Per comprendere la bozza di Indicazioni destinate ai licei, conviene spendere qualche parola sui criteri che hanno guidato la loro stesura. Un programma efficace deve prima di tutto essere scritto in forma chiara; porsi degli obiettivi concreti e ragionevoli (anche esemplificando, quando sembri opportuno farlo); sottolineare quali sono i capisaldi irrinunciabili, pur nell’ovvia e doverosa riaffermazione della libertà di ciascun insegnante e dei margini d’autonomia delle singole scuole.



Il programma di italiano è lo stesso per tutti i tipi di liceo, nella convinzione che l’acquisizione piena e consapevole della lingua nazionale e il contatto non episodico con i grandi autori letterari siano obiettivi comuni. In particolare:

A) Si dà fondamentale rilievo all’addestramento linguistico, che non può ammettere né smagliature a livello elementare (ortografia) né approssimazioni per quanto riguarda la padronanza del lessico astratto e la capacità di strutturare l’argomentazione con una sintassi adeguata. Allo scopo si menziona esplicitamente nel profilo generale la pratica del riassunto, comunemente disattesa ma decisiva per misurare il grado di comprensione di un testo dato, la capacità di individuarne le informazioni salienti, l’abilità di riscrittura. È importante altresì far conseguire allo studente la coscienza della storicità della lingua italiana e la consapevolezza del suo attuale statuto sociolinguistico.



B) Nella letteratura, si punta sulla lettura diretta dei testi rispetto allo svolgimento astratto del percorso storiografico. Nel biennio l’esigenza fondamentale è quella di suscitare nell’alunno il piacere della lettura attraverso un efficace ventaglio di testi moderni e contemporanei, italiani e stranieri, ma anche proponendo il contatto con un grande classico (epica e Promessi Sposi). Nel triennio, si conferma essenziale il percorso storico, ma con la rinuncia a un enciclopedismo che si rivelerebbe velleitario: sia se si volessero passare in rassegna tutti gli autori e le correnti di un certo significato culturale e storico; sia se, dei massimi, si pretendesse di trattare non solo i capolavori, ma anche le opere secondarie (raccomandabili, dunque, per Boccaccio solo il Decameron; per Ariosto solo l’Orlando Furioso; in compenso quei testi capitali andranno letti senza fretta, con attenzione anche alle scelte linguistiche e stilistiche e senza rinunciare alla salutare pratica della parafrasi, che rappresenta il primo, necessario, livello di una qualsiasi explication du texte).



Da questi presupposti appare naturale confermare l’importanza di Dante, anche dal punto di vista identitario: i 25 canti previsti come lettura minima nel corso del triennio rappresentano per lo studente un impegno che non può essere sottovalutato e, per il docente, una scommessa sulla grandezza artistica dell’Alighieri e sulla sua attualità anche per le giovani generazioni.

Sarà inutile ribadire che, per il molto che non viene esplicitato, l’insegnante potrà e dovrà operare sue personali scelte, tenendo conto sia del tipo di scuola (l’Alberti, per esempio, avrà particolare spazio, anche come scrittore, nel Liceo artistico), sia della classe, sia della sua personale idea di letteratura e delle sue propensioni di studioso o di lettore.

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Quanto al latino, il programma è fortemente differenziato nei tre licei che ne prevedono lo studio. In ogni caso si introduce il principio che la versione, nel suo assetto tipico, cioè come un brano estratto da un contesto imprecisato e munito solo del nome dell’autore, non rappresenta l’unico modello di esercitazione scritta. Nei licei classico e scientifico, e soprattutto nel secondo, sarà utile prevedere prove variamente agevolate (per esempio con una breve introduzione che le contestualizzi o con note che esplicitino riferimenti o anche suggeriscano la costruzione di passi impervi): ciò anche allo scopo di allargare il canone degli autori proposti, senza escludere testi poetici. In ogni caso è importante non ridurre l’insegnamento linguistico al tradizionale apparato morfosintattico, ma far riflettere l’alunno sui rapporti lessicali e semantici che collegano il latino al greco (per il liceo classico) o all’italiano e alle altre lingue europee moderne note, a cominciare dall’inglese. Lo studio degli autori letterari dovrà prevedere letture in traduzione, senza ridursi ai pochi brani canonici. Nel liceo linguistico lo studio del latino, limitato al primo biennio, sarà incentrato sulla lingua, con l’intento di favorire una sensibilità contrastiva sulle sue strutture rispetto a quelle dell’italiano e delle altre lingue moderne (per esempio: presenza/assenza del genere neutro, espressione del passivo), con particolare insistenza su lessico, semantica e formazione delle parole (puer-puerilis, hodie-hodiernus).

 

In ogni caso, un punto deve emergere chiaramente: il latino si studia per il suo significato storico e culturale, tuttora decisivo nel nostro orizzonte umanistico; non per arrivare alla composizione in quella lingua, come avveniva ancora in diversi àmbiti intellettuali nell’Ottocento. Se è preziosa l’occasione di una riflessione metalinguistica offerta dal latino – astrattamente possibile ma poco opportuna per una lingua moderna, che si studia per praticarla in contesti comunicativi reali – ciò non significa continuare a perseguire l’assurda caccia alle “eccezioni” (alcuni testi per le scuole ci informano ancora di quale sia l’accusativo di buris “manico dell’aratro”). È fondamentale liberare lo studio del latino dalla polvere ingiustamente accumulatasi su di esso e dall’impressione che gli sforzi compiuti dall’alunno non siano proporzionali ai risultati raggiunti.

 

 

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