È già nota la vicenda della scuola di Adro recentemente inaugurata ed intitolata a Gianfranco Miglio, illustre docente dell’Università Cattolica e ideologo, per la verità in parte ripudiato, della Lega Nord. La bella scuola, come tutti gli osservatori l’hanno definita, è ricca di simboli che a detta di alcuni sono celtici e per altri più banalmente stemmi di partito. Ma non è di questa materia, assai spinosa, che voglio parlare. La mia è una considerazione, “a margine”, che riguarda il rispetto delle procedure, delle norme e delle autonomie, di quella locale comunale, certamente, ma anche di quella della istituzione scolastica. Il fragore delle polemiche politiche ha oscurato questi aspetti,che però sono tutt’altro che secondari. Vediamo perché.
La dedica dell’istituto scolastico al compianto professor Miglio è quanto meno illecita sotto due punti di vista. Il primo: una norma specifica e vigente, la Legge 23 giugno 1927, n. 1188 relativa alla “Toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei”, stabilisce, al primo comma, che “Nessun monumento, lapide od altro ricordo permanente può essere dedicato in luogo pubblico od aperto al pubblico, a persone che non siano decedute da almeno dieci anni”. Ora è a tutti noto che il professor Miglio è mancato il 10 agosto 2001 e che pertanto non sono decorsi i prescritti 10 anni. Pertanto non potevasi, direbbe un giudice, dedicargli una scuola.
Il secondo aspetto, a mio parere ben più importante perché mette in discussione l’assetto istituzionale, attiene alle competenze delle autonomie, in particolare a quella delle scuole, che autonome sono per la legge Bassanini del 1997, ma specialmente per la Carta costituzionale così come emendata nel 2001 con la Legge Costituzionale n. 3. È da allora che l’Autonomia scolastica è iscritta nella legge fondamentale dello Stato.
È bene ricordare che la Circolare Ministeriale del 12 novembre 1980, n. 313, ha cercato infatti di “disciplinare, con disposizioni amministrative, le modalità da seguire per l’intitolazione di scuole (e di aule scolastiche e di altri locali interni) allo scopo di evitare il ripetersi di quesiti da parte delle istituzioni scolastiche e degli Uffici periferici e di superare la ricorrente incertezza di comportamenti”.
Tale norma stabilisce chel’intitolazione della scuola viene deliberata dal Consiglio di Circolo o di Istituto, sentito il Collegio dei Docenti. Le competenze generali del consiglio di circolo o di istituto previste dall’art. 6 del DPR 416 del 1974 (uno dei famosi decreti delegati che innovarono profondamente la scuola) portano a considerarlo l’organo legittimato a deliberare nella materia. Si stabilisce inoltre che “La deliberazione è successivamente inviata al Provveditore agli studi (oggi Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale), che acquisisce le valutazioni del Prefetto e della Giunta comunale. Acquisite le valutazioni del Prefetto e della giunta comunale, se gli stessi sono favorevoli, il Provveditore agli studi (direttore generale) emana il decreto di intitolazione inviandolo poi integralmente alla scuola e al Ministero (Direzioni Generali, Ispettorati e Servizio competenti)”.
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Ma c’è di più. La circolare prevede anche la possibilità di un conflitto di opinioni tra gli enti e i soggetti coinvolti e precisa che “Se le valutazioni del Prefetto e della Giunta comunale o anche una sola di esse, non fossero favorevoli, la deliberazione è rinviata al direttore didattico o preside (oggi dirigente scolastico) per un riesame da parte del consiglio di istituto. Se quest’ultimo conferma la propria deliberazione, il Provveditore agli studi emana il decreto di intitolazione, a meno che, sentiti nuovamente il Prefetto e la Giunta comunale, non ravvisi elementi di particolare gravità (es.: intitolazione a persona che, per fatti compiuti in violazione della legge penale e dell’ordine costituzionale, sia suscettibile di determinare nella scuola, o fuori della scuola, elementi di turbativa per la convivenza civile) tali da consigliare la definitiva restituzione della deliberazione al consiglio di circolo o di istituto per la sostituzione del nominativo”. Val la pena anche di ricordare che è anche possibile modificare una intitolazione precedentemente deliberata, seguendo per intero la procedura descritta dal suo inizio.
È del tutto evidente, quindi, se i fatti sono accaduti come raccontato dai giornali, che l’iniziativa della Giunta Comunale di Adro ha prevaricato e leso le competenze del Consiglio di Istituto, del Collegio dei docenti e del direttore generale dell’USRL cui spettano il compito di proporre e quello di decidere la dedicazione della scuola e stupisce il fatto che nessun organo dell’amministrazione pubblica o scolastica abbia eccepito in merito. Ma è necessario riflettere anche sulla natura delle autonomie e sui loro confini. Parafrasando una definizione di libertà, direi che l’autonomia di un ente finisce dove comincia quella di un altro. La scuola non è ancella di nessuna istituzione né teatro di manifestazioni o iniziative che altri impongono, passando sopra la volontà dei docenti, dei genitori e, nei modi rispettosi, anche degli studenti.
Sarebbe bello quindi che si ricominciasse daccapo, rispettando le regole. Perché “non è mai troppo tardi”, come direbbe quel grande uomo di scuola che fu Alberto Manzi.