In occasione dell’approvazione del testo degli Orientamenti pastorali per il prossimo decennio, il Papa ha rivolto ai membri della Cei un discorso sull’urgenza educativa.

Bisogna «superare questa falsa idea dell’autonomia dell’uomo, come un io completo in se stesso, mentre diventa io anche nell’incontro collettivo con il tu e il noi»: lo ha detto papa Benedetto XVI nel corso dell’assemblea della Cei che ha approvato il testo degli Orientamenti pastorali per il prossimo decennio. Si tratta di un arco di tempo molto dilatato ma, secondo il Papa, «proporzionato alla radicalità ed all’ampiezza della domanda educativa». Come sottolinea l’agenzia Sir, riprendendo e parafrasando le parole del Papa «si tratta di superare la cappa del relativismo, dello scetticismo, ritrovando un armonico circuito tra natura, rivelazione e storia, un concerto tra creazione decifrata nella Rivelazione, concretizzata nella storia culturale che sempre va avanti e nella quale noi ritroviamo sempre più il linguaggio di Dio». Sarebbe questa la posta in gioco dell’educare e, benché le difficoltà siano numerose, «non possiamo – dice Ratzinger – cedere alla sfiducia e alla rassegnazione». Per questo, è il momento di dar vita ad «un’ampia convergenza di intenti», in cui emerga la «perenne novità del Vangelo». Secondo la Sir, il richiamo del papa è ancora più stringente, specie nell’attuale momento storico in cui «anche il recentissimo rapporto Istat sull’Italia segnala una situazione di profondo disagio. Andiamo verso una situazione demografica in cui ci saranno sempre meno giovani, investiti di sempre maggiori responsabilità, di ordine economico, morale e sociale. Non possono essere lasciati soli – continua -, non ci si può limitare alla sciagurata discussione sul “bamboccioni”, che puntualmente riaffiora e rischia di diventare un alibi collettivo». Per il Papa, la sfida consiste nel tornare «dunque a proporre ai giovani la misura alta e trascendente della vita».



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– Ha fatto eco alla parole del Papa il vicepresidente della Cei e vescovo di Potenza, mons. Agostino Superbo, affermando che non «non si tratta più di chiedersi come educare al vivere bene ma come educare a dire che vivere è bene, ovvero che la persona umana è un bene in sé, indipendentemente dalle varie condizioni in cui vive. E’ questo il grande lavoro della nuova stagione educativa». Per Superbo, «sono i giovani il roveto ardente attraverso cui Dio ci parla. Da qui la necessità di ascoltarli prima di parlare loro».



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