Per risolvere il problema dei precari bisogna rimettere al centro la questione dell’offerta formativa nella scuola. E’ la proposta dell’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, di fronte allo sciopero della fame degli insegnanti senza un’occupazione sicura. Ma nella ricetta di Berlinguer c’è anche l’idea che le graduatorie vadano sostituite con nuove forme di reclutamento, trasferendo inoltre alle Regioni le risorse per contribuire a migliorare la formazione e sottraendo il problema educativo al dominio incontrastato del ministero dell’Economia.
Quanto è effettivamente grave la situazione dei precari della scuola e dove inizia invece la «strumentalizzazione» denunciata dal ministro Gelmini?
Innanzitutto, bisogna avere rispetto per tutte le persone che soffrono per problemi legati al loro lavoro: di sicuro lo sciopero della fame non è una scelta che si fa per ragioni strumentali. Il dato di fatto è che la piaga del precariato nel mondo della scuola esiste da noi, ma non in altri Paesi europei. E quindi il problema va affrontato in modo deciso per trovare una soluzione.
E in che modo è possibile farlo?
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Detto in modo rozzo una soluzione sarebbe quella di abolire le graduatorie, bandire di volta in volta tutti i posti vacanti in modo da coprirli tutti, e riaprire i bandi una volta che si sono liberati nuovi posti di lavoro. Occorre puntare su nuove forme di reclutamento, diverse da quelle dettate in passato dal ministero dell’Economia per risparmiare: oggi non avrebbe più senso. Se si fa capire al mondo dei precari che si vuole lavorare per risolvere insieme i loro problemi, questo faciliterebbe moltissimo i rapporti con gli insegnanti che oggi stanno protestando. Uno dei primi problemi che l’ex ministro all’Istruzione, Beppe Fioroni, ha avuto l’intelligenza di affrontare è la piaga del precariato, che ha avviato a soluzione, anche se non ha avuto il tempo di completare l’opera iniziata.
Ritiene che se avesse avuto più tempo a disposizione, ci sarebbe riuscito?
Sì, e questo avrebbe portato grandi benefici per tutti. Il problema dei precari non riguarda infatti solo gli insegnanti, ma l’intera vita della scuola. I continui trasferimenti e movimenti creano incertezza per gli stessi studenti e genitori e sono una situazione da superare. Anche se la soluzione andrebbe fatto nel contesto di una trasformazione radicale dell’offerta formativa, che parta dal chiudere le aule scolastiche.
In che senso?
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L’aula tradizionale va sostituita da laboratori, dipartimenti, lavoro di équipe e forme di tutoraggio. Un’articolazione dell’offerta formativa di questo tipo elasticizza la vita scolastica e rende necessario reclutare un numero maggiore di insegnanti. Senza investire il cuore dell’offerta formativa della scuola, non si risolverà mai il problema dei precari. La cui legittima protesta si concentra solo su un segmento del problema. L’offerta formativa non può essere basata solo su un insegnante, ma su più soggetti che concorrono all’educazione dello studente.
Noi pensiamo ancora alla scuola come a un sinonimo di banco, cattedra, libro di testo e quaderno, quando l’Oxford english dictionary ha deciso che non ci sarà più un dizionario cartaceo ma solo in formato digitale. Il numero dei testi presenti on-line ha superato abbondantemente quelli cartacei, il pomeriggio gli insegnanti utilizzano le nuove forme di comunicazione elettronica. Anche la condizione del docente è qualcosa che cambia di continuo. La sua funzione non deve essere più quella ottocentesca legata alla trasmissione del sapere, ma quella di sostegno all’apprendimento dello studente.
Che cosa possono ancora fare le regioni alla luce del titolo V della Costituzione e della legge cosiddetta «salva precari» dello scorso anno?
Se hanno dei finanziamenti, possono offrire occasioni di lavoro agli insegnanti attraverso un arricchimento dell’offerta formativa. Ma il federalismo fiscale ha un senso se i titolari del potere decentrato hanno i soldi per realizzare le cose. Purtroppo invece non c’è mai stato un momento come oggi in cui Regioni, Province e Comuni sono stati privi delle risorse necessarie.
(Pietro Vernizzi)