La sentenza del Tar del Lazio che ha ammesso con riserva circa 400 precari alla prova preselettiva per il concorso dei dirigenti scolastici contribuisce ad accrescere la tensione attorno a questo concorso che finalmente, anche se troppo tardi e con una certa superficialità amministrativa e giuridica, il Miur ha deciso di bandire.
Prima di esprimere qualche considerazione sulla sentenza del Tar, è legittimo manifestare profonda preoccupazione per la sorte della scuola italiana a partire dal prossimo anno scolastico: posto che il concorso, prima o poi, si riesca ad effettuare, se la graduatoria non sarà pronta per luglio 2012, nell’anno scolastico 2012/13 circa 5.000 istituzioni scolastiche italiane saranno senza dirigente titolare, lasciando la scuola italiana sempre più nel caos, ostaggio di un sistema di “reggenze” che ormai non “regge” più.
Nelle motivazioni della sentenza del Tar si fa riferimento all’indirizzo seguito da tempo dalla Corte di giustizia europea in tema di equiparazione tra servizio prestato con contratto a tempo indeterminato e contratto a tempo determinato per quanto riguarda la partecipazione a pubblici concorsi. Se così era e se l’orientamento della Corte di giustizia europea è stato confermato, da ultimo, dalla sentenza dell’8 settembre 2011 nel procedimento C-177/10, perché nel DPR 140/2008 – Regolamento sul reclutamento dei dirigenti scolastici – si è mantenuto, come requisito per la partecipazione, il servizio di almeno cinque anni con contratto a tempo indeterminato? Per evitare rischi non si poteva prevedere una preselezione solo per titoli?
Queste, al momento attuale, possono sembrare (e forse lo sono) solo recriminazioni: ora il Miur dovrà fare i conti con la sentenza del Tar che apre (come si legge su qualche sito di organizzazioni sindacali e professionali) scenari inquietanti a breve e a lungo termine.
A breve termine si paventa un rinvio della procedura concorsuale con le conseguenze che abbiamo già illustrate. Ma quel più preoccupa sono i possibili sviluppi futuri: una volta stabilito che, oltre alla laurea (in questo caso in qualsiasi disciplina), il requisito per la partecipazione è rappresentato da cinque anni di servizio comunque prestato quale docente in una scuola statale, si potrà aprire la strada ad altri ricorsi.
Infatti, considerato che la dirigenza scolastica costituisce un’area a parte non più inserita nel comparto scuola e quindi, in un certo senso, slegata dalla professione docente, ci aspettiamo qualche sentenza della Corte di giustizia europea che ammetta ai concorsi per DS quanti provengono anche da altri settori della Pubblica amministrazione, con altre nefaste conseguenze per il nostro sistema scolastico.
Per entrare nel merito del commento trionfalistico del presidente dell’Anief che ha promosso i ricorsi, ci permettiamo qualche considerazione. Nessuno, men che meno chi scrive avendo alle spalle una lunga esperienza di docente prima, preside poi e, infine, dirigente scolastico, afferma che l’insegnamento dei precari è di serie B, mentre quello dei docenti a tempo indeterminato è di serie A. La questione non va vista nell’ambito dell’insegnamento puro e semplice, ma di un insegnamento che si coniuga con l’esperienza di partecipazione alla gestione dell’istituzione scolastica: la designazione a collaboratore del Dirigente scolastico ed a funzione strumentale, per fare solo un paio di esempi, tocca normalmente a docenti di ruolo e non ai precari. Se in ogni attività umana logica vuole che l’esperienza conti qualcosa, anche per la selezione dei dirigenti scolastici riteniamo che questa figura debba continuare a provenire dal mondo della scuola e che nella sua selezione fin dalle prime fasi sia dato il giusto peso alle esperienze maturate nella gestione dell’istituzione scolastica.
In ogni caso non ci resta che attendere come si evolveranno i fatti, nella speranza che alla fine risultino vincitori dei dirigenti che sappiano effettivamente dirigere una scuola: con tante situazioni di segno diverso che sono sotto gli occhi di tutti, questo sarebbe già un bel risultato.