La Commissione cultura della Camera ha espresso il parere sul nuovo Regolamento per la formazione dei docenti. Ilsussidiario.net ne ha parlato con la presidente on. Valentina Aprea, in questa intervista che tocca i punti cardine del Regolamento e i problemi che restano aperti, come quello dei 208mila docenti privi di abilitazione che da due anni sono nella scuola.
Onorevole Aprea, la Commissione ha espresso parere favorevole sul Regolamento riguardante la formazione iniziale dei docenti. Quali sono i punti salienti?
Le novità che riguardano il provvedimento sono tante, soprattutto rispetto alle vecchie scuole di specializzazione (SSIS, Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario, ndr). Mentre prima la formazione dell’insegnante era basata sul conseguimento di una laurea generalista e poi sulla frequenza della Scuola di specializzazione, ora si colloca subito nel quadro di una formazione professionale fortemente orientata e caratterizzata.
In che modo?
La professionalità docente viene costruita fin dal percorso accademico con formula 3+2. Ora però, rispetto alla precedente formazione specialistica, è molto più centrata sulle competenze disciplinari legate alla didattica che non a una formazione di tipo psicopedagogico com’era prima, che prescindeva però dalle discipline attinenti l’insegnamento.
Fin dall’università, insomma, si studia come insegnare.
Sì, perché dopo la laurea triennale c’è un approfondimento della didattica disciplinare e delle materie connesse alla funzione docente, con annessi crediti in ambito psicopedagogico e sociologico. La formazione viene offerta oggi nel quadro delle facoltà esistenti, e domani in quello predisposto dalla riforma universitaria.
La commissione ha messo mano al disegno arrivato dal governo?
PER CONTINUARE L’INTERVISTA CLICCA >> QUI SOTTO
Sì. Il disegno originario del governo prevedeva, rispetto alla formazione degli insegnanti di scuola dell’infanzia e di scuola primaria, un percorso unitario quinquennale: la Commissione ha suggerito di recuperare la specificità dell’insegnamento nella scuola dell’infanzia, prevedendo eventualmente un biennio comune e la possibilità di conseguire la doppia abilitazione. Il rischio era quello di sacrificare la specificità della scuola d’infanzia, e di veder appiattito l’insegnamento nella primaria su quello dell’infanzia.
Ci sono altri elementi di novità?
Il percorso unitario per abilitarsi all’insegnamento della scuola dell’infanzia e della scuola primaria è per la prima volta quinquennale, mentre finora i percorsi di Scienze della formazione sono stati di 4 anni. Un’altra differenza rispetto al passato è che per insegnare nella scuola secondaria di I e II grado il tirocinio si fa dopo aver conseguito l’abilitazione della laurea magistrale, dunque comincia dopo il 3+2. L’anno di Tirocinio formativo attivo (TFA) viene svolto nelle scuole con la supervisione dell’università.
A questo punto, quale iter avrà il Regolamento?
Ora si aspetta il parere della Commissione del Senato, dopodiché il governo dovrà riscrivere il Regolamento tenendo conto delle osservazioni espresse dalla Commissioni parlamentari. E siamo a giugno. Si potrebbe finire entro luglio, ma sarà difficile che per il prossimo anno accademico possano già partire i corsi di laurea magistrale. Ci auguriamo invece che possano partire i TFA, colmando il vuoto legislativo che di fatto si è verificato dopo la chiusura delle SISS, e offrendo l’opportunità di rientrare a tutti quei laureati che avevano conseguito la laurea triennale a scadenza del ciclo per l’ammissione alle vecchie scuole di specializzazione. Colgo anche l’occasione per dire che quello dei TFA sarà un modo per agevolare quei docenti che già insegnano da 360 giorni senza abilitazione.
Ritiene possibile l’accesso all’anno di tirocinio degli insegnanti in servizio, non abilitati, con un equo riconoscimento del servizio svolto, oppure questi dovranno ricominciare tutto da capo?
Nel parere abbiamo posto delle condizioni: prevedere di poter accedere a questi tirocini previo superamento di una prova orale, e tener conto in graduatoria d’accesso, con un sussidio maggiorato, del tempo e dell’esperienza maturati nella scuola. A queste condizioni quegli insegnanti potranno sicuramente accedere.
Sarà possibile avviare dal prossimo autunno, se non le nuove lauree, una fase transitoria che permetta ai neolaureati in discipline attinenti l’insegnamento di poter acquisire l’abilitazione?
PER CONTINUARE L’INTERVISTA CLICCA >> QUI SOTTO
Sì e sempre attraverso il TFA. Questa è la via transitoria e abbreviata.
Sarà garantito un giusto equilibrio tra scuola e università nella gestione del tirocinio pre-esame?
Penso che con tutti gli accorgimenti che abbiamo indicato nelle condizioni e nelle osservazioni sarà possibile riequilibrare la bilancia, che sembrava effettivamente favorire l’università, e sono fiduciosa che questo possa avvenire. Il “bollino blu” all’insegnamento d’ora in poi verrà dato nelle scuole accreditate dove si svolgerà il TFA obbligatorio.
Governo e associazioni non sono d’accordo sul numero effettivo dei docenti non abilitati che hanno svolto almeno 360 giorni nella scuola. Quanti sono esattamente, e cosa fare di loro, se non li si abilita adesso?
Nella relazione tecnica che ha accompagnato il provvedimento alle Camere si è parlato di 190mila docenti. In un documento successivo che mi è stato consegnato in quanto presidente di Commissione e che ho reso pubblico durante il dibattito, si parlava di 208mila docenti privi di abilitazione. È chiaro che se dovessimo far accedere tutti questi docenti vanificheremmo il percorso della laurea magistrale. Sono però fiduciosa che si potrà agire nei limiti che sono stati posti nel nostro parere, senza tuttavia precludere la strada a possibili “scorciatoie” per i docenti non abilitati che da due anni sono nella scuola.