La CGIL sta raccogliendo le firme contro il fatto che una Prova Nazionale sia inserita nell’esame al termine della scuola secondaria di primo grado e conti nel punteggio.

Se si fanno però i conti,  pare che questa povera prova contribuisca solo con un 17% a determinare il voto complessivo dell’esame. Dunque, non pare che si tratti di una percentuale tale da sconquassare tutti i giudizi ben preordinati di una benintenzionata ed indulgente commissione. Certo, il livello che ne esce fotografato costituisce una  spia dei reali apprendimenti degli studenti almeno in alcune aree base: il che dovrebbe servire anche a calmare i bollenti spiriti e gli entusiasmi degli insegnanti, qualora, come in certe parti d’Italia, volessero abbondare negli “ottimo”. Attendiamo in proposito i dati aggiornati del Servizio Statistico del MIUR. Infatti, se uno si volesse ancora una volta convincere che le valutazioni interne italiane non sono attendibili, dovrebbe dare un’occhiata alle “Anticipazioni di alcuni dati sul sistema di istruzione-integrazione e sostegno”, rilasciate all’inizio dell’ ottobre 2011 dal Servizio Statistico del MIUR. Con il solito approccio scandalistico, i giornali e i politici si sono buttati sulla faccenda dell’occultamento della percentuale di bocciati che smentirebbe le linee imposte dal Ministro in fatto di votazioni e chiusa lì. Subito dopo, le incresciose vicende della prova selettiva dei dirigenti scolastici hanno indirizzato, al solito, lo sguardo sui problemi di chi lavora nella scuola e non sui risultati che esso produce.



Ma fra quelle poche tabelline ne spunta alla fine, dopo un po’ di anni, in via finalmente ufficiale, e fuori dalle effimere polemiche estive sui 100 e lode di Crotone, una intitolata “Votazioni riportate all’Esame di Stato A.S. 2010/2011 (“distribuzione % regionale”). Dalla quale viene confermato quanto pioneristicamente INVALSI aveva già iniziato a rilevare qualche anno fa. In fatto di “lodi”, tutte le regioni del Nord sono sotto l’1% e la Lombardia (prima in PISA 2009) è ultima con lo 0,4%. In cima alla classifica stanno la Puglia con l’1,6% e la Calabria con l’1,5%. Tallonate dalla Sicilia con lo 0,9 e dalla Campania e dalla Sardegna con lo 0,8. Più modesta e realista al solito la Basilicata con lo 0,7%. Manca nella tabellina la  media generale dei voti che nelle precedenti statistiche INVALSI vedeva sempre in testa Calabria o Campania, ma la tendenza è già ben delineata da questi primi dati. Inutile ricordare che questo ordine di arrivo è l’inverso non solo di quattro edizioni PISA, ma anche dei risultati del Servizio Nazionale di Valutazione sulle prove  di seconda classe della  superiore tenutesi nel maggio 2011.



Forse si capisce allora meglio che tutta questa agitazione sulla – in fondo – innocua Prova Nazionale in terza media ha sullo sfondo l’avanzare a lentissimi, ma inesorabili passi, di una simile Prova Nazionale anche per l’Esame di stato finale. Difficile comprendere però come si voglia la botte piena e la moglie ubriaca: mantenimento del valore legale del titolo di studio ed inattendibilità dei risultati dell’Esame.

Ma c’è anche un altro aspetto. Tutti i benintenzionati invocano standard, certezze minime cui aggrapparsi per dare un minimo di attendibilità a quanto la scuola dice sui suoi allievi. E qui non si tratta, si badi, di obbligare tutti a leggere Leonardo Sciascia piuttosto che Giorgio Montefoschi, ma di far riflettere sulla inderogabile necessità di mettere la “h” davanti alla “a”.



Le prove servono da indicatore stradale, anche se non hanno la benedizione di esperti ministeriali (viste le ultime vicende forse non è un così gran male) addetti alla definizione dei suddetti mitici standard. Ed il fatto che siano inserite in un esame di non grande ricaduta pratica come quello di terza media dovrebbe facilitare la loro accettazione. Perchè comunque, essendo collocate in un contesto per il nostro Paese fortemente simbolico come quello di un esame, corrono di meno il rischio di finire nei cassetti nell’80% dei casi, come continua notoriamente a capitare ai risultati delle prove del Servizio Nazionale di Valutazione.

Il sindacato sembra difendere degli insegnanti, quasi che il loro interesse fosse quello di  non far piena luce sui risultati del proprio operato. In questo modo,  al contrario, ne deteriora l’immagine e di conseguenza ne compromette anche la condizione normativa ed economica.

Discutere a viso aperto e con competenza di aspetti delle prove che eventualmente non si condividano (e ce ne possono essere, altroché) è probabilmente un atteggiamento professionale più dignitoso.