislatura un Disegno di legge in Regione, che ripresenteremo alla ripresa dei lavori del Pirellone: è disposto Formigoni a sostenerlo?
Non condivido la demonizzazione che viene fatta della cosiddetta “chiamata diretta”. Si ha paura dei “favoritismi”? Si richiamino i Dirigenti alle loro responsabilità, li si valuti e si vincoli il trasferimento di risorse aggiuntive a queste valutazioni, si definiscano norme chiare. Per tutto il resto c’è il Codice Civile e quello Penale. Al contempo non comprendo nemmeno questa funzione salvifica che taluni le assegnano. Se un insegnante è demotivato, bisognoso di un aggiornamento o incapace, non migliorerà certo perché viene reclutato in maniera differente. E comunque non credo che l’auspicio sia quello di rifilare una “sola” alla scuola vicina e certamente non può essere questo il principio che guida il Legislatore. Se un insegnante è demotivato va motivato (e, converrete tutti, gli insulti di Brunetta certo non aiutano) con gli strumenti propri di qualunque realtà complessa, strumenti di cui la scuola oggi è sprovvista – a cominciare da chi ha compiti dirigenziali – e non sempre per responsabilità proprie; se un insegnante ha bisogno di aggiornamento, va aggiornato; se un insegnante è (o è diventato) “incapace”, va messo in condizione di “non nuocere” e ricollocato in altra funzione e ruolo.
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Detto questo, nessuna chiusura ideologica o difesa corporativa da parte mia. Il sistema attuale di reclutamento non risponde sempre alle esigenze di equità e trasparenza ed è per molti versi inefficiente: ce lo dimostra la cronaca con i suoi punti “rubati” grazie a funzionari compiacenti o i suoi insegnanti pronti a lavorare sottopagati, se non gratis, in scuole non statali in cambio dell’agognato punteggio. Discutiamo quindi di una sua riforma, ma in un quadro di riferimento normativo chiaro e con alcuni principi irrinunciabili, il primo dei quali è l’assoluto rifiuto delle teorie leghiste di discriminazione “anagrafica”. Dare ruolo e peso alle Reti di Scuole per tutte le funzioni che attengono alla “gestione del personale”: tirocinio in fase di formazione iniziale, reclutamento (che potrebbe proprio essere legato al tirocinio), formazione in servizio (che andrebbe resa obbligatoria!), valutazione, progressione di carriera. È disposto Formigoni a rivendicare tutto questo con il “suo” governo? È disposto a combattere contro le resistenze del ministero che fino a qui ha impedito (chiunque fosse il ministro) il pieno dispiegarsi dell’Autonomia? Io temo di no.
Infine un accenno, come promesso in principio, alla questione delle risorse. La critica che rivolgo ai tagli di Tremonti è – come detto più volte – al fatto che sono stati (e saranno) indiscriminati, ovvero il contrario della valorizzazione del merito, tanto per dirne una. Per il resto, io penso che chiunque voglia valutare la questione con un po’ di distacco non potrà che convenire che per fare le cose che ho descritto in questo articolo (e le altre che servirebbero) servono più risorse di quante non se ne destinino oggi a quella specifica voce del bilancio del MIUR. Più risorse per l’aggiornamento obbligatorio, più risorse per un tirocinio serio, più risorse per la valutazione, più risorse per la progressione di carriera. E mi sono limitato a quanto proposto qui. Dove trovarle? In attesa di tempi migliori per il Bilancio dello Stato, reinvestendo in questi ambiti (e in altri due o tre considerati prioritari) ciò che Tremonti ha “risparmiato” fin qui. Questo per me vuol dire restituire alla scuola ciò che le è stato tolto.