Due settimane alla prima prova di maturità. E’ il momento in cui, anche per i più temerari, l’adrenalina incomincia a salire. Ma come fare per non trovarsi con l’acqua alla gola, o restare paralizzati davanti al foglio bianco? Prima regola: niente panico. A ciascuno studente saranno assegnate sette possibili tracce (non proprio pochine) e sei ore di tempo a disposizione. Per superare brillantemente la prima prova quindi non occorre essere preparati alla perfezione su tutto lo scibile umano. In teoria basterebbe conoscere bene un unico argomento, e avere una buona dose di fortuna, per superare lo scritto di italiano con il massimo dei voti. Ma non potendo fare affidamento solo sul fattore fortuna, chiamato comunemente anche con altri nomi più coloriti, occorre arrivare alla «battaglia finale» con il maggior numero di «cartucce» nel proprio caricatore. Scegliendo magari di concentrarsi, nell’ultimo ripasso, soprattutto sulla letteratura o in alternativa sulla storia, in quanto uscirà sicuramente almeno una traccia per ciascuna di queste due materie.
La prima prova si divide in quattro tipologie: analisi di un testo letterario, saggio breve, tema storico e argomento di ordine generale. E qui il consiglio degli esperti è di evitare di buttarsi subito sull’argomento di ordine generale, sperando che siano più facili. Spesso infatti è molto più semplice svolgere un’analisi testuale o un saggio breve, dove si hanno sotto gli occhi un sacco di informazioni, di spunti, un percorso segnato da ricreare alla luce di una personale interpretazione, piuttosto che scrivere un tema di attualità trattato con luoghi comuni e genericità. Anche perché anche per svolgere un buon tema di attualità occorre avere «studiato», essendosi letti almeno un quotidiano al giorno.
Più in generale però, tanto nello studio quanto nella scelta della traccia, la regola generale è lasciarsi guidare dalla fantasia. Se un titolo ci «stuzzica», o magari è proprio quello su cui, guarda caso, ci siamo soffermati di più durante la preparazione perché lo trovavamo interessante, vale la pena cogliere la palla al balzo. Senza dimenticarci che sei ore di tempo volano in un attimo (a proposito, per fare una buona prova di maturità è indispensabile portare con sé un orologio da polso, anche perché il cellulare andrà spento). Sei ore vi sembrano tante? Quel tempo vi servirà per: 1. scegliere la traccia; 2. leggere con cura quella selezionata; 3. preparare una scaletta; 4. svolgere il tema in brutta copia; 5. correggerla; 6. ricopiarla in bella calligrafia; 7. correggere la bella copia. In media sono 51 minuti e 27 secondi per ciascuna operazione.
L’INTERLOCUTORE «SFASATO» – Calcolate quindi fin da subito quanto tempo vi servirà per ciascuna delle sette cose da fare e siate rigorosi nel rispettare i tempi che vi siete posti. Non c’è niente di peggio che dover consegnare la brutta copia, piena di scarabocchi e disegnini (e magari la caricatura del vostro professore). Il secondo punto (leggere con cura la traccia scelta) è uno dei più importanti. Qui vale la pena mettere da parte la fretta, prendere un bel respiro e leggere con calma che cosa richiede la traccia. Questa operazione serve per non andare fuori tema. Ogni traccia pone delle richieste precise allo studente, occorre osservarle scrupolosamente nello svolgimento. Non farlo, sarebbe come se, a un interlocutore che ci chiede: «Scusa che ore sono?», rispondessimo: «Non ho bisogno di un passaggio, sono venuto in motorino».
L’ORA DELLE SCELTE – La regola di leggere bene vale anche per il testo letterario nel caso in cui si scelga l’analisi e il commento. Il punto chiave per lo svolgimento di un’argomentazione letteraria è infatti la comprensione. Occorre comprendere bene le richieste della traccia per potervi rispondere in modo preciso ed esauriente. Le domande che troviamo nelle analisi del testo proposte all’esame di maturità sono di solito divise in tre parti: domande di comprensione, domande di analisi, domande di contestualizzazione o approfondimento o interpretazione. Per rispondere occorre fermarsi a lungo, leggere attentamente per cogliere i nessi e le relazioni tra i documenti, intuire i possibili percorsi da praticare e da arricchire con conoscenze personali. Scelto il titolo, si scelgono le idee. E le si mettono in ordine, seguendo il più banale quanto dimenticato criterio della retorica classica: il capo, il corpo, la coda (ricordate il discorso che non ha né capo né coda? ecco, il rischio è proprio quello).
Il tema, come ogni testo argomentativo, deve avere un’introduzione, uno svolgimento articolato in punti, una conclusione. Nello svolgimento ci si deve concentrare sul rigore argomentativo del testo, nell’introduzione e nella conclusione si può concedere qualcosa alla creatività. Ma, attenzione, evitate di voler fare gli originali a tutti i costi. Meglio un incipit semplice e diretto, che inquadra subito l’argomento trattato, piuttosto che perdersi in arzigogoli tanto laboriosi quanto inutili. Scopo di un tema è infatti dimostrare al professore che si è in grado di scrivere in modo chiaro e scorrevole su un dato argomento, non a dimostrare di essere potenziali scrittori. Occorre quindi concentrarsi bene innanzitutto sulla sintassi (principali, coordinate e subordinate; non frasi giustapposte separate semplicemente da virgole casuali) e puntare su uno stile pulito.
LO STILE DA USARE – Se viene richiesta una sintesi, un riassunto o una parafrasi del testo o l’individuazione di temi, è bene dimostrare di saper fare queste operazioni in modo semplice, chiaro e corretto, poiché sono la prova di quanto si è davvero compreso il testo. Lo stesso criterio vale per le domande di analisi, che possono essere sia tematiche sia formali. In queste parti è da evitare l’uso di espressioni tipo «secondo me», «a mio avviso», «credo che», ecc. Evitate inoltre di esporre tutto lo scibile umano, attenendovi invece all’oggettività richiesta. Lo spazio più ampio per esprimere conoscenze personali è quello del terzo gruppo di domande. Attenzione però a non rispondere in modo generico, ma ponendo paragoni precisi tra testi e autori, dimostrando preparazione, conoscenze e lettura critica. In altre parole, la «rielaborazione personale».
A questo punto il tema va corretto (e non semplicemente riletto). La differenza sta nell’attenzione e nella concentrazione da mantenere durante la lettura. Controllando le informazioni riportate e la scorrevolezza del testo. Si copia tutto in bella, facendo attenzione alla calligrafia. Arrivati a questo punto, qualcuno penserà con un sospiro di sollievo di avere finito. Niente affatto, manca ancora la cosa più importante. Il testo in bella copia va nuovamente riletto dall’inizio alla fine. Ricopiando dalla brutta è facile che ci scappino delle sviste, e va quindi ricontrollata l’ortografia. In questa fase evitate di apportare modifiche stilistiche o contenutistiche, limitandovi a controllare i veri e propri errori, che vanno corretti anche sulla bella copia. Meglio un foglio con qualche cancellatura, che una bella pagina tutta pulita ma con «hanno», inteso come verbo avere, scritto senz’acca.
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(Pietro Vernizzi)