Di fronte ad ogni cambiamento che si prospetta è lecito, anzi doveroso, porsi la domanda se esso porti con sé aspetti positivi oppure no. Sembra infatti ormai avviata al declino l’idea per la quale il “nuovo” nella scuola sia, in quanto tale, un bene. Ma c’è un’altra domanda, ancora più fondamentale: che cosa si intende per svolta positiva, in particolare per le scienze? Se è positivo rimboccarsi le maniche e trovare, giorno dopo giorno, la strada migliore per trasmettere i contenuti e i metodi delle scienze naturali nelle diverse situazioni, o se è positivo un sistema di insegnamento/apprendimento che rispetti le caratteristiche del metodo sperimentale e sia adeguato alle capacità di comprensione dello studente, allora la svolta prospettata è positiva.
Infatti, si afferma nella bozza, «l’acquisizione del metodo costituisce l’aspetto formativo e orientativo dell’apprendimento/insegnamento delle scienze» ed è «il contributo specifico che il sapere scientifico può dare all’acquisizione di strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà». Allora, coerentemente con le scelte operate dalla cabina di regia per la fisica, nel primo biennio prevale un approccio di tipo fenomenologico e osservativo-descrittivo, mentre nel secondo si introducono e formalizzano i concetti e i modelli propri delle discipline. Nel quinto anno, infine, si approfondiscono temi particolari, con funzione anche di orientamento alla scelta universitaria.
I punti segnalati sono una novità nel mondo della scuola. E, fatto ancora più significativo, mentre chiedono all’insegnante una responsabilità nella scelta dei temi da sviluppare e nella costruzione di percorsi didattici, permettono di strutturare e scandire liberamente il proprio lavoro. Un’autentica inversione di rotta, dopo una stagione – per certi versi non ancora conclusa – segnata dalla analiticità e dalla prescrittività di analoghi documenti di fonte ministeriale, ad esempio quelli per la secondaria di I grado. Responsabilità e libertà non sempre facili da giocare, specie in situazioni in cui il contesto non le favorisce; ma quella contenuta nelle Indicazioni può essere una sfida che rinnova il mondo spesso un po’ grigio della scuola.
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Entrando nel merito degli OSA, occorre segnalare che gli argomenti sono proposti secondo criteri di ricorsività e di complessità: per esempio argomenti di chimica come le reazioni o argomenti di biologia come la cellula (o la varietà dei viventi) possono essere sviluppati in termini semplici, descrittivi e/o fenomenologici, al primo biennio ed essere trattati con riferimento a modelli, teorie, formalizzazioni nel secondo biennio.
Anche questa può essere una importante novità, che chiede di ripensare e ridefinire il significato di termini come propedeuticità, disciplinarietà, relazioni, laboratorio ecc. Quest’ultimo è una sottolineatura chiave nel documento, come momento più significativo in cui si esprime la dimensione sperimentale, che rimane un aspetto irrinunciabile della formazione scientifica, anche quando non siano possibili attività sperimentali in senso stretto. Che la dimensione sperimentale sia qualcosa da tenere sempre presente nell’insegnamento/ apprendimento delle scienze è anch’esso un’affermazione importante, in una scuola in cui i contenuti scientifici vengono trasmessi spesso come dati di fatto incontrovertibili o come teorie astoriche e autoconsistenti.
Esistono infine questioni aperte, cosa inevitabile per una materia come questa che è un “contenitore” in cui confluiscono più discipline, ulteriormente articolate al loro interno: scienze della Terra, chimica, biologia e – almeno storicamente – astronomia, tra le quali non è semplice trovare un equilibrio, specie negli indirizzi in cui il monte ore annuale è più basso. Il forum di discussione sul sito ANSAS – altra novità, in cui i docenti possono confrontarsi tra loro e con gli autori delle bozze; frequentatissimo quello per lo scientifico – segnala molte di tali questioni; ma segnala anche che occorre anzitutto un cambiamento culturale da parte di molti docenti, che porti ad abbandonare definitivamente l’idea dei “programmi ministeriali” da svolgere in favore di quella, molto più gratificante, di tentativi didattici ed educativi da mettere in campo con libertà e responsabilità, entro gli ampi margini che il nuovo Regolamento e le Indicazioni consentono. Una libertà di cui non bisogna avere paura.