Caro direttore,

Dispiace constatare, da parte di una persona che pare sinceramente preoccupata del buon funzionamento della scuola italiana, quale è Marco Campione, uno scivolamento sui soliti triti e ritriti luoghi comuni contro le scuole paritarie. Proprio perché «interlocutore attento e responsabile», Campione dovrebbe sapere che tante scuole paritarie della regione Lombardia (ma non solo) erogano un servizio di grande qualità alle famiglie e agli studenti, facendo ogni sforzo possibile per accogliere chiunque desideri iscriversi, compresi i citati «stranieri e disabili».



E se proprio vogliamo entrare nel merito della Legge 62/2000 (che non abbiamo nessuna intenzione di cambiare), si chieda come mai, nonostante sia stata riconosciuta la parità giuridica, esista ancora una disparità economica tanto grave, che costringe le scuole paritarie a pagare di tasca propria gli insegnanti di sostegno e a fare i salti mortali per garantire a tutti l’accesso senza escludere le famiglie che hanno redditi più bassi….



Ecco, anziché pensare esclusivamente a «farla rispettare, verificando che le scuole non Statali ad esempio non discriminino nelle iscrizioni di stranieri e disabili e paghino il proprio personale secondo gli standard del Contratto Nazionale», puntando così il dito, in modo strumentale, su casi assolutamente isolati (che senza dubbio devono essere individuati e puniti), Campione si domandi come mai la legge di parità continui ad essere carente proprio sull’aspetto più rilevante, che è quello economico.

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Vogliamo «far rispettare» la legge di parità? Bene, facciamolo realizzandola fino in fondo, dando alle scuole paritarie i medesimi finanziamenti (costo-alunno) che ricevono le scuole statali (o quantomeno siano introdotte sostanziose detrazioni a favore delle famiglie che vi iscrivono i figli) anziché riconoscere loro tanti doveri con pochi diritti. Intanto, in attesa che questo accada, valorizziamo quanto di buono queste fanno per tutto il nostro sistema nazionale di istruzione (tanto più rilevante poiché ottenuto in condizioni di assoluta dis-parità), anziché scatenare la solita caccia alle streghe.

Ma entriamo nel merito del sistema di reclutamento dei docenti. Siamo totalmente d’accordo: «sussidiarietà non vuol dire sostituire al centralismo di Viale Trastevere quello di Via Fabio Filzi o di Via Ripamonti»; sussidiarietà significa sostenere e valorizzare l’iniziativa, l’assunzione di responsabilità e l’operosità presenti nella società civile, stimandole come generatrici del bene comune. Proprio per questo, la proposta di arruolamento diretto dei docenti ci pare che possa essere utile all’intero sistema scolastico, e che non abbia affatto «il sapore di uno spot sulle paritarie e di una concorrenza interna con la Lega sulle graduatorie».

È noto a tutti che i docenti sono il fattore chiave della qualità di qualsiasi istituzione scolastica, come è altrettanto noto che oggi la categoria sta attraversando una grave crisi di identità professionale e di motivazione ideale, dovuta anche a motivi “strutturali”.

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Occorrono dunque una scossa all’orgoglio professionale e una nuova opportunità per mettersi in gioco. Condividiamo totalmente, perciò, la posizione di Campione su questo passaggio («Si ha paura dei “favoritismi”? Si richiamino i Dirigenti alle loro responsabilità…») che configura un richiamo alla responsabilità e al rischio individuale che non può che far bene a tutti, consapevoli di come i sistemi che hanno eliminato rischio e responsabilità personale abbiano generato demotivazione e scarso rendimento a tutti i livelli (basti pensare a quanto accaduto in certi paesi dell’Est…).

Non attribuiamo affatto alla chiamata diretta una “funzione salvifica”; pensiamo, però, che possa contribuire a riattivare una sana concorrenza e il senso di responsabilità di tutti: nei dirigenti, che dovrebbero fare delle scelte importanti in funzione della qualità e dell’immagine della propria scuola; negli insegnanti, che entrerebbero nell’ordine di idee di essere scelti per le proprie personali qualità, competenze e capacità educative e non semplicemente perché si trovano ad un certo posto in una “anonima” graduatoria; nei genitori, che avrebbero più chiara consapevolezza dell’offerta educativa/formativa delle scuole.

«Siano valorizzate piuttosto le Autonomie scolastiche!»; ci pare che il reclutamento diretto dei docenti vada proprio in questa direzione, come già abbiamo evidenziato nel pamphlet Una scuola che parla al futuro (in cui abbiamo presentato una proposta complessiva di riassetto del sistema scolastico e sul quale saremo ben lieti di continuare un confronto con Campione). Non mortifichiamo il dibattito, su un tema tanto delicato, con argomenti che rischierebbero di avere il sapore di battaglie generate da logiche di partito più che dal desiderio di bene per i nostri giovani e per le nostre scuole. Il sistema di istruzione nazionale non ne ha proprio bisogno.
 

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