Il ddl Gelmini sulla riforma dell’Università è passato al Senato. Molte le novità che saranno introdotte dal ddl Gelmini, se riceverà l’ok anche alla Camera

Il ddl Gelmini sulla riforma dell’Università è passato al Senato con 152 voti a favore, 94 contrari , e 1 astenuto. Molte le novità che saranno introdotte dal testo, se riceverà l’ok anche alla Camera. A cominciare dalla permanenza in carica dei rettori. Questi non potranno governare l’Ateno per più di 8 anni, ed al Senato accademico sarà data facoltà, qualora sussista una maggioranza di almeno tra quarti, di sfiduciarlo. Netta la distinzione, poi, tra in compiti di Senato e Cda, al momento pressoché sovrapponibili, in certi casi, mentre in altri il Cda funge unicamente – di fatto – da organo di ratifica delle decisioni assunte in Senato. Al Senato spetterà l’incarico di effettuare proposta di natura scientifica, mentre il cda avrà, in via esclusiva, il potere di decidere su spese e assunzioni. Le facoltà, poi, non potranno essere più di 12 per Ateneo, mentre i settori scientifico-disciplinari, attualmente 370, saranno dimezzati.



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Associati e ordinari, per diventare tali, dovranno partecipare ad un’abilitazione nazionale, e della commissione faranno parte anche docenti stranieri. Ai prof, inoltre, sarà imposto l’obbligo di certificazione della propria presenza a lezione, e 350 ore almeno saranno dedicate all’insegnamento. Dopo i 70 anni, poi, un docente non potrà più insegnare. Obbligo di pensione. Un‘altra norma intende porre fine all’epoca dei ricercatori a vita. Dopo un periodo di tempo determinato, il ricercatore sarà valutato dall’Ateno. Se ritenuto idoneo, sarà assunto a tempo indeterminato come associato. Altrimenti dovrà chiudere definitivamente i rapporti con l’università, ma godrà di titoli utili per i concorsi pubblici.



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