L’appello di Luisa Ribolzi a salvare l’“insegnante Ryan” mi trova totalmente d’accordo. Anch’io sono assolutamente convinto che il pilastro della scuola siano gli insegnanti, senza il quale nessuna riforma serve a niente. Chissà però se siamo d’accordo sul fatto che una (non l’unica) causa dello svilimento della figura dell’insegnante sia stata l’idea nefasta che quel che conta non sono i contenuti ma la metodologia, per cui l’insegnante da maestro deve trasformarsi in “facilitatore”, mero esecutore delle prescrizioni calate dall’alto dell’accademia pedagogica. Sia il Regolamento sulla formazione iniziale che le Indicazioni nazionali tendono a invertire questo andazzo restituendo libertà metodologica, e quindi dignità, all’insegnante, fermo restando che non può essere opzionale insegnare o no il teorema di Pitagora.
Luisa Ribolzi sembra invece ritenere che il Regolamento sia un fatto negativo, in dissenso con me, che vengo citato non con un nome e un cognome, che pure possiedo, ma come uno dei “principali estensori” del progetto. Ed è anche fuori misura la metafora del “soldato Ryan” riferita al Regolamento come se i futuri insegnanti – perché di questo qui si tratta, non di insegnanti in servizio, ma di laureati e laureandi desiderosi di abilitarsi all’insegnamento – fossero soldati braccati in territorio nazista. Se mi fossi espresso io in tal modo, come minimo sarei stato accusato di eccesso polemico.
Nel merito, Luisa Ribolzi non dice i motivi del suo dissenso, salvo che il Regolamento sarebbe qualcosa di molto vecchio. Ma questo non è un criterio accettabile: ciò che è nuovo non è di per sé buono e può essere più vecchio del vecchio. Per esempio, il metodologismo – oltre ad essere la scienza dei nullatenenti – è un’anticaglia. Pertanto, nel merito non potrei che ribadire quanto ho già scritto.
Clicca >> qui sotto per continuare l’articolo
Resta invece l’aspetto soggettivo. Nel suo lungo percorso di consultazioni e pareri il Regolamento ha raccolto un elevatissimo grado di consensi, incluso quello della maggioranza dei pedagogisti che hanno compreso il giusto equilibrio proposto tra differenti esigenze. Il confronto con le associazioni degli insegnanti ha permesso sia di chiarire il senso del progetto che di introdurre revisioni e raffinamenti che hanno migliorato la struttura del TFA (Tirocinio Formativo Attivo). Per essere franchi, i dissensi irriducibili sono venuti da ristretti gruppi che attorno al precedente assetto avevano costruito posizioni di potere o alimentato piccoli privilegi.
E quanto al soggetto più importante, i giovani laureati o laureandi che attendono con ansia il riaprirsi di una possibilità di inserimento nella scuola? Chi ci pensa ai ragazzi? – chiede Luisa Ribolzi. Bene, ci ha pensato questo Regolamento che, nel suo assetto a regime, è strutturato proprio attorno alla figura del nuovo insegnante. La prova che si è pensato ai ragazzi l’ho raccolta (assieme agli altri estensori) nelle assemblee studentesche in cui il progetto è stato illustrato. A parte i problemi di transizione – eredità di un brutto passato che peserebbe su qualsiasi progetto – non sono stati raccolti altro che pareri favorevoli. I ragazzi non desiderano altro che il Regolamento – con il TFA e le nuove lauree magistrali – sia implementato al più presto. Questo è anche il senso di tutte le richieste pervenute per lettera o nei corridoi delle università da parte dei ragazzi Ryan.
Eppure gli stessi che per due anni hanno previsto, sbagliando sistematicamente, che il progetto sarebbe stato affossato, ora, a un epsilon dalla conclusione, continuano ad auspicarne il naufragio. Avrebbero poi questi oppositori a oltranza il coraggio di andare a spiegare ai ragazzi Ryan le ragioni per cui dovrebbero continuare a errare in una terra di nessuno?