Nei giorni scorsi, il Ministero della Pubblica istruzione ha comunicato i dati delle preiscrizioni al primo anno delle scuole secondarie superiori, che erano attesi con una curiosità superiore al solito perché, confrontati con i dati dello scorso anno, avrebbero potuto dare qualche indicazione sul “gradimento” delle innovazioni introdotte a partire dal prossimo settembre.



Una prima considerazione, che pochi hanno fatto, riguarda la non sovrapponibilità dei dati dei due anni. Il dato sulle preiscrizioni riguarda una percentuale molto elevata di iscritti, 94,7%, ma non la totalità: le informazioni in nostro possesso non consentono di dire di quali ragazzi si tratta, se cioè verosimilmente si distribuiranno tra i vari indirizzi nello stesso modo degli altri, oppure si concentreranno in un numero ridotto di indirizzi, spostando in questo caso anche sensibilmente il risultato finale.



Per spiegarci meglio: il Ministero fornisce solo i dati percentuali, ma lo spostamento in valore assoluto del gruppo che ha avuto il massimo aumento, i licei (+3,4%) equivale a poco più di ottomila ragazzi, e coloro che non hanno ancora effettuato la preiscrizione sono circa 28.000. È evidente come le loro scelte potrebbero modificare l’insieme dei valori.

In secondo luogo, dato molto importante, gli iscritti del 2009 comprendono i ripetenti e i trasferiti, che in percentuale significativa si spostano da un altro indirizzo, con una tendenza prevalente a passare dagli indirizzi più “nobili” (i licei) a quelli considerati meno impegnativi, e questo farebbe quindi crescere la quota di ragazzi iscritti negli istituti tecnici o professionali.



Questi passaggi vengono definiti dal commento ministeriale “molto modesti”, ma il volume La scuola in cifre del 2009, che riporta i dati del 2007-08, segnala che gli studenti in ritardo erano in terza media l’11,6%, in prima secondaria superiore il 24,2% (senza considerare che molti degli studenti in ritardo scelgono la formazione regionale).

Anche ammettendo che una buona parte ripeta nello stesso tipo di scuola, ritengo plausibile che, rispetto alle preiscrizioni, la quota di studenti effettivamente iscritti in prima il prossimo anno nei diversi indirizzi si modificherà con una riallocazione di 5/7 punti percentuali, la maggior parte dei quali, in base alle precedenti esperienze, negli istituti professionali o tecnici.

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Da ultimo, non è possibile dire se e in che misura, al momento delle iscrizioni, in tutte le località fossero effettivamente disponibili tutte le opzioni, e questo condizionerebbe una quota di scelte, inquinando la “popolarità” di determinati indirizzi, soprattutto interni (non cioè tra licei e istituti tecnici, ma fra i diversi indirizzi degli uni e degli altri). Ciò posto, e rinviando quindi ai dati che saranno disponibili in ottobre per un confronto “sovrapponibile”, è però possibile individuare alcune tendenze:

 

Il riordino dei licei ha avuto effetti positivi: nel complesso aumentano del 3,4%, con variazioni interne più apparenti che reali. Il liceo delle scienze umane perde nella versione tradizionale, ma aumenta nell’opzione economico sociale, restando quasi invariato (+0,2%); il liceo scientifico complessivamente guadagna, perché compensa le ridotte perdite della versione tradizionale (-0,5%) con l’aumento dell’opzione scienze applicate (+1,7%), che probabilmente riduce la popolarità degli istituti tecnici tecnologici, sostanzialmente stabili (-0,1%); crescono il linguistico e il classico, di pochissimo l’artistico, mentre la quota dei licei coreutici e musicali è fissata dal numero chiuso;

 

Tra gli istituti tecnici cala il settore economico, benché sia quello su cui è più elevata la domanda delle imprese, ma come si è visto è in forte crescita il liceo delle scienze umane a opzione economico sociale. Ci si chiede se ci sono anche ragioni strutturali, oltre al fascino a quanto pare immarcescibile della parola “liceo”. Il settore tecnologico conserva le sue posizioni, con un ridottissimo calo dello 0,1% ampiamente compensato dal liceo scientifico delle scienze applicate. Una disaggregazione territoriale per i filoni scientifico e tecnologico (includendo quindi sia istituti tecnici che licei) mostra che cresce sul totale degli iscritti in tutto il paese, con la sola limitata eccezione del Centro, dove resta stabile, e delle Isole, dove diminuisce di mezzo punto percentuale.

 

Calano gli istituti professionali, dello 0,6% nel settore dell’industria e artigianato e dell’1,6% nei servizi: questo dato richiederebbe un’analisi ben più approfondita, perché andrebbe esaminato per capire che cosa è successo nelle diverse regioni, qual è il ruolo della maggiore visibilità degli istituti tecnici, quanto viene influenzato dalla debolezza dell’istruzione tecnica superiore. Bisogna però aggiungere che gli istituti professionali sono i destinatari maggiori dei flussi di décalage provenienti da ritiri e bocciature, in cui il numero di studenti iscritti in provenienza da altri tipi di scuola è più elevato, e in cui maggiore è la presenza di ripetenti, per cui il dato di confronto mi pare il meno affidabile di tutti.

 

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A un primo sguardo, dunque, mi pare di poter dire che l’operazione di riordino della secondaria (la parola “riforma” non compare mai… forse porta sfortuna?) ha avuto un meritorio esito di razionalizzazione della pletora di indirizzi e sperimentazioni esistenti, ma ha spostato assai limitatamente le preferenze delle famiglie, che probabilmente aspettano di vedere che cosa c’è dentro le diverse scuole, più che concentrarsi sulle etichette.

 

Più che parlare di occasione perduta per il rilancio di alcuni indirizzi innovativi, sarebbe bene puntare nel prossimo anno sulla realizzazione delle finalità previste o consentite dalle nuove indicazioni, facendo di tutto per migliorare la preparazione degli insegnanti (oggi anche abbastanza confusi) e aiutarli a potenziare il legame con il mondo del lavoro e con le università, migliorando l’orientamento per le famiglie e per i ragazzi, sviluppando nella secondaria di primo grado le attitudini di tutti, e infine modificando al più presto quel che non funziona per potenziare gli aspetti più positivi.

 

Solo allora sarà possibile parlare di una scelta razionale ed efficace al termine della scuola di base.