È ormai del tutto evidente che occorre trovare una soluzione al problema del precariato nella scuola. Ma la discussione tutta incentrata sulle graduatorie è di per sé fuorviante.
La scuola, il reclutamento del personale non possono trasformarsi in una sorta di “graduatorificio” permanente, che genera ed amplifica ansie, tensioni ormai oltre ogni misura tollerabile in tante persone alle prese con punteggi da aggiornare, ricorsi e controricorsi, code presso gli uffici scolastici provinciali, attese in pieno agosto per una nomina che ogni anno termina ad agosto, per ripresentarsi a settembre, e soprattutto con una grande incertezza. Si tratta di migliaia di insegnanti e personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, che con il loro lavoro consentono il funzionamento della scuola. C’è una sorta di tassa aggiuntiva per i precari che fanno ricorso a master on line, studi legali, spostamenti di residenza.
Il nostro punto di vista è quello di un sindacato, la Uil, impegnato per porre fine a tutto questo, nel pieno rispetto delle aspettative e del riconoscimento del lavoro, del tutto legittimi. Sicuramente non è cosa facile, ma può aiutare il non ripercorrere gli errori commessi da chi ha avuto responsabilità politica nelle decisioni assunte. Proviamo a rispondere a poche semplici domande.
1. Da quanto tempo non vengono banditi concorsi per il reclutamento?
2. Chi ha assicurato, da precario, la copertura dei posti, per mancanza dei bandi, può essere “messo da parte”?
3. Quanto tempo è passato dal blocco delle SISS, senza aver attivato nessun percorso di formazione iniziale legato alla disponibilità dei posti e non foriero di aspettative troppo lunghe?
4. Perché non si sono stabilizzati contemporaneamente organici ed incarichi a tempo indeterminato, o pluriennali?



Tutto è andato nella direzione dell’instabilità. Occorre al contrario ricondurre l’insieme delle scelte ai principi di continuità e stabilità nell’attività didattica e nel lavoro.
Ci sono delle cose che andrebbero fatte subito, nel nome della continuità e della stabilità.

1. Immissioni in ruolo su tutti i posti vacanti in organico di diritto.
2. Concorsi per quelle discipline e in quelle province dove sono esaurite le graduatorie.
3. Legare il decreto sulla formazione iniziale a quello sul reclutamento, in coerenza con interventi legislativi più ampi.
4. Stabilizzare gli organici (pluriennali) e favorire stabilità con incarichi pluriennali (in fase di organico di fatto).
5. Prevedere nella fase transitoria della formazione iniziale e del reclutamento una riserva per chi ha assicurato con 360 giorni di servizio il funzionamento.
6. Stabilizzare le graduatorie.
7. Garantire la continuità per 3 o 5 anni, evitando ogni anno la ridefinizione dell’organico.



Come si vede, ciò che serve è un’autorevolezza politica di governo del sistema in grado di avere una coerenza di riferimento e di prendere decisioni su aspetti che vanno gestiti nel loro insieme; in sostanza, una vera politica scolastica anche nella gestione del personale.
Noi siamo impegnati per fare delle immissioni in ruolo una sorta di “apripista” per affrontare e risolvere il problema in via strutturale.
È fuorviante ipotizzare decisioni nord-contro-sud e viceversa. L’incertezza grava su tutto il territorio nazionale, con punte più “calde” dove la disponibilità di posti è maggiore e, per aspetti diversi, dove la carenza di lavoro è pressante; come è davvero fuori luogo pensare al precariato come terreno di scontro politico.
Sulla scuola servirebbe un’intesa che prefiguri tempi che vadano oltre la legislatura. Ora sul precariato, sulle immissioni in ruolo, c’è tutta una diretta responsabilità dell’attuale Governo che può determinare un’inversione di tendenza.
Sulla gestione dei decreti attuativi, il ministro dovrebbe aprire un confronto con i sindacati: è possibile individuare soluzioni di buon senso, equilibrate e rispettose delle norme. Sicuramente far decidere, in un clima di incertezze, confusione, agli studi legali, ai tribunali, alle pressioni particolari di natura politica, non solo non aiuta a risolvere ma amplifica gli effetti negativi del problema sociale.
La politica del giorno per giorno non aiuta. Il processo di modernizzazione della scuola richiede di puntare sul valore aggiunto della qualità e dell’impegno degli insegnanti. Precariato, incertezze, tagli lineari rappresentano il contrario di tale esigenza.