Con una nota del 17 novembre il Miur comunica che lo svolgimento delle due prove scritte del concorso per dirigenti scolastici avverrà il 14 e 15 dicembre 2011 su tutto il territorio nazionale. Difficilmente potremo calare un velo pietoso sulla discutibile opzione di preselezionare i futuri Ds mediante quiz. Pur tuttavia, coloro che hanno superato la prima prova si apprestano a sostenere la seconda che prevede, tra l’altro, la “soluzione di casi” sui quali i candidati dovranno argomentare.
È probabile che il Miur abbia già predisposto l’analisi dei casi di contenzioso ricorrenti in ogni scuola sui quali dimostrare abilità di gestione, ma ritengo doveroso segnalare un aspetto reale, seppure pervicacemente e pericolosamente sottovalutato, in costante crescita: il DMP (disagio mentale professionale) degli insegnanti di ogni ordine e grado. Attualmente si attesta al 49,8% la percentuale degli insegnanti con patologie psichiatriche.
Com’è noto dal 1° gennaio 2011, i datori di lavoro, pubblici e privati, hanno l’obbligo di esaminare le fonti di rischio da stress e di inserirle nella valutazione del rischio aziendale, secondo quanto stabilito dalle linee guida approvate da una apposita Commissione istituita presso il ministero del Lavoro e in applicazione al decreto legislativo 81/2008 sullo stress lavoro correlato.
Legittimo domandarsi con quali strumenti e grazie a quali competenze specifiche riusciranno a riconoscere e gestire i “casi clinici”, presenti in tutte le scuole, senza adeguata preparazione. Nel caso di ipotetico sospetto disagio mentale, anche i nuovi Ds ricorreranno agli scongiuri o al solito metodo del trasferimento coatto per incompatibilità ambientale? Valuteranno di attendere la visita ispettiva peggiorando la prognosi del malcapitato/a? O riterranno meglio sanzionarli peggiorando il quadro clinico e la situazione, ormai sfuggita loro di mano? Grazie a quali conoscenze e competenze specifiche potranno stabilire come, quando e perché inviare un docente, “presumibilmente” affetto da disturbi psicofisici, a visita medico collegiale allo scopo di tutelarne la salute e contemporaneamente l’incolumità dell’utenza? Considerato che la legislazione c’è, essi dovranno rispettarla: affermazione lapalissiana, se non fosse che l’“ignoranza” in materia è ampiamente documentata, ma si preferisce reiterare la prassi passando la patata bollente e/o lavandosene le mani. Col placet delle istituzioni.
L’art. 28 del DLgs. 81/08 prevede che il dirigente scolastico “effettui la valutazione di tutti i rischi da stress lavoro correlato, inclusi quelli connessi alle differenze di genere ed età”. Ciò si aggiunge ai “doveri di adeguata formazione/informazione, in orario di lavoro, sui rischi specifici cui il lavoratore è esposto in base all’attività svolta”, esplicitati negli artt. 15 e 37 del suddetto decreto. I rischi psicosociali (stress lavoro-correlato), una volta individuati, devono essere enunciati nel Documento di Valutazione dei Rischi, indicando le contromisure atte a contrastarli.
Due recenti ricerche nazionali sul tema del DMP negli insegnanti hanno messo in evidenza l’impreparazione dei dirigenti scolastici a gestire il fenomeno DMP, nonché l’errata attitudine dei docenti che considerano l’invio in Commissione medica di verifica (CMV) quale atto di mobbing del dirigente nei loro confronti, anziché iniziativa volta a tutelare la salute del lavoratore che è tenuto obbligatoriamente a formarsi sul rischio di DMP (art. 20 del DLgs. 81/08).
La formazione dei dirigenti scolastici in materia di tutela della salute dei lavoratori è inoltre posta in capo all’amministrazione scolastica (c. 1, art. 6 DM 382/98) che deve provvedere affinché i capi d’istituto ricevano le giuste indicazioni per l’applicazione del Testo Unico sulla tutela della salute nei posti di lavoro. A loro volta i dirigenti sono tenuti a informare i docenti sui loro diritti e doveri, tra cui la possibilità di richiedere un accertamento sanitario al Collegio medico di verifica per motivi di salute, e come eventualmente ricorrere avverso il provvedimento del collegio medico (art. 37 del DLgs. 81/08) alla Commissione medica ospedaliera di II istanza. Gli artt. 55 e 59 del DLgs. 106/09 prevedono infine le sanzioni cui saranno soggetti rispettivamente il datore di lavoro inadempiente e il lavoratore che non partecipa alla formazione aziendale in materia di tutela della salute sul lavoro.
Qualcuno si chiederà se esistono segnali premonitori. Sì. E il Ds deve saper coglierne segni e sintomi, visto che gli spetta anche il ruolo medico-legale relativo al DPR 171/2011.Il docente in grave crisi potrebbe “esplodere” e causare danni a sé e all’utenza ignara del rischio di logoramento professionale. Nel tempo più o meno lungo e con gli anni, l’ affaticamento fisico ed emotivo diviene particolarmente evidente. L’atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali si accentua. Il sentimento di frustrazione per mancata realizzazione delle proprie aspettative si coglie – spesso palesemente, ma anche in modo subdolo – nella spiccata propensione alla conflittualità. A questo punto la perdita del controllo degli impulsi potrebbe essere imminente e la crisi psicotica pure, magari in classe, come più volte accaduto. Ne conseguono i guai derivanti dalla non corretta gestione preventiva. Il Ds che non ha acquisito strumenti adeguati si troverà a dover trattare con una specie di “mina vagante” che rischia di compromettere gravemente il clima dell’intera scuola.
Perché dunque pre-occuparsi del disagio mentale professionale degli insegnanti? Un recente studio rileva che il 27% di essi ha ammesso di aver perso il controllo almeno una volta. I disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti, fanno fondatamente presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica, temporanea o permanente, al servizio in cattedra. Occorre monitorare periodicamente il corpo docente con adeguata preparazione e tempismo. Ogni Ds dovrebbe imparare a tabulare le osservazioni sistematiche dei suoi docenti per agire prima che accada il fatto eclatante di perdita del controllo. A quel punto “agganciare” il/la malcapitato/a diverrà un’impresa titanica e il datore di lavoro corre il rischio di essere anche denunciato per azione di mobbing quando decidesse, a tutela dell’insegnante stesso, di inviarlo/a a visita medico collegiale (Cmv) per l’opportuna verifica e l’adeguata ricognizione delle condizioni di salute psicofisiche.
Sono trascorsi sei anni dalla consegna del dossier Scuola di follia, la cui prefazione era stata finemente elaborata dall’ex ministro Tullio De Mauro, nelle mani dell’allora direttore generale Giuseppe Cosentino da parte della sottoscritta, quale semplice coautore di quel testo. Che contiene, tra l’altro, la ricostruzione documentata di trenta casi clinici paradigmatici di una piaga sociale rimossa, accuratamente scelti tra migliaia, minuziosamente commentati dagli esperti, allo scopo di fornire strumenti di lettura sinottica. È altresì del 13 dicembre 2005 l’emanazione dell’imprimatur ministeriale a firma del dirigente Luigi Calcerano che recita testualmente: “È indispensabile cogliere, analizzare, porre l’attenzione su tutte quelle situazioni che possono condurre ad un disagio ma, soprattutto, adoperarsi per porre in essere iniziative che aiutino gli insegnanti a svolgere il loro delicato ruolo: educatori. Questo ufficio si adopera affinché questo avvenga […]. È interesse di questo Ufficio collaborare ad ogni iniziativa volta a prevenire e contrastare il fenomeno del disagio che vede i docenti coinvolti vivere situazioni di difficoltà con colleghi, dirigenti scolastici, studenti […]”.
Un appello al neoministro Francesco Profumo affinché ponga urgentemente rimedio alla preoccupante lacuna formativa e fornisca capillarmente indicazioni in merito.