Avevo già scritto sulle pagine della rubrica “Il Sussidiario dei lettori” le mie considerazioni circa la tragica storia accaduta e filmata all’asilo “Cip e Ciop” di Pistoia, salito agli “onori” della cronaca e additato da tutti come caso limite, più unico che raro, di una realtà serena e rosea che normalmente accoglie i bambini di varie età. Ma la realtà è ben diversa ed oggi la radio ci riporta nuovamente alla presa di coscienza di un altro caso di registrazione filmata di “correzioni” decisamente strane per essere giudicate educative.
Questa volta accade a Genova, presso la scuola materna san Gottardo. La notizia trapela nel cuore dell’estate quando speravamo di non sentire più parlare di fatti del genere. Così dunque titola un noto quotidiano nazionale, dove trovo la notizia dopo che ne ha trattato il notiziario radio Rai Uno, aggiungendo che la dirigente scolastica era all’oscuro di tutto e non aveva il benché minimo sospetto dell’esistenza di problemi tra le sue docenti, due delle quali con quasi quarant’anni di onorato servizio. Ma anche questo aspetto è un copione già visto.
Ebbene: «Tre maestre indagate per maltrattamenti. “Solo metodi educativi ben collaudati”». Così prosegue l’ennesimo articolo che deve far riflettere le Istituzioni: “Sberle, strattoni e calci ripresi dalle telecamere dei carabinieri. Interrogate, hanno respinto ogni accusa, ma alle maestre più anziane sono contestati 8 episodi ciascuna. Avrebbero usato metodi bruschi, dando sberle, strattoni, in un caso calci ai bimbi. La più giovane deve rispondere di tre episodi, nei quali la presunta vittima è un bimbo di tre anni che in un caso sarebbe stato anche costretto a una posizione innaturale dalla donna per impedirgli di svegliare gli altri bimbi assopiti per il riposino pomeridiano. Le donne ieri, secondo quanto trapelato, di fronte al gip hanno rigettato tutte le accuse, sostenendo di non avere mai sottoposto i bambini a violenze. I video, secondo loro, sarebbero stati male interpretati e le violenze sarebbero invero frutto di metodi educativi ben collaudati. Per le tre donne, di cui due hanno una lunga esperienza ed una è appena passata di ruolo, il pubblico ministero ha chiesto l’interdizione dal lavoro per due mesi”.
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Eccoci quindi in presenza di un nuovo e non isolato fatto eclatante nonché al penoso cospetto di persone con molta probabilità affette da disagio mentale professionale (DMP) non riconosciuto in tempo, non curato e neppure lontanamente individuato da chi ha il dovere di salvaguardare la salute di tutti gli attori della scuola: il dirigente scolastico. Tuttavia, a sua volta, nessuno ha mai provveduto a informarlo e formarlo adeguatamente a riconoscere i segni e sintomi premonitori, quelli che regolarmente precedono gli episodi gravi e irrimediabili. Non è uno psicologo né uno psichiatra e tuttavia deve essere adeguatamente capace di riconoscere, prevenire e gestire il rischio di logoramento mentale da stress lavoro correlato (SLC). Deve imparare come attivarsi in tempo seguendo la recente normativa del Testo Unico.
In particolare ne è esposto chi esercita le professioni di aiuto: tra queste si annovera quella dell’insegnante di ogni ordine e grado, e in Italia come all’estero si riscontrano sempre più casi di psicopatie, suicidi e altre “follie”. Inutile e controproducente puntare l’indice sulle ignare educatrici, vittime della loro stessa passione educativa, del mare di energie profuse negli anni, ma nemmeno sull’inconsapevole dirigente scolastica alla quale nessuno ha mai imposto un serio aggiornamento sulla sicurezza nei posti di lavoro. O, meglio, qualcuno l’ha preparata a gestire le emergenze anti incendio senza sapere che il vero fuoco è quello che brucia l’anima (burnout) proprio di chi ama la scuola, forse troppo! E che ha perso quella sana capacità di autocritica e giudizio senza accorgersi di andare, giorno dopo giorno, anno dopo anno, alla deriva.