Che Beatrice Masini fosse una grande scrittrice per ragazzi, era un dato che non aveva bisogno di conferma. Numerosi sono i suoi libri che ci hanno affascinato. Solo con un cane, il romanzo per ragazzi in libreria per Fanucci non fa eccezione.
La sua scrittura delicata riesce a dipingere la realtà facendocela toccare quasi con mano, la possiamo respirare, annusare. Lo vediamo già dal felicissimo incipit, in cui ci parla dei gelsomini che un re cattivo ha deciso di bandire dal suo regno: “Cominciò con i gelsomini. Il gelsomino è un piccolo fiore bianco, profumatissimo, che somiglia a una stella. È un rampicante, audace e tenace; le sue piccole mani di foglia si arrampicano sui muri come artigli, e lì restano avvinghiate, ma è anche dolce e delicato; inutile coglierlo, basta il tocco di un dito per sciuparlo”.
Miro – protagonista di questa storia che inizia subito con l’editto di un re che come abbiamo visto bandisce il gelsomino, ma poi continua col voler uccidere tutti i cani del suo regno – ha dieci anni e il suo amico Tito, tre. Tito è il suo cane, quello che ha bisogno di aiuto, quello che deve essere salvato, quello che non può cadere sotto il capriccio di un sovrano malvagio, quello per cui piuttosto si scappa. I genitori accettano infatti di far partire i due insieme, per uscire da un regno diventato impossibile e ricongiungersi appena possibile in un luogo più felice, dove la politica non pone imperativi disumani.
La storia è questo cammino, di Miro e Tito; una fuga da, senza aver chiaro per dove. Un viaggio in due, attraverso prove difficili, fino al finale imprevedibile e sorprendente.
Leggendo la fascetta che ricopre il volume – “un libro per chi ama i cani. Per chi ne ha sempre desiderato uno, per chi l’ha avuto e ha rischiato di perderlo” – sono stato colto dal timore di trovarmi di fronte all’ennesimo libro animalista in cui gli esseri umani passano in secondo piano, in cui vi è una confondente indistinzione fra uomo e animale. Per il credito che davo all’autrice ho però vinto questa iniziale resistenza e ho aperto il libro. Sono bastate le prime righe sui gelsomini, per farmi continuare.
Il bambino, come avevo intuito, resta l’unico, vero protagonista della storia. Tito davvero gli fa compagnia, possiamo considerarlo quasi un coprotagonista – tanto che possiamo persino immedesimarci nei suoi pensieri – ma resta sempre in subordine a Miro.
Il bambino della Masini è un bambino vero che dentro una storia fantastica fa i conti con tutto ciò che i bambini veri si imbattono: la fame e la sete, la stanchezza, il pericolo, la disperazione e la paura. Non c’è nessuna idealizzazione, nessun paradiso perduto dell’infanzia. Queste realtà difficili infatti si materializzano davanti a lui, si oggettivano in incontri inevitabili, come accade a tutti i bambini prima o poi, seppur in forma più o meno drammatica. Eppure a tutto c’è soluzione, questi fantasmi non dicono l’ultima parola, perché c’è un compagno.
Questo raccolgo dal romanzo: non si fa mai tutto da soli, a volte basta un cagnolino che occupi temporaneamente e in modo imperfetto quel posto che è proprio di un altro uomo, grande o piccolo che sia.
Nessuno è solo con un cane, sembra dirci la Masini. Nessuno può considerarsi solo se ha almeno un cane, ci indica. Seguo volentieri il suo pensiero: nessuno è solo se si affeziona a un cane, perché significa che riesce a pensare il posto del compagno, quel posto che è occupabile di volta in volta dagli altri benefici che nel reale si possono incontrare. Amici con cui giocare, trafficare, litigare e fare pace. Nessuno è mai solo, rincaro io: nemmeno un eremita nella sua caverna. Basta che si pensi in rapporto con un altro, magari lontano, magari che verrà. Esattamente ciò che Miro, come ogni altro bambino che sta bene, conosce e pratica. In una meravigliosa apertura verso l’universo di cui noi grandi dovremmo far memoria.