Tra l’anno scolastico 2004/2005 e il 2010/2011 si è verificato un cospicuo incremento degli iscritti alla scuole paritarie rispetto a quelle pubbliche. Le prime, nel caso della scuola primaria, hanno visto un aumento dell’8% degli studenti, contro l’1,8% delle seconde; nelle secondarie di primo grado, il rapporto è 12,3% contro l’1,1%; nelle secondarie di secondo grado, infine, 7,3% contro 0,2%. Secondo il quotidiano la Repubblica il trend, in fondo, è determinato da una sola ragione: i tagli alla scuola. Che avrebbero provocato una serie di effetti nefasti quali: l’aumento drastico del numero di studenti per classe; l’incapacità di seguire in maniera congrua i ragazzi disabili; uscite anticipate o entrate ritardate a causa della mancanza di personale. Tutto questo, nelle scuole private, non succede. Del resto – è il concetto di fondo – basta pagare. Giovanni Cominelli, esperto di politiche scolastiche, spiega a ilSussidiario.net che le cose stanno in maniera ben diversa. «La prima richiesta che i genitori rivolgono alla scuola – dice – è quella di un luogo sicuro per i propri figli; non solo dal punto di vista fisico (ovvio che si pretende, ad esempio, che il tetto non cada…), ma nella prospettiva delle relazioni umane e sociali dei ragazzi. Chi ha un figlio teme che, spesso, nella scuola statale non sarà seguito in maniera adeguata. Ha paura che, in sostanza, resti solo, in balìa di se stesso». Secondo Cominelli, «tra le caratteristiche specifiche del progetto educativo delle scuole paritarie – anche se, ovviamente, non di tutte – vi è proprio l’attenzione alla persona. Il genitore, in genere, esige per il figlio un’adeguata “protezione educativa” da parte dell’insegnante. Un’esigenza che precede quella dell’apprendimento. Tanto è vero che, molto spesso, alcune famiglie decidono di mandare i figli alle paritarie affrontando molti sacrifici».



Resta da capire se tali attenzioni discendono da una maggiore ricchezza. «Il problema non è di soldi, ma di motivazione degli insegnanti e di organizzazione del lavoro. Nella scuola pubblica, infatti, nonostante tutti i tagli, circolano ancora un sacco di soldi. Ma che vengono spesi male, sprecati, spesso, in progetti fumosi dalla dubbia utilità per gli studenti. La scuola paritaria, in condizioni analoghe, ha maggiori capacità di realizzazione del progetto educativo». C’è da dire poi che le risorse finanziarie di una scuola paritaria, in genere, non sono commensurabili a quelle di una scuola statale. «Tali risorse, infatti, la paritaria deve procurarsele. Va detto inoltre che, mentre per gli studenti della scuola statale si spendono 7-8 mila euro a testa, per quelli delle paritarie il costo si aggira attorno ai 5mila. Con la differenza che la percentuale che lo Stato versa in questo secondo caso, rispetto al costo complessivo, è irrisoria. La famiglia deve accollarsi tutte le spese».



Si direbbe che siamo tra i pochi, almeno in Europa, a versare in una simile situazione. «In Francia, dove le paritarie sono il 20 per cento, è lo Stato a pagare gli insegnanti. Come in Svezia, in Germania, e nella maggioranza dei Paesi europei, dove i ragazzi sono considerati titolari di un investimento pubblico. Per cui, vale il principio secondo il quale gli studenti hanno a disposizione una certa somma per la propria educazione che i genitori potranno decidere di investire nel tipo di scuola che maggiormente ritengono opportuno». 

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