Il periodo che va all’incirca dalla metà di luglio alla fine di agosto, si sa, è generalmente povero di notizie che riguardano il mondo della scuola, a prima vista immerso nel tradizionale letargo estivo.
In realtà, sotto la superficie delle apparenze spensierate e vacanziere, c’è un brulicare di preoccupazioni e attività che coinvolgono famiglie e scuole, sebbene su piani diversi: la formazione delle classi, gli organici del personale, le difficoltà economiche per programmare le attività, i ricorsi contro le “sentenze” degli scrutini di fine anno, la decisione su cosa fare – talvolta drammatica – da parte degli alunni bocciati, i corsi di recupero, ecc.
Lo stesso Ministero, poi, non “dorme”, ma utilizza spesso il periodo estivo per prendere o preannunciare decisioni che, in altri periodi dell’anno, susciterebbero aspre polemiche e polveroni mediatici.
È forse per questo che è passato abbastanza inosservato quanto il ministro Gelmini ha arditamente affermato in occasione dello svolgimento delle interrogazioni parlamentari a risposta immediata del 14 luglio u.s. In tale occasione, il Ministro ha ribadito a chiare lettere la “necessità che il Ministero attivi tutte le iniziative utili per realizzare concretamente il principio della libertà di scelta educativa”, abbandonando “un approccio ideologico, una sorta di contrapposizione che troppe volte ha animato il dibattito in materia scolastica fra scuola statale e scuola paritaria”.
Si tratta di affermazioni “pesanti”, che, se trovassero concreta applicazione in precise scelte legislative, rivoluzionerebbero e rilancerebbero il nostro malconcio sistema nazionale di istruzione: la ripresa del sistema scolastico italiano – è ormai evidente – può passare solo attraverso la realizzazione di una piena autonomia gestionale che accomuni scuole statali e paritarie, sia in ordine alle risorse economiche che alla libertà educativa e di arruolamento del corpo docente. E ciò – come ha sottolineato lo stesso ministro – per “mettere in campo tutte le iniziative utili per garantire ai nostri ragazzi una buona scuola, indipendentemente dal fatto che sia statale o paritaria”.
In tal senso, può essere condivisibile anche l’intenzione espressa dal ministro Gelmini di “rivedere e di immaginare un adeguamento della legge n. 62 del 2000, che in alcuni punti appare lacunosa o comunque non in linea con l’attuale processo di sviluppo del sistema scolastico e formativo”.
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Bisogna fare attenzione, però, perché non accada che – pur con le migliori intenzioni – si finisca per peggiorare una legge che, pur con tutti i limiti che la caratterizzano (soprattutto di natura economica), tuttavia ha permesso l’affermarsi del riconoscimento (almeno sul piano formale) del valore pubblico del servizio offerto dalle scuole paritarie, dando una motivazione in più, stavolta di tipo giuridico, alle correnti politiche trasversali oggi favorevoli a una piena attuazione della libertà di scelta educativa.
Perché si possa mettere mano alla legge 62/2000 senza correre il rischio che “un certo” statalismo, ancora persistente anche nelle attuali scelte ministeriali, ne condizioni il testo, è dunque necessario che tale processo avvenga con il concorso diretto delle realtà che sono impegnate in prima linea nell’ambito della parità scolastica, prime fra tutte le associazioni che fanno parte della Commissione Parità del MIUR.
Non sappiamo se si tratta solo di esternazioni estive o di reali intenzioni, saranno i prossimi passi del Ministro a chiarirlo. Ma se c’è una concreta intenzione di sostenere lo sforzo della società civile affinché i nostri giovani possano appassionarsi all’avventura della conoscenza, questa non può che passare innanzitutto attraverso il consolidamento degli esigui finanziamenti previsti (e poi tagliati!) per le scuole paritarie. E, già su questo banco di prova, la situazione appare abbastanza in chiaroscuro…Anzi, più scuro che chiaro.
Se può rassicurare, infatti, la conferma del ripristino dei 130 milioni di euro per il 2010 (di cui però è assolutamente urgente l’erogazione), meno confortante appare la successiva affermazione che il Ministero “non è ancora in grado di stabilizzare negli anni il contributo previsto per le scuole paritarie”. Eppure, lo stesso ministro ha riconosciuto che “il problema delle risorse si risolve cercando innanzitutto di ottimizzarne l’impiego e di favorire un utilizzo più virtuoso”.
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Il grande risparmio che le scuole paritarie garantiscono allo Stato (circa 6 miliardi di euro l’anno) costituisce già una risposta chiara a tale problema: incrementare la possibilità di far crescere la scuola paritaria costituisce una rapida e concreta possibilità di ottimizzare l’impiego delle risorse a favore di tutto il sistema scolastico italiano.
Se è vero – come è vero – che un allievo che frequenta una scuola paritaria costa allo Stato 584 euro, mentre un allievo che frequenta la scuola pubblica ne costa 6.116, cosa si aspetta per adottare quei provvedimenti che libererebbero risorse a favore di tutto il sistema nazionale di istruzione? Perché attendere ancora, se non per un’ irragionevole avversione ideologica che ancora alberga anche fra le fila di una parte della compagine governativa?
Come è stato affermato da più parti e a più riprese, gli strumenti adeguati esistono e sono facilmente realizzabili: dote scuola, deduzioni/detrazioni a favore delle famiglie, stabilizzazione e incremento dei finanziamenti già in atto, quota capitaria, ecc.
Dopo quanto affermato dal Ministro durante l’interrogazione parlamentare, sarebbe davvero spiacevole (e sospetto) che la crisi in atto diventasse una nuova scusa per non adottare alcun provvedimento; è proprio la crisi, infatti, che chiede un’urgente razionalizzazione delle risorse e nuovi investimenti in capitale umano.
In questo senso, parità e autonomia possono rappresentare un importante fattore di sviluppo per tutta la società, eliminando nel contempo quelle discrepanze che – a dispetto delle positive affermazioni di principio – non permettono poi alle famiglie di scegliere realmente per i propri figli il modello educativo che desiderano.