Da mercoledì le Indicazioni dei nuovi licei sono ufficiali. Riceviamo e pubblichiamo un commento di Max Bruschi, presidente della Cabina di regia che ha coordinato il lavoro di riforma.

Le Indicazioni nazionali per i licei vogliono solo essere lette. Non hanno bisogno di particolari esegesi. Non ambiscono a sovrapporsi al reale. Cercano di offrire alcuni strumenti che possono aiutare a modellarlo. Dicono magari poche cose, ma le dicono precise. Parlano, o almeno cercano di parlare, schietto.



Abbiamo cercato e abbiamo (forse) trovato. O iniziato a trovare, perché la ricerca non ha mai fine. Cercavamo la chiarezza. Un linguaggio per la scuola e non riservato agli zeloti. Un “sermo humilis”. Potrà non piacere, ma a noi è piaciuto.

Cercavamo la sobrietà. Spiegare in modo semplice cosa la Repubblica si aspetta dalla scuola, e cosa devono aspettarsi (e chiedere!) alla scuola le famiglie, gli studenti, i cittadini.



Cercavamo la libertà. Abbiamo individuato ciò che c’è da fare (perché dove è la libertà senza la responsabilità di scegliere?), i nuclei fondamentali delle discipline e la cultura da trasmettere (vocabolo scandaloso!). Niente altro.

Indichiamo una meta, ma la scelta della strada e dei mezzi per raggiungerla spetta solo alla comunità educante, e alla stessa comunità educante spetta andare oltre quella meta.

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Potrebbero sembrare criteri banali, ma non lo sono. Chiarezza, sobrietà, libertà sono termini poco postmoderni. Ci sono stati rimproverati. Ci siamo inorgogliti dei rimproveri. Forse, ci siamo detti, siamo sulla strada giusta. Di solito i più garruli critici sono quelli che per anni hanno fallito, e cui a un certo punto è stato detto “basta, si cambia”.



 

Abbiamo cercato, in questi mesi di confronto, di non urlare. Di proclamare la palingenesi, di non spacciare un “giulebbo” utile a curare tutte le malattie del sistema di istruzione, che sono poi le metastasi nel futuro del Paese. E il Paese ha dato ragione a quella trasparenza che sin dall’inizio abbiamo cercato di dare al nostro lavoro.

 

Ma oggi le Indicazioni arrivano nelle scuole. Come vanno accolte? Non con il gioco della torre, non con la ricerca dei sommersi e dei salvati. Abbiamo rinunciato a proporre inattuabili enciclopedie. C’è una sfida, si chiama sfida educativa. Le Indicazioni segnalano certo gli “imprescindibili”, ma cercano di far sì che la sfida sia libera. Libera da tutta la chincaglieria che si frappone, con processi e prescrizioni, tra due persone che si parlano, si confrontano, crescono. Un maestro e un allievo, certo: ma chiamati a costruire un dialogo. Educativo, appunto. Il resto è noia.

 

 

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