Una ormai non più recentissima polemica televisiva ha contrapposto platealmente al ministro Gelmini l’on. Enrico Letta, che l’ha accusata, documenti alla mano, di ignorare che il Def (Documento di economia e finanza 2011) prevedeva nuovi pesanti tagli nel triennio 2011-13 relativi alle spese per l’istruzione.
Si trattava di un falso clamoroso e consapevole. La lettura del Def obbliga a constatare che non sono al momento previsti “correttivi” aggiuntivi per gli anni successivi al 2013. Pertanto le tabelle relative all’anno 2012 e 2013 non sono previsioni di nuovi tagli, ma semplice quantificazione degli effetti automaticamente conseguenti ai tagli delle precedenti leggi finanziarie, che chiedevano al ministero dell’Istruzione la “restituzione” di circa 8 miliardi di euro.
Il nuovo Documento di economia e finanza per il 2011 sostituisce la Decisione di finanza pubblica e la Relazione sull’economia, previste dalla precedente disciplina contabile.
Infatti, la recente introduzione, a livello comunitario, di moduli decisionali ed operativi tesi a favorire, nell’ambito del cosiddetto “Semestre europeo”, “un più intenso coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri della Ue ed una più stretta sorveglianza in campo fiscale e macro-economico”, nonché la revisione dei contenuti e dei tempi di presentazione dell’Aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma, hanno “obbligato” il Parlamento italiano ad approvare la Legge 7 aprile 2011, n. 39, che ha apportato modifiche alla Legge di contabilità e finanza pubblica, per assicurare la coerenza della programmazione finanziaria delle amministrazioni pubbliche con le procedure e i criteri stabiliti in sede europea.
A seguito delle modifiche introdotte alla disciplina di bilancio, il Def diviene quindi il principale strumento della programmazione economico finanziaria, che ricomprende lo schema del Programma di stabilità e lo schema del Programma nazionale di riforma.
I contenuti specifici del Documento sono articolati in tre sezioni.
1. La prima sezione espone lo schema del Programma di stabilità, che dovrà contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell’Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull’attuazione del patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.



2. La seconda sezione contiene una serie di dati e informazioni che il Governo era in passato tenuto a fornire nell’ambito della Relazione sull’economia e la finanza pubblica e, in misura minore, nella Decisione di finanza pubblica. In questa sezione è previsto che siano individuate regole generali sull’evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l’esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell’andamento della spesa pubblica, anche attraverso la fissazione di tetti di spesa.
3. La terza sezione tratteggia lo schema del Programma nazionale di riforma (Pnr), recante gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell’Ue e dalle specifiche linee guida per tale Programma.
Il Pnr, che costituisce la più rilevante novità del Def, è un documento strategico che, in coerenza con il Programma di stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia “Europa 2020”.
Il quadro esposto evidenzia un trend di crescita dell’economia italiana meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nella Decisione di finanza pubblica presentata a settembre 2010. In particolare, per il 2011 il Pil italiano è stimato crescere ad un tasso dell’1,1 per cento rispetto all’1,3 per cento indicato a settembre.
Una crescita ancora modesta è indicata anche per gli anni 2012 e 2013, in cui il Pil è previsto, rispettivamente, all’1,3 per cento e all’1,5 per cento rispetto al 2 per cento stimato per entrambi gli anni nella Decisione di settembre.
Nel 2014 la crescita dell’economia italiana si attesterebbe all’1,6 per cento. Nel complesso, per il periodo post-crisi 2011-2014, si evidenzia un andamento positivo, in un quadro, tuttavia, di crescita lenta.
Non è pertanto consentito illudersi che queste cifre possano preludere ad una maggiore disponibilità di risorse finanziarie per il settore dell’istruzione, quale che sia il governo di turno, anche se il Pnr sottolinea l’importanza del capitale umano per una crescita duratura e l’impegno conseguente a favorire l’eccellenza e il merito fra i docenti e gli studenti.



Per limitarci alla scuola, si riprendono tutti i dati analitici fondamentali dei Rapporti Ocse sulla scuola italiana e i suggerimenti espliciti che ne sono venuti: razionalizzare il sistema, rinnovare i curricula, sviluppare la scuola digitale. Pertanto, si esprime un giudizio positivo sulle intenzioni di una riforma della scuola che valorizzi i processi di apprendimento, facilitando il passaggio da una scuola basata prevalentemente sulla trasmissione delle conoscenze ad una fondata sull’acquisizione di competenze, all’interno di un percorso di apprendimento continuo. Questo orientamento dovrebbe spingere nella direzione del superamento di uno dei “colli di bottiglia” – che sono oggetto del paragrafo II.2 – cioè quello del debole legame tra istruzione e mondo del lavoro. È una debolezza che rallenta e distorce la crescita delle persone e del Paese. Di qui, tra l’altro, la promozione dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Donde anche la sottolineatura della necessità di riconoscere le competenze acquisite attraverso percorsi formativi di carattere formale e non formale.
A questo punto, il Documento traccia un bilancio minuzioso delle politiche perseguite nel corso della XVI legislatura per l’istruzione scolastica, quali preannunciate nel Piano programmatico presentato dal Governo alle Camere nell’ottobre 2008, ai sensi dell’articolo 64 del DL 112/2008:
1. il riordino dei percorsi scolastici;
2. la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola;
3. la ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei Centri di istruzione per gli adulti, anche se l’iter del regolamento non è ancora concluso;
4. la prosecuzione dell’esperienza delle sezioni primavera;
5. l’adozione delle Linee guida conseguenti all’Accordo in Conferenza unificata del 16 dicembre 2010 per la realizzazione di organici raccordi fra percorsi degli istituti professionali e percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale;
6. l’avvio di progetti per l’innovazione digitale;



7. il nuovo Regolamento della formazione degli insegnanti (DM 249/2010);
8. la ridefinizione del sistema di valutazione degli studenti (DL 137/2008 e DPR 122/2009),
9. l’approvazione della legge 170/2010, volta a sostenere il successo scolastico degli alunni affetti da disturbi specifici di apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia) attraverso misure didattiche di supporto;
10. l’apprendistato come alternativa all’ultimo anno di obbligo scolastico (articolo 48, c. 8, legge 183/2010),
11. una nuova struttura del Sistema nazionale di valutazione (in forza dell’art. 2, comma 4-noviesdecies, del DL 225 del 2010 – legge n. 0/2011):
a) Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), cui competerà sostenere i processi di miglioramento e innovazione educativa, di formazione in servizio del personale della scuola e di documentazione e ricerca didattica;
b) Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione (Invalsi), cui competerà predisporre prove di valutazione degli apprendimenti, partecipare alle indagini internazionali, proseguire le indagini nazionali periodiche;
c) corpo ispettivo, cui competerà valutare le scuole e i dirigenti scolastici, ai sensi del d.lgs. 150 del 2009.
Resta, alle spalle, la filosofia dei tagli orizzontali: la ripartizione storica della spesa resta invariata, semplicemente si tagliano le punte di ciascun riparto. Sul piano meramente finanziario i conti cominciano a tornare. Ma è evidente che risparmi di qualità richiederebbero una revisione della ripartizione storica e un riequilibrio delle voci di bilancio a favore dei giovani.