Da quest’anno l’ammissione all’esame è diventata una cosa seria. Le novità sono note da tempo essendo state introdotte dal ministro Fioroni all’inizio del 2007: struttura della commissione con presidente e componente esterna comune a due classi, reintroduzione della ammissione con, come precondizione, essere stati valutati positivamente, redistribuzione dei punteggi tra credito e colloquio, esami preliminari per i privatisti.



Fioroni, a suo tempo, non fece mistero delle intenzioni restauratorie rispetto al tema della serietà degli studi e fece riferimento alle risultanze dirette delle visite svolte presso le scuole durante gli esami del 2006.

Poi venne la legge ed essa evidenziò tre pecche: l’indeterminatezza della dizione essere stati valutati positivamente, una disparità di trattamento tra interni e privatisti a favore dei primi, asimmetria nelle condizioni per accedere ai 5 punti di bonus (15 punti su 25 per il credito, 70 punti su 75 nelle prove).



Sulle prime due pecche è intervenuto il ministro Gelmini attraverso il regolamento della valutazione (un DPR che, per sua natura, non poteva modificare il terzo punto legato alle due leggi sull’esame di stato di Berlinguer e di Fioroni).

Nel regolamento si è previsto che per essere ammessi viene richiesta una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline valutate con l’attribuzione di un unico voto, viene introdotto il vincolo sul voto di condotta e viene prevista una ulteriore norma che entra in vigore dall’anno prossimo: limite minimo di frequenza pari a tre quarti dell’orario. Il limite delle assenze è destinato a creare ulteriori condizioni di non ammissione  e varrà per tutte le classi.



Quest’anno le non ammissioni ci sono state e numerose, nelle scuole in cui si è data una lettura onesta di quanto previsto. Non sto parlando della non ammissione di chi a fine anno presenti qualche smagliatura nel profitto di qualche materia. Per questi casi si danno due possibilità.

A) Il docente ha impostato con lo studente un percorso di recupero iniziato a febbraio; tale percorso ha consentito di sanare numerose lacune ma non di sciogliere pienamente la prognosi. È stato il docente, in casi del genere, a proporre una valutazione di 6/10 accompagnandola da un giudizio articolato in cui descrive il processo e i suoi esiti. Fare ciò significa valutare (e non fare medie con il bilancino); significa anche essere onesti nei confronti della commissione. Lo studente viene ammesso alla unanimità.

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B) Il docente ha preso atto che la proposta è di 5/10. Il consiglio di classe ha ricercato elementi di positività nelle discipline collaterali valutate positivamente. L’ammissione viene dichiarata a maggioranza (con il voto contrario del docente che ha confermato l’insufficienza e di altri che eventualmente si sono associati) e viene steso un giudizio analitico di ammissione sul merito delle motivazioni che hanno determinato la possibilità di portare a 6 il 5 senza smentire clamorosamente la professionalità del docente titolare della proposta. È del tutto evidente che una ipotesi del genere non possa che riferirsi a non più di un paio di discipline e quando ne esistano le condizioni al contorno.

 

E negli altri casi? Cosa fare in presenza di insufficienze gravi e/o diffuse? Qui il terreno si fa insidioso e i margini sono molto ristretti. L’unico caso che potrebbe dar luogo a sanare le insufficienze per decisione del Consiglio è quello di situazioni molto particolari di deficit dello studente (già in ritardo nel corso degli studi) accompagnate da un impegno certificato e riconosciuto e dalla considerazione che la situazione non si modificherebbe aggiungendo la perdita di un ulteriore anno. Di tutto ciò deve essere fornita ampia motivazione alla commissione che disporrà di due vantaggi rispetto al Consiglio di Classe: disporre di un punteggio ottenuto per somma in cui si possano compensare gli eventuali deficit, e svolgere un ruolo di terzietà. 

 

A mio parere non esistono altri margini e sono legislatori e governanti a doversi assumere le responsabilità delle scelte che fanno. I sostenitori della linea del rigore dovrebbero capire che il sistema scuola non può essere cambiato un pezzo alla volta e con criteri di casualità.

 

Siamo per i voti perché si è ecceduto in pedagogismi spesso vuoti? Va bene; ma si vuole affrontare  il tema delle competenze, che per sua natura è sovra disciplinare? Si vuole porre mano alla questione della certificazione delle medesime e ad un sistema di crediti che non riduca tutto alla logica del promosso/bocciato? Sto pensando a qualcosa di simile a quanto viene attuato nei corsi serali della sperimentazione Sirio in cui ciò che è stato certificato in termini di sufficienza (e domani di competenze) viene a far parte del bagaglio dello studente e costituisce un credito certificato.

 

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Un consiglio a chi ci governa. La situazione è difficile e si stanno chiedendo sacrifici e responsabilità a tutti. Si evitino, in futuro, l’inerzia, la parzialità, l’incompetenza, la passività, la promessa non mantenuta, la declinazione dell’ovvio. Continuando così si rischia di creare una situazione in cui il malessere si trasforma in borbottio e il borbottio alla fine diventa in un fiume in piena in cui sommano le proteste di studenti, famiglie, docenti e dirigenti.

 

Oggi sono finiti gli scrutini e nelle scuole si sono tirati i bilanci. Tra i bilanci da tirare c’è quello sulle promesse relative al finanziamento dei corsi di recupero. I consigli di classe della mia scuola, sulla base di criteri del Collegio Docenti e del finanziamento annunciato ne hanno assegnato uno solo per ciascuna delle classi dalla prima alla terza. Il corso viene comunicato in questi giorni alle famiglie insieme ai giudizi analitici di accompagnamento a tutti i voti insufficienti. Il tutto è accompagnato da una clausola: i corsi si faranno se entro sabato prossimo giungerà alla scuola la comunicazione del finanziamento. In caso contrario i corsi non si faranno e il finanziamento rimarrà a disposizione per le attività di recupero del prossimo anno. Lo scrivo con la dovuta tristezza nel cuore e senza intenti polemici: ma qualcuno al ministero pensa che si possano organizzare i corsi anche se la comunicazione arriva nel mese di luglio?

 

(Claudio Cereda, preside ITIS P. Hensemberger, Monza)