L’Invalsi ha pubblicato il Rapporto nazionale Pisa 2009, finalizzato ad appurare le competenze in lettura, matematica e scienze degli studenti quindicenni italiani. L’indagine, promossa dall’Ocse e realizzata dall’Invalsi, è tornata nell’ultima edizione a valutare le abilità nella literacy in lettura, cioè la capacità degli studenti di comprendere e utilizzare l’abilità propria maturata nella lettura dei testi. Il sussidiario ha parlato dei primi risultati emergenti con Laura Palmerio, responsabile dell’indagine Ocse-Pisa 2009. «C’è stato un miglioramento, soprattutto rispetto al 2006 e soprattutto in matematica e in scienze» – spiega Palmerio. «Il miglioramento si è registrato soprattutto in matematica e in scienze. In questi ambiti, non solo è aumentato il punteggio medio (+17 punti in matematica, +13 punti in scienze), ma sono anche diminuiti gli studenti sotto il livello 2 (i cosiddetti low performers) e sono aumentati gli studenti molto bravi (i cosiddetti top performers)».
Nelle anticipazioni pubblicate nel dicembre scorso, Invalsi metteva in evidenza il miglioramento dei dati italiani, soprattutto in alcune aree. Questi dati risultano confermati dall’approfondito Rapporto Nazionale appena pubblicato?
Sì, in effetti c’è stato un miglioramento, soprattutto rispetto al 2006 e soprattutto in matematica e in scienze. Per quanto riguarda la lettura, ambito principale di questa rilevazione, va tenuto conto che il confronto più attendibile è quello con la rilevazione del 2000, anno nel quale la lettura era allo stesso modo ambito principale. Rispetto al 2000, dunque, non si registra alcun miglioramento, né con riferimento al punteggio medio, né con riferimento alla percentuale di studenti che si collocano sotto il livello 2, ovvero il livello base di competenza. Se invece consideriamo il confronto con l’ultima rilevazione, quella del 2006, anche in lettura si osserva un miglioramento. Dal 2000 al 2006, infatti, si era registrato un calo progressivo della performance, che invece, nel 2009, è risalita ai livelli del 2000. Livelli che, occorre ricordare, sono comunque sotto la media OCSE. Questo miglioramento, inoltre, non è distribuito uniformemente in tutto il territorio nazionale.
Quali sono le caratteristiche fondamentali di questo miglioramento?
Come accennavo prima, il miglioramento si è registrato soprattutto in matematica e in scienze. In questi ambiti, non solo è aumentato il punteggio medio (+17 punti in matematica, +13 punti in scienze), ma sono anche diminuiti gli studenti sotto il livello 2 (i cosiddetti low performers) e sono aumentati gli studenti molto bravi (i cosiddetti top performers). L’Italia è l’unico paese OCSE nel quale i top performers in scienze sono aumentati, ma la percentuale di questi studenti resta ancora sotto la media OCSE.
E dai dati e dalle vostre analisi è possibile evincerne dei fattori in qualche misura determinanti?
Per quanto riguarda i fattori determinanti che possono essere all’origine di questi cambiamenti, a questo livello di analisi è possibile formulare solo delle ipotesi. Saranno necessarie analisi più approfondite e studi ad hoc per comprendere quali siano stati realmente i fattori determinanti. Sicuramente, rispetto al passato, le caratteristiche delle prove Pisa sono ora molto più conosciute dagli insegnanti e, trattandosi di prove molto articolate, che sollecitano la riflessione e altri processi cognitivi utili nell’applicazione delle conoscenze per la soluzione di problemi quotidiani, i docenti le apprezzano particolarmente, soprattutto nell’ambito di una didattica sempre più interessata allo sviluppo di competenze.
Il dato su cui si è maggiormente puntata l’attenzione nelle indagini precedenti è quello della differenza fra Nord e Sud, successivamente confermata anche dai risultati del Servizio Nazionale di Valutazione. La situazione in proposito è rimasta immutata? Quali cambiamenti sono eventualmente intervenuti e con quali caratteristiche?
Anche i dati Pisa 2009 confermano il divario fra Nord e Sud. Si sono però verificati alcuni cambiamenti: il miglioramento, infatti, si è registrato soprattutto al Sud (anche se non in tutte le regioni), mentre al Nord soltanto gli studenti del Nord Ovest hanno ottenuto un punteggio più alto rispetto alle precedenti rilevazioni. In sostanza, quindi, il divario permane ma si restringe, soprattutto rispetto al 2006.
Finora le prestazioni dei quindicenni del Centro sono sempre rimaste in ombra, poiché le Regioni di quest’area del paese non hanno mai finanziato rapporti aggiuntivi. Perciò Pisa 2009 presenta la grande novità di mettere in chiaro, in modo anche regionalmente differenziato, la loro realtà. Che analisi se ne possono trarre? In particolare, qual è il rapporto fra livello dello Status Economico Sociale e livello degli apprendimenti in questa parte di Italia?
