“Amore, odio e passione” è l’argomento del tema artistico e letterario della prima prova della maturità 2011, tipologia B, saggio breve o articolo di giornale. Spunti letterari della seconda metà dell’800, affiancati a quadri famosissimi di inizio ‘900. Già solo il Bacio di Klimt è famoso in tutto il mondo e solo poco tempo fa è salito di nuovo agli onori della cronaca, grazie alla foto del “Bacio di Vancouver”, scattata da Richard Lam. Nell’immagine il bacio appassionato di due giovani sdraiati per terra, in una posizione molto simile a quella ritratta da Klimt, mentre intorno a loro si è scatenato l’inferno, tra manifestanti e polizia.
Nel Bacio di Klimt la passione intreccia i due protagonisti portandoli quasi a confondersi, le fantasie dei vestiti si uniscono in un tutt’uno. Ma l’amore non è solo passione, c’è un abisso tra l’io e il tu che non si riesce a colmare. Così De Chirico rappresenta uno degli episodi di maggiore tenerezza dell’Iliade: il bacio tra Ettore e Andromaca, fuori dalle mura di Troia, prima del duello finale con Achille che porterà alla morte dell’eroe troiano. Un saluto in cui aleggia il senso di definitività, alla presenza del piccolo figlio di Ettore e Andromaca. Ma i personaggi di De Chirico non hanno volto, sfugge quello sguardo di tenerezza e dolore infinito. E ancora negli Amanti di Picasso gli sguardi dei due protagonisti non si incrociano, il vuoto sembra incolmabile.
Nei testi da Manzoni (dai Promessi Sposi), Verga (La Lupa), D’Annunzio (Il trionfo della morte), Svevo (Senilità), emerge la fragilità del desiderio, quando l’amore diventa pretesa di possesso e si trasforma in odio. Il famoso brano di Manzoni sulla monaca di Monza, con la frase divenuta memorabile “La sventurata rispose” è indicativo di una personalità tormentata, che si abbandona alla passione e cade in una tragica contraddizione esistenziale perché incapace davvero di esprimere delle scelte nella propria vita, sballottata dai venti e dal potere di chi fa di lei quello che vuole. Ma non in grado di prendere davvero in mano la propria vita e i propri desideri. Ancora in Verga amore passione e odio diventano un circolo vizioso da cui non sembra possibile uscire.
(puoi scegliere uno degli argomenti relativi ai quattro ambiti proposti)
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti.
Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi.
Se scegli la forma dell’«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che l’articolo debba essere pubblicato.
Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo.
ARGOMENTO: Amore, odio, passione. G. KLIMT, Il bacio, 1907-08 | G. DE CHIRICO, Ettore e Andromaca, 1917 | P. PICASSO, Gli amanti, 1923 |
«Tra l’altre distinzioni e privilegi che le erano stati concessi, per compensarla di non poter esser badessa, c’era anche quello di stare in un quartiere a parte. Quel lato del monastero era contiguo a una casa abitata da un giovine, scellerato di professione, uno de’ tanti, che, in que’ tempi, e co’ loro sgherri, e con l’alleanze d’altri scellerati, potevano, fino a un certo segno, ridersi della forza pubblica e delle leggi. Il nostro manoscritto lo nomina Egidio, senza parlar del casato. Costui, da una sua finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qualche volta passare o girandolar lì, per ozio, allettato anzi che atterrito dai pericoli e dall’empietà dell’impresa, un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose.»
Alessandro MANZONI, I promessi sposi, 1840-42
«Ed avrebbe voluto strapparsi gli occhi per non vedere quelli della Lupa, che quando gli si ficcavano ne’ suoi gli facevano perdere l’anima ed il corpo. Non sapeva più che fare per svincolarsi dall’incantesimo. Pagò delle messe alle anime del Purgatorio e andò a chiedere aiuto al parroco e al brigadiere. A Pasqua andò a confessarsi, e fece pubblicamente sei palmi di lingua a strasciconi sui ciottoli del sacrato innanzi alla chiesa, in penitenza, e poi, come la Lupa tornava a tentarlo:
Sentite! le disse, non ci venite più nell’aia, perché se tornate a cercarmi, com’è vero Iddio, vi ammazzo!
Ammazzami, rispose la Lupa, ché non me ne importa; ma senza di te non voglio starci.
Ei come la scorse da lontano, in mezzo a’ seminati verdi, lasciò di zappare la vigna, e andò a staccare la scure dall’olmo. La Lupa lo vide venire, pallido e stralunato, colla scure che luccicava al sole, e non si arretrò di un sol passo, non chinò gli occhi, seguitò ad andargli incontro, con le mani piene di manipoli di papaveri rossi, e mangiandoselo con gli occhi neri. – Ah! malanno all’anima vostra! balbettò Nanni.»
Giovanni VERGA, La Lupa, in Vita dei campi, 1880
«Ella pareva colpita dal suono insolito della voce di Giorgio; e un vago sbigottimento cominciava a invaderla.
– Ma vieni!
Ed egli le si appressò con le mani tese. Rapidamente l’afferrò per i polsi, la trascinò per un piccolo tratto; poi la strinse tra le braccia, con un balzo, tentando di piegarla verso l’abisso.
– No, no, no…
Con uno sforzo rabbioso ella resistette, si divincolò, riuscì a liberarsi, saltò indietro anelando e tremando.
– Sei pazzo? – gridò con l’ira nella gola. – Sei pazzo?
Ma, come se lo vide venire di nuovo addosso senza parlare, come si sentì afferrata con una violenza più acre e trascinata ancóra verso il pericolo, ella comprese tutto in un gran lampo sinistro che le folgorò l’anima di terrore.
– No, no, Giorgio! Lasciami! Lasciami! Ancóra un minuto! Ascolta! Ascolta! Un minuto! Voglio dirti…
Ella supplicava, folle di terrore, divincolandosi. Sperava di trattenerlo, d’impietosirlo.
– Un minuto! Ascolta! Ti amo! Perdonami! Perdonami!
Ella balbettava parole incoerenti, disperata, sentendosi vincere, perdendo terreno, vedendo la morte.
– Assassino! – urlò allora furibonda.
E si difese con le unghie, con i morsi, come una fiera.
– Assassino! – urlò sentendosi afferrare per i capelli, stramazzando al suolo su l’orlo dell’abisso, perduta.
Il cane latrava contro il viluppo.
Fu una lotta breve e feroce come tra nemici implacabili che avessero covato fino a quell’ora nel profondo dell’anima un odio supremo.
E precipitarono nella morte avvinti.»
Gabriele D’ANNUNZIO, Il trionfo della morte, 1894
«Emilio poté esperimentare quanto importante sia il possesso di una donna lungamente desiderata. In quella memorabile sera egli poteva credere d’essersi mutato ben due volte nell’intima sua natura. Era sparita la sconsolata inerzia che l’aveva spinto a ricercare Angiolina, ma erasi anche annullato l’entusiasmo che lo aveva fatto singhiozzare di felicità e di tristezza. Il maschio era oramai soddisfatto ma, all’infuori di quella soddisfazione, egli veramente non ne aveva sentita altra. Aveva posseduto la donna che odiava, non quella ch’egli amava. Oh, ingannatrice! Non era né la prima, né – come voleva dargli ad intendere – la seconda volta ch’ella passava per un letto d’amore. Non valeva la pena di adirarsene perché l’aveva saputo da lungo tempo. Ma il possesso gli aveva data una grande libertà di giudizio sulla donna che gli si era sottomessa. – Non sognerò mai più – pensò uscendo da quella casa. E poco dopo, guardandola, illuminata da pallidi riflessi lunari: – Forse non ci ritornerò mai più. – Non era una decisione. Perché l’avrebbe dovuta prendere? Il tutto mancava d’importanza.»
Italo SVEVO, Senilità, 19272 (1a ed. 1898)