C’era bisogno di una pessima notizia perché si tornasse a parlare un po’ delle scuole paritarie e, soprattutto, della libertà di scelta educativa che la nostra amata e stracitata (ma solo in certi casi…) Costituzione riconosce alle famiglie? A quanto pare, sì.
Infatti, nonostante alcuni richiami fatti dalle associazioni di scuole paritarie (attraverso comunicati stampa pressoché caduti nel vuoto) sulla necessità di includere nella stagione delle riforme anche la questione della libertà di educazione, erano mesi che di questo tema non se ne parlava più, quasi fosse un problema del tutto secondario per la vita del nostro paese.
E, probabilmente (ahimè!), è considerato proprio così. L’educazione dei nostri figli, quella vera, quella libera, scelta dalle famiglie senza vincoli e condizionamenti economici di sorta, quella che forma cittadini liberi e consapevoli, capaci di assumersi responsabilità e di costruire civiltà, non interessa molto ai nostri politici, e di conseguenza nemmeno alla maggior parte dei mass-media.
E’ una debolezza culturale tutta italiana, come ci attesta quanto avviene invece nella maggior parte degli altri paesi europei (ad eccezione della Grecia, ed è tutto dire….), che si riflette anche in certe scelte irragionevoli dei nostri governanti, che pure avevano prospettato in campagna elettorale, su questo tema, ben altri luminosi orizzonti.
Ora la polemica divampa, ma temiamo che seguirà il percorso tipico di tanti altri dibattiti che fanno vetrina sui giornali per poi lasciare il posto, con un nulla di fatto, ad altre notizie più fresche. Famiglie e scuole paritarie, così, dovranno fare i conti con due passaggi difficilissimi: le prime, con il rischio di essere segnalate come detentrici di cospicui capitali e, dunque, come possibili evasori, qualora abbiano dei figli che frequentano le scuole (e diciamolo, questo termine politicamente scorretto e ritenuto socialmente indegno!) “private”; le altre, con un nuovo pesantissimo taglio in finanziaria 2011, pari a 228 milioni di euro, cioè al 46% del finanziamento complessivo originariamente previsto.
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Un Governo amico della libertà… Dice Oscar Giannino, in merito all’inserimento delle scuole “private” nel redditometro, che in realtà «…rispecchia la peculiare e deviata ideologia di alcuni tecnici ministeriali e consulenti dell’Agenzia delle entrate, di saldo credo statalista e devoti ai totem e tabù dello Stato etico. Non è il ministro Tremonti a pensarla così».
Possiamo anche crederci, però riteniamo che sia compito di Tremonti vigilare ed intervenire perché queste cose non accadano o, se accadono, siano tempestivamente rimediate. Lo farà? Non ne siamo sicuri, perché la stretta economica e finanziaria pare annebbiare anche le menti migliori.
Sappiamo bene che i tempi sono difficili e che è necessario reperire nuove risorse economiche, ma non è così che si risolverà il problema. Se lo Stato decide, per recuperare i fondi necessari alla manovra, di inserire nel redditometro le scuole private, si ritroverà ben presto a doverne spendere molti di più per pagare il costo degli allievi delle famiglie che, spaventate dal redditometro stesso, non iscriveranno più i loro figli nelle scuole non statali: non dimentichiamo che lo Stato risparmia 6miliardi di euro l’anno grazie alle paritarie, e che un alunno di scuola primaria statale costa allo Stato 7.336 euro, a fronte degli 866 di un alunno di scuola paritaria!
Non è castigando le famiglie (nemmeno quelle benestanti), inoltre, e limitando la loro libertà di scelta educativa, che si rimetteranno in moto le migliori energie per venire fuori da questa crisi, anzi… «Scambiare la spesa aggiuntiva – continua infatti Giannino – sostenuta da una famiglia per la miglior formazione del capitale umano in scuole paritarie o riconosciute come se tale spesa equivalesse all’acquisto di un SUV, di uno yacht…., in termini economici, infatti, significa confondere l’investimento in capitale umano – ciò di cui più c’è bisogno per accrescere l’output potenziale del nostro paese – con spese di consumo voluttuarie».
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È vero, ed è per questo che da tempo ripetiamo che Lo Stato, anziché considerare tale scelta come un indicatore di «potenziali illeciti fiscali e di violazioni del patto sociale», dovrebbe consentire sostanziose deduzioni/detrazioni fiscali alle famiglie che investono nella formazione dei propri figli, «perché sarà l’intera società ad averne un beneficio».
Ecco una strada percorribile e sensata, non risolutiva, ma che potrebbe accompagnarsi ad altri strumenti per una reale parità economica fra scuole statali e “paritarie”; e sarebbe un provvedimento inserito a pieno titolo in quelle politiche a favore della famiglia di cui tanto si è parlato ma pochissimo si è visto. Ce n’è davvero bisogno, perché, a differenza di quanto il nuovo redditometro farebbe pensare, per la stragrande maggioranza delle famiglie la scelta della scuola paritaria è un sacrificio davvero imponente, che si giustifica solo a fronte del desiderio di garantire ai propri figli una educazione/formazione adeguata e libera.
Non è una scelta facile, infatti, quella dell’iscrizione ad una scuola “privata”. Occorre soppesare bene ogni aspetto, fare i conti pensando non solo all’immediato ma calcolare privazioni (anche pesanti) per 3, 5, 10 anni e oltre. Forse non lo sanno, all’Agenzia delle entrate (e nemmeno i politici che ne avvallano certe sciagurate decisioni), ma ci sono tantissimi genitori che per garantire ai figli un’educazione di qualità, libera e conforme alle proprie aspettative, sono disposti a rinunciare a vacanze, vestiti e a molti altri beni. Così come non sanno che la maggior parte delle scuole paritarie (se non tutte) mette a disposizione borse di studio, gratuità, sconti di ogni tipo e misura, impegnandosi in continue azioni di fund raising proprio per assicurare a tutti quell’accesso che, in quanto scuola “paritaria”, in quanto facente parte del sistema nazionale d’istruzione, in quanto riconosciuto dalla nostra Costituzione, dovrebbe essere garantito senza ostacoli… Ce ne sarebbe bisogno, se tutti fossero in condizione di pagare senza problemi?
Certo, è vero che ci sono anche i “diplomifici”, così come non mancano le cosiddette “scuole esclusive”. Ma non è con il redditometro che si porrà rimedio alle eventuali “storture”. Il migliore strumento sarebbe quello più semplice e ragionevole: una piena e totale parità, che consenta alle famiglie di scegliere senza oneri aggiuntivi (o a parità di oneri) scuole statali o non statali. Sparirebbero le scuole esclusive, perché sarebbero per tutti; e pure i diplomifici, perché non potrebbero più lucrare sul rilascio del titolo di studio. Ma, soprattutto, si investirebbe sul bene più importante per il futuro della nostra società, anche in termini economici. Ma forse questo è troppo semplice per essere compreso.