Da un rapporto di Eurostat sull’istruzione nell’Unione europea nel periodo 2000-2009, emerge che quasi la metà degli insegnanti nelle scuole primarie di Germania, Svezia e Italia ha oltre 50 anni. Nel 2009, il Paese con la maggior percentuale di maestri che avevano superato la soglia dei 50 anni, tra i 27 della Ue, era la Germania, con il 49,3%, seguita dalla Svezia (48,1%) e dall’Italia (44,8%). La media per l’intera Ue a 27 era però sensibilmente più bassa: 28,6%, perché soprattutto nei Paesi neocomunitari gli insegnanti di questo livello di scuola sono mediamente assai giovani.



Che cosa ostacola il ricambio generazionale dei docenti nella scuola italiana? Certamente un sistema di arruolamento quale è il nostro – ingessato, eccessivamente burocratizzato e sindacalizzato – non aiuta. Come hanno scritto alcuni giorni fa su Ilsussidiario.net Giorgio Vittadini, Tommaso Agasisti, Vittorio Campione e Giuseppe Catalano, “nella tradizione del nostro sistema scolastico è scontato che le scuole debbano reclutare i propri docenti attraverso una graduatoria (non una lista) di abilitati. In questo modo, le scuole non possono effettuare scelte di merito sulla composizione del corpo docente e sul piano formativo; accade piuttosto il contrario, con i docenti in testa alla graduatoria (tipicamente, quelli con più anzianità di servizio) che possono decidere dove insegnare”.



E poiché le graduatorie generalmente sono affollatissime, è difficile che i più giovani riescano a farsi spazio ed entrare stabilmente nella scuola. La situazione di stallo in cui si trova il processo di attuazione dei TFA per l’abilitazione all’insegnamento, poi, che permetterebbero a molti di questi di proporsi all’interno del sistema di istruzione, sicuramente aggrava il problema.

Come uscirne? La proposta articolata dai già citati autori (“separare, concettualmente ed operativamente, i momenti e le forme dell’abilitazione da quelli del reclutamento. Il Ministero dovrebbe definire le procedure per l’abilitazione mediante titoli e curriculum su scala regionale. Alle scuole, invece, andrebbe attribuita la responsabilità della selezione dei docenti all’interno delle liste degli abilitati, con modalità trasparenti e flessibili definite ex ante”) è sicuramente meritevole di attenzione e comprovata da buoni risultati là dove, seppure in un quadro normativo leggermente diverso, è stata già realizzata.



Nelle scuole paritarie, infatti, non essendo obbligati ad attingere alle graduatorie per l’arruolamento, gli enti gestori selezionano le domande pervenute alle scuole in base ai titoli e poi, attraverso dei colloqui in cui si valutano le caratteristiche umane e professionali dei candidati, scelgono i docenti. Talvolta si tratta di docenti molto giovani, magari senza grande esperienza, però pieni di desiderio e motivazioni, oltre che disponibili a fare un preciso cammino di formazione.

Il risultato – fermo restando che si può sempre sbagliare nella scelta, poiché nessuno è infallibile – è che l’età media dei docenti è decisamente più bassa di quella della scuola statale, ma soprattutto che all’interno degli istituti scolastici si respira un clima “frizzante”, di forte dinamismo e passione educativa.

E allora è possibile leggere testimonianze come quella di una maestra presso la scuola primaria “Spallanzani” di Sant’Antonino di Casalgrande, che alla fine di un percorso didattico sulla natura con i suoi alunni ha scritto: “il vero onore è stato per me lavorare con questi bambini e vederli con gli occhi spalancati su tutto il mondo, pronti a paragonarsi anche ad un piccolo semino, scoprendone così l’infinita grandezza”. Oppure come quella di un genitore che scrive: “Soprattutto come mamma mi sento veramente di dire un doveroso grazie alla nostra preside che si è data tanto da fare perché veramente ha a cuore i nostri ragazzi e un grandissimo grazie anche a quegli insegnanti che ora fanno lezione al pomeriggio: non certo per la paga di fine mese, quella l’avrebbero avuta tutti. Essi sono mossi da una grande passione educativa e fanno per i nostri figli ciò che farebbero per i propri: cercano di dare il meglio”.

Oppure, ancora, come quella di una docente ad una collega più anziana: “Carissima, volevo ringraziarti per avermi dato l’opportunità di venire con te. Con saggezza e un amorevole sguardo verso i ragazzi hai saputo farmi vedere quanto valgono ma anche le loro fragilità; mi hai dato una nuova prospettiva che mi aiuterà molto a lavorare con loro. Sapevo che erano simpatici ma non conoscevo ancora il loro cuore; mi sono divertita ma anche emozionata nel vederli così trasparenti. Venerdì ho percepito che per loro era stato importante quello che hanno visto, ma soprattutto essere stati accettati ed aver avuto l’opportunità di scegliere e partecipare alle decisioni. Pochi adulti perdono tempo con loro e li abituano a prendere decisioni. Che peccato….! Ho imparato molto da te e da loro e continuo ad imparare, grazie tante di cuore”.

Sono solo alcuni dei tanti esempi che si potrebbero fare, per confermare quanto la letteratura e l’esperienza, oltre all’Ocse (Education at a Glance 2011), hanno evidenziato: alla base della qualità dell’istruzione vi è la qualità dei docenti.

Per riformare davvero il nostro sistema scolastico, pertanto, occorre affrontare il nodo del reclutamento dei docenti in modo innovativo. Le esperienze che possono fare da “apripista” esistono già: non bisogna fare altro che riconoscerle, valorizzarle ed estendere la medesima possibilità – in un’ottica di reale autonomia – anche alle scuole statali con adeguati provvedimenti normativi, seppure con quella prudenza e gradualità che un cambio di direzione così radicale rende necessario.

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