La storia è una delle discipline a cui uno studente dovrebbe prestare grande attenzione per avere qualche carta in più da giocare ai  prossimi esami di stato. Una significativa preparazione in storia è importante per lo scritto di italiano, e non solo perché vi è una traccia storica, ma anche perché se uno studente scegliesse il saggio breve o l’articolo di giornale non potrebbe svolgerlo senza buone conoscenze storiche.



Del resto per le “tesine” che uno studente presenterà e per il colloquio la storia può essere un punto di forza. Il problema allora è come preparare il programma di storia in vista dell’esame di stato. Ci vuole un approccio sintetico, questa è la sfida di fronte a cui ogni studente si trova e che deve affrontare al meglio. Un approccio sintetico significa riprendere tutto quello che è stato svolto quest’anno e che riguarda il Novecento, uscendo da una logica cumulativa e approdando ad un punto di vista critico.



Lo studio della storia è un’occasione significativa per ogni studente di mettere alla prova la sua capacità di rielaborazione critica dei contenuti. Si può infatti andare all’esame di stato conoscendo quello che è accaduto nel Novecento, da Giolitti a Gorbaciov, ma questo non è sufficiente per fare un buon esame, ci vuole qualcosa di più, ci vuole un’intelligenza critica del Novecento, la capacità di cogliere l’umano dentro i fatti della storia, il suo anelito, come ha dato forma alla vita e ai drammi dei popoli. Per fare questo lavoro e per poterlo mettere a frutto durante l’esame è necessario prendere le distanze dalla modalità ideologica con cui viene oggi insegnata la storia.



Oggi molti insegnanti fanno ideologia della storia, partono da categorie interpretative e ingabbiano ciò che è accaduto. Non è questa la storia. La storia è l’umano che lotta per affermare la sua tensione, la sua energia incontenibile; la storia è l’esigenza di verità, di bellezza, di giustizia che segna i tentativi dei popoli; la storia è la drammaticità che caratterizza le vicende personali e sociali di un secolo.

Uno studente che voglia utilizzare la storia in modo significativo deve andare a scandagliare il Novecento alla ricerca dell’umano, sorprenderlo nelle pieghe dei grandi e dei piccoli avvenimenti. Così che se debba parlare in uno scritto di italiano della Costituzione non debba ripetere dei luoghi comuni, ma sappia cogliere come quella Carta cui ancor oggi facciamo riferimento sia nata dall’incontro tra uomini: uomini del mondo cattolico, con una forte tensione ideale tutta tesa a valorizzare le dimensioni della persona; uomini del mondo socialista e comunista, con una grande attenzione al lavoro e alla società; uomini dalla mentalità liberale, pronti a difendere le libertà nel nuovo stato in formazione. Una cosa è fare l’ideologia della Costituzione, altra cosa è andare a cogliere l’umano che l’ha scritta!

Ugualmente se uno studente fosse sfidato a giudicare i totalitarismi che nel Novecento hanno minacciato ripetutamente e in modo diverso la vita dei popoli non si fermerebbe a fare l’elenco delle caratteristiche con cui si sono manifestati, ma cercherebbe di cogliere dentro tanta oppressione e orrore il risveglio dell’umano, la sua capacità di affermarsi contro ogni forma di potere; come testimoniano esperienze affascinanti quali quelle dei giovani della Rosa Bianca, o dei ragazzi di Piazza Majakovskij, o del movimento dei senza potere di Charta 77.

Allo stesso modo, se il ’68 fosse oggetto di un elaborato scritto, o dovesse entrare nel percorso di una “tesina”, sarebbe decisivo non fermarsi ad una trattazione sociologica di quell’anno decisivo per la storia di tante generazioni, ma andare a cogliere il punto di verità da cui ha preso le mosse il movimento di protesta, che da Berkeley si è spostato nell’Europa occidentale, e poi vedere come ha inciso o è stato tradito nella storia.

È così che diventa interessante riprendere tutto il percorso del Novecento, andando a valorizzare  le tracce d’umano nel cui solco uno scritto, una tesina, un colloquio sono una occasione per diventare grandi.

In questa direzione il Novecento non è più solo lo studio dell’oppressione dello stato sull’uomo, diventa anche la possibilità di scoprire i tratti dell’umano che, inconfondibili, hanno segnato ogni momento della storia di questo secolo tanto contraddittorio quanto affascinante, perché tra le pieghe del suo svolgersi l’uomo ha preso più coscienza delle domande ultime che lo muovono. Se il Novecento si è aperto con l’annuncio di Nietzsche che “Dio è morto”, tutto il suo cammino è stato caratterizzato dal ritorno dell’umano: nelle trincee della prima guerra mondiale, sotto i colpi spietati dei totalitarismi, nella devastazione della seconda guerra mondiale, nella faticosa e indefessa opera della ricostruzione, nell’Europa divisa in due blocchi definiti, nel mondo sottosviluppato che bussa alle porte dei diritti e del benessere, nel Muro di Berlino che d’improvviso va in frantumi è l’umano che torna a pulsare, a gridare con forza, è l’umano che torna a tessere il suo ordito. Una trama che mette radicalmente in dubbio la “morte di Dio”.

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