Ragazzi e pornografia. Il tema sale spesso alla ribalta, nelle scuole come nelle famiglie, suscitando la preoccupazione e a volte lo sconcerto degli adulti. Vale la pena affrontarlo senza imbarazzi e pregiudizi.

La Società Italiana di Andrologia Medica ha recentemente divulgato i risultati di un’indagine condotta su 28mila maschi da un’azienda specializzata nell’analisi del traffico online. La statistica ancora una volta ha documentato quello che già sospettavamo: la frequentazione dei siti proibiti inizia molto presto, fra i quindici e i sedici anni, e avviene quotidianamente anche per molti anni. Dati provenienti da altre osservazioni sulle scuole medie spingono ancora più in basso l’età di accesso alla pornografia.



È poi da qualche tempo in commercio un innovativo software che permette di informare i genitori in tempo reale, via sms o e-mail, su quali siti i figli stanno navigando. Tale sistema vede addirittura la Campania come regione pilota di un progetto in tutte le scuole.

Questa tecnologia! Da una parte genera il problema, dall’altra sembrerebbe offrirne la soluzione, vista essenzialmente in termini di controllo e monitoraggio. Ma una volta che il genitore possiede la prova diretta che il figlio frequenta certi siti Internet, cosa se ne farà di questa informazione? Quale atteggiamento prenderà al riguardo? Se ci fermiamo a una pura logica di controllo non sappiamo più come procedere.



Spesso la prima reazione che ricavo dai genitori è di scandalo e delusione. “Ma come, mio figlio? Giocava coi Transformer fino a poco tempo fa e adesso… Da lui proprio non me lo aspettavo!”

Occorre non seguire troppo questa serie di pensieri; non possiamo negare infatti che con l’abbandono dell’infanzia emergono nei giovani interessi e curiosità che prima semplicemente non si davano. È ugualmente un dato di fatto che oggigiorno la facile accessibilità di certe immagini rappresenta una tentazione fortissima per molti: sono i rischi a cui sono esposti i nativi digitali, questi ragazzi nati al tempi di Internet. Non siamo davanti a depravati in miniatura e sarebbe un grave errore pensarli e trattarli come tali.



Il vero pericolo è che restino agganciati a quel mondo artificiale, che si costituisca per loro una specie di fissazione. Una coazione a ripetere che li porta a tornare lì, occupando sempre più tempo, ingombrando i pensieri senza lasciarli disponibili agli altri interessi propri dei giovani uomini. E il pensiero così invaso non sarà più disponibile per l’apprendimento, per la storia, l’inglese o la geometria.

Dovremo allora trovare il modo di parlare anche di questo con loro, al momento opportuno e con i toni di chi non vuole puntare un dito per mortificare, ma di chi, adulto, desidera correggere e aiutare l’altro a tenere aperti gli orizzonti della propria vita.

L’amore (pleonastico dire quello riuscito) non vive di un solo senso, la vista, ma di tutto il corpo, in quanto corpo che si pensa in compagnia di un altro per stare bene insieme.

Possiamo provare a testimoniarlo, per come ne siamo capaci. Ma sarà bene aggiungere anche qualche ragione pratica, tipo che quei siti, come tutti, memorizzano e riconoscono ogni singolo computer che vi accede. “Non voglio che casa mia e la nostra famiglia vengano associate con quel mondo, quindi ti chiedo di smetterla, può costituire una più che legittima richiesta di un genitore. Molto fattiva e comprensibile.

Ma la questione sarà poi necessariamente da allargare. La soluzione ai problemi della rete arriva dalla vita. I rapporti sinceri sperimentati come possibili, fra coetanei e adulti, l’accoglienza capace di generare frutti di soddisfazione reciproca, la molteplicità degli interessi mai autogenerati, ma sollecitati da altri a loro volta interessanti, saranno il miglior antidoto al rischio di fissarsi a immagini che per loro natura non bastano mai.

C’è molto di meglio da fare per un ragazzo che isolarsi nella rete e nella sua camera, a noi il compito di favorire questa riscoperta. Tanto più ci sarà vita reale, tanto meno dovremo preoccuparci.

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