L’area del Centro si caratterizza come “centrale” anche dal punto di vista della performance degli studenti, la cui media, infatti, si colloca fra quella degli studenti del Nord e quella degli studenti del Sud. Al suo interno, tuttavia, le regioni si differenziano: il Lazio è la regione che ottiene risultati più bassi rispetto alle altre; infatti questa regione si colloca in linea con la media italiana, ma sotto la media Ocse, mentre Marche, Toscana e Umbria non si differenziano in modo significativo dalla media Ocse. Per quanto riguarda la relazione fra status socio-economico e risultati di performance, va detto che il Centro si caratterizza per un indice socio-economico più alto rispetto alle altre macroaree geografiche, mentre la relazione con i risultati è, al contrario, meno accentuata, sia rispetto alla media italiana, sia rispetto alle altre macroaree.
Nel rapporto nazionale Pisa 2003 una delle parti più interessanti e più riprese dalla pubblicistica successiva riguardava il diverso livello dei voti (confrontato con i risultati Pisa di pari livello) fra Nord e Sud Italia. Nel 2009 questa domanda è stata riproposta nel Questionario studente. A quali conclusioni è giunta la vostra analisi in proposito?
Su questo aspetto non abbiamo ancora elaborato analisi specifiche. Questo come altri aspetti saranno oggetto di approfondimenti successivi.
A livello internazionale ed in particolare europeo uno dei terreni di maggiore novità sembra essere l’analisi degli esiti dei quindicenni non autoctoni di prima e di seconda generazione. Anche in Italia la percentuale di questi studenti che arrivano alle scuole superiori è oggi significativa. Quali elementi di interesse ha evidenziato in proposito la vostra analisi?
In Italia, la percentuale di studenti immigrati di prima e seconda generazione è in effetti aumentata in modo significativo rispetto al 2000 (anno in cui era praticamente meno dell’1%). Oggi questi studenti ammontano al 5,5%, ovvero poco meno della metà rispetto alla percentuale media Ocse. La maggior parte di essi sono di prima generazione, ovvero sono nati all’estero come i loro genitori, e molti si trovano in ritardo nel percorso scolastico o si inseriscono in percorsi di formazione professionale. Il dato maggiormente preoccupante è che i risultati degli studenti con status di immigrato (di prima e seconda generazione) si differenziano nettamente e negativamente da quelli dei loro colleghi nativi; fra essi, infatti, c’è una differenza pari a un livello di competenza (72 punti), e questa differenza è aumentata significativamente rispetto al 2000, segno di problemi nell’equità del sistema, testimoniati anche dall’aumento della differenza nei risultati fra le diverse scuole che ora è la più alta fra tutti i paesi Ocse.
Il Framework e le prove Pisa costituiscono da sempre per i sistemi scolastici una chiave di lettura di carattere didattico. Quali riflessioni inducono a fare i risultati dei nostri quindicenni che possano essere utili per l’attività delle scuole?
È una domanda alla quale è difficile rispondere in poche righe. Una possibile riflessione senza dubbio riguarda il problema della differenza di genere in lettura a favore delle ragazze; questo risultato potrebbe essere un punto di partenza per attività finalizzate a potenziare le competenze in lettura dei ragazzi, per stimolarli a leggere di più e in maniera più varia. Un altro risultato emerso riguarda la difficoltà relativa dei nostri studenti ad affrontare prove basate su stimoli che nel framework Pisa sono chiamati “testi non continui”, ovvero testi caratterizzati dalla presenza di grafici, tabelle, moduli, schemi; questo probabilmente è dovuto alla tradizionale scarsa attenzione a questo tipo di compiti nei curricoli nazionali e nelle attività scolastiche, che privilegiano i classici testi letterari. Nella vita quotidiana, tuttavia, questo tipo di competenza è fondamentale e meriterebbe maggiore attenzione, senza nulla togliere ovviamente all’importanza della lettura di testi “continui”.
Dopo Pisa 2006 l’Italia ha finanziato anche nel 2009 la somministrazione di un questionario ai genitori degli studenti campionati. C’è qualcosa di interessante che emerge dai suoi risultati?
I dati del questionario genitori saranno successivamente approfonditi. Per il momento vale la pena evidenziare il fatto che gli studenti i cui genitori hanno svolto regolarmente insieme a loro attività legate alla lettura, sia quando erano piccoli, sia all’età di 15 anni, ottengono risultati migliori rispetto agli altri, anche a parità di status socio-economico. Per gli studenti italiani, in generale, avere genitori che parlavano con loro quando erano piccoli di ciò che avevano fatto, raccontavano loro storie, leggevano libri insieme a loro e che ora discutono con loro di politica, cenano insieme a tavola e discutono con loro di come va la scuola, significa avere maggiori opportunità di riuscire bene in compiti di lettura.