Il nostro tempo educativo è spesso avviluppato in una singolare contraddizione: da una parte la sopravalutazione delle metodologie, dalla cui applicazione dovrebbero discendere in modo quasi automatico il miglioramento educativo e scolastico, e dall’altra la sottovalutazione di quella che si potrebbe individuare come la variabile “U” e cioè degli interventi educativi consegnati alle persone e dunque affidati alle qualità umane.  



È come se fossimo prigionieri di una gabbia di pregiudizi che impediscono di esplorare quella che è la dinamica profonda dei processi educativi e che dipende dalla capacità delle persone con responsabilità educative di essere “credibili” e “significative”, capaci di proposta e non solo occasionali compagni di viaggio. Adulti, in una parola, in grado – prima di essere genitori o professori di italiano o matematica – di essere adulti veri. Si tratta di una evidenza talmente scontata da risultare addirittura banale, eppure raramente emergente, per esempio, nei dibattiti scolastici. 
   
Pesa in questi discorsi il sospetto di moralismo. Il moralismo, beninteso, è una brutta piaga e, in questo caso, guasta ciò che costituisce invece il segnavia per cogliere il senso profondo e misterioso della realtà quotidiana. Per contenere questo rischio dobbiamo certamente esplorare in che modo è possibile ritessere in modo aderente al nostro tempo concetti impegnativi e densi di risvolti pratici come educazione, autorità, libertà, maestro, dovere, ma questa esigenza non può essere aggirata, cancellando semplicemente il problema.



Il volume di Felice Nuvoli, docente di pedagogia nell’Università di Cagliari, apparso recentemente (L’autorità della libertà, Torino, Sei, pp. 242, euro 11,50) si propone proprio di entrare nel vivo di tali questioni, senza timore di essere contro corrente rispetto a tutto ciò che oggi è giudicato “politicamente corretto”.

Esso punta al cuore del problema educativo: come educare alla libertà? Nuvoli si inoltra in uno dei temi più complessi, diciamo pure spinosi, riguardanti i comportamenti educativi: quale rapporto sussiste tra l’autorità e la libertà? Fin dove finisce la libertà dell’individuo che cresce e fin dove è lecito intervenire con l’autorità dell’educatore credibile? Il destino dell’autorità è sempre quello di rischiare la deriva autoritaria oppure c’è anche un’autorità capace di essere “educativa”, un’autorità necessaria a far crescere?



È facile immaginare le obiezioni di quanti ritengono che i problemi dell’apprendimento e dell’educazione si possano risolvere mediante l’attuazione di procedure ben oliate: cosa c’entrano libertà, autorità, educazione con i risultati scolastici? Con il funzionamento della scuola, con la sua organizzazione, con la preparazione dei docenti? C’entrano – e come – perché, ad esempio, la scuola è prima di tutto consegnata all’intelligenza umana, alla capacità di motivare gli allievi, di sostenerli nello sforzo di apprendimento, di correggerli ogni qual volta se ne presenti l’opportunità.
 

Nel suo denso e piacevole saggio Nuvoli chiarisce in modo esemplare il senso da attribuire alla parola libertà. Essa viene presentata come la manifestazione più alta dell’“umano”, ma a condizione – come scrive – che la libertà di “realizzare se stessi” non pretenda di fare a meno del “nostro limite ontologico”. Quando questo accade la libertà si perde nel sogno irreale, nell’incapacità di vivere e di misurarsi con la realtà, fino al punto da disprezzarla o odiarla perché ostacola i nostri desideri. In questi casi l’esito è quello dell’inquietudine esistenziale, come se si fosse perso il contatto con qualcosa di vitale.  
    Perché la “libertà di essere” si possa realizzare nell’esperienza quotidiana c’è bisogno di adulti capaci di amare, di occuparsi in modo continuo dei rispettivi figli e allievi, di destinare il loro tempo a loro, in una parola adulti capaci di essere educatori autentici, appassionati e credibili: soltanto la passione educativa e la credibilità dell’educatore e la sua coerenza (non le cose che dice, ma le cose che fa) rappresentano garanzie affidabili.

Nuvoli non propone ricette semplici da applicare: suggerisce piuttosto al mondo degli educatori di interrogarsi a quali condizioni essi possono effettivamente aiutare allievi e figli a conquistare la pienezza della vita adulta.
    In una profetica pagina scritta circa mezzo secolo fa Hannah Arendt così individuava una delle ragioni della crisi dell’educazione contemporanea: la diffusa convinzione che esista “un mondo di bambini e una società di bambini autonomi da lasciare all’autogoverno dei bambini stessi: gli adulti non dovrebbero occuparsene se non nel consentire di fare come i bambini vogliono e mettere in atto iniziative per evitare il peggio”.

L’autorità della libertà, proposta da Nuvoli come l’itinerario per l’educazione virtuosa ancora capace di parlare ai giovani del nostro tempo va in una direzione esattamente opposta: è la libertà che sa fare i conti con la realtà, la libertà che non si libra nel vuoto del sogno o dell’irrealtà, la libertà che si esprime sempre in funzione del compimento del soggetto, della sua felicità, della suo misurarsi con la verità. E’ precisamente attraverso questa via che si può battere quel relativismo educativo che, a giudizio di molti, costituisce la ragione prima della crisi dell’educazione del nostro tempo.
Ci sono tanti modi per concorrere a restituire all’idea di educazione il ruolo che le spetta anche in un mondo nel quale qualche volta sembra che stiano venendo meno tutte le certezze. Uno di questi è di affidarsi a letture utili, come nel caso del volume di Nuvoli, per chiarire concetti, orientare opinioni, promuovere iniziative. Il messaggio del volume è promettente: l’educazione (quando è davvero buona educazione) si annoda sempre alla fiducia che non cessa di sperare nell’uomo.