Esami di stato, Maturità 2011: liceo socio-psico-pedagogico, soluzione prova di pedagogia – Il Metodo Montessori trae origine dalle concezioni che la pedagogista possiede in merito alla natura della mente infantile. Il bambino è considerato anzitutto quale essere che alla nascita non reca tutti i caratteri tipici della sua specie, bensì le potenzialità necessarie a costruirli. Queste ultime, alla stregua di nebule, agiscono quali sensibilità dirigenti che hanno il potere di svilupparsi per effetto della stimolazione esercitata dall’ambiente. Da zero a tre anni la mente del bambino si configura quale mente assorbente capace di assimilare in modo inconscio, ma selettivo, i dati della realtà circostante, gettando le basi per la costruzione della personalità e per l’adattamento all’ambiente. L’apprendimento, in questa fase, coincide con la vita stessa.
Nel periodo successivo di vita che va dai tre ai sei anni, alla mente assorbente si accosta la mente cosciente, caratterizzata dal bisogno di mettere ordine alla mole di impressioni assorbite nella fase precedente. È in questo periodo che assume rilievo il ruolo giocato dalla scuola dell’infanzia, la quale, avvalendosi di un materiale scientificamente studiato, promuove l’organizzazione logica dei contenuti mentali del bambino, come pure la sua normalizzazione, ossia il ritorno spontaneo a quelle forze positive e costruttive dalle quali il bambino è stato deviato per effetto delle inibizioni dell’adulto, con il conseguente rifugio nel gioco, nell’immaginazione, nella pigrizia, nella paura, nell’aggressività.
La scuola dell’infanzia ha il compito di sollecitare la riconversione del bambino consentendogli di recuperare l’interesse, il gusto per il lavoro, lo sforzo, la soddisfazione per le attività svolte. Tale riconversione può essere realizzata per il tramite di un ambiente di apprendimento non violento, né competitivo, bensì adeguato alle diverse esigenze e ai differenti livelli di sviluppo infantile, adatto al lavoro individuale o di piccolo gruppo, rispettoso dei ritmi di ognuno e composto da suppellettili a misura di bambino. In ragione di queste caratteristiche, l’ambiente è definito “Casa dei bambini”, al fine di sottolinearne il carattere caldo ed accogliente, la possibilità di sperimentare un senso di appartenenza, la libertà, per il bambino, di muoversi secondo i propri interessi, tempi, ritmi, senza il diretto controllo dell’adulto.



La “Casa dei bambini” si configura perciò quale ambiente di vita all’interno del quale i bambini sono impegnati nel mantenimento dell’ordine, della bellezza, della pulizia e si muovono spontaneamente verso nuove opportunità di lavoro, di esperienza, di osservazione, realizzando un apprendimento che ha luogo sempre e ovunque. I materiali messi a disposizione hanno lo scopo di educare i sensi, sono scelti liberamente dal bambino sulla base del suo interesse e sono strutturati in maniera tale che l’errore si evidenzi di per sé. Essi sono inoltre funzionali alla ripetizione dell’esercizio, la quale soltanto può consentire al bambino di raggiungere la perfezione nell’esecuzione. 
Il materiale montessoriano ha poi una sorta di valenza metacognitiva in quanto consente al bambino di prendere coscienza delle modalità attraverso cui opera, pensa, classifica, formula ipotesi, adotta soluzioni, risolve problemi, modifica rappresentazioni mentali.



All’interno di un ambiente di apprendimento così strutturato, il maestro assolve ad una funzione di direzione, in quanto suo compito non è trasmettere la propria verità al bambino, bensì dirigere le sue attività in maniera tale da promuovere lo sviluppo delle potenzialità infantili e rimuovere le cause che possono impedire o ritardare il dispiegarsi della crescita. Egli pertanto organizza l’ambiente,  mostra il corretto uso dei materiali, osserva i comportamenti individuali, si pone quale guida ravvicinata nei momenti di difficoltà. Appaiono qui evidenti le analogie con la nozione di scaffolding elaborata da J. Bruner e con l’azione esercitata dall’adulto all’interno della zona di sviluppo prossimale come delineata da L. S. Vygotskij. Il maestro non giudica i risultati conseguiti dal bambino, non corregge, non punisce, non obbliga alla memorