Caro direttore,
i recenti interventi di Luisa Ribolzi e Giovanni Cominelli pubblicati su questo giornale rappresentano una sollecitazione a rendere serrato il confronto sulla valutazione dei docenti così che si trovi la soluzione più ragionevole e non succeda, come spesso nella scuola, che le cose si impongano per forza di inerzia. Con la proposta di premiare gli insegnanti più meritevoli il ministro Gelmini ha posto una questione reale. Non è adeguata la soluzione proposta, ma valorizzare il merito è una questione di vita o di morte per la scuola. Io, docente, voglio essere valutato, voglio che vengano identificate le forze e le debolezze del mio lavoro quotidiano; una valutazione seria di quello che faccio ne libererebbe tutte le potenzialità e sarebbe un bene per i miei studenti. Da anni invece accade che le logiche sindacali appesantiscono la professione docente, spesso asservendola a scopi che nulla hanno a che fare con l’educazione.
Urge trovare la strada per valorizzare realmente gli insegnanti meritevoli, molti soldi sono stati spesi invano in questi anni, è tempo di darli a chi fa qualcosa di utile in campo educativo. La sperimentazione proposta dal ministro Gelmini, se ha il pregio di aver sollevato la questione, ha però il fiato corto, rischiando di essere autoreferenziale – o con Dirigenti scolastici che premiano gli insegnanti più ligi o con collegi che valorizzano quelli più conformi al parere della maggioranza.
Identificare gli insegnanti meritevoli non è semplice ed implica più fattori, e non solo quelli immediatamente più visibili. Bisognerebbe tener conto anche del grado di soddisfazione di genitori e studenti, come del resto non sarebbe secondario poter misurare l’incidenza degli studi scolastici sul lavoro e sull’università. Che poi a far questo seriamente ci voglia una valutazione esterna è un’altra semplice verità, a condizione che sia una valutazione non quantitativa né normativa, ma una valutazione capace di cogliere le caratteristiche della professione docente. Il ministro Gelmini ha operato in modo sbrigativo, sia pure in via sperimentale, pensando che fossero sufficienti un Dirigente scolastico e due professori per identificare il merito.
Speriamo che l’errore commesso non ributti indietro la questione di anni come è già successo con il concorsone di Berlinguer. Speriamolo, perché il problema è serio e necessita soluzioni ragionevoli. Per questo il ministro Gelmini, al posto di passare da Ufficio provinciale a Ufficio provinciale sperando di trovare chi aderisca alla sua sperimentazione, dovrebbe cambiare politica. Vuole il ministro fare una sperimentazione su quale sia il miglior sistema di valutazione del lavoro dei docenti? Ebbene lo faccia, ma seriamente! Dia alle scuole che lo vogliano la possibilità di mettere in atto una procedura di valutazione dei docenti e poi ne verifichi l’efficacia con un valutatore esterno.
Vista la delicatezza e la decisività della questione, un anno di sperimentazione reale – impegnando i docenti a pensare a soluzioni e a verificarle – potrebbe essere utile.
Un modo semplice per impegnare il mondo della scuola a risolvere i problemi che lo caratterizzano. E che si possano finalmente valorizzare gli insegnanti che lo meritano; questo sarebbe un bel passo in avanti verso una scuola che metta al centro l’educazione e la sua efficacia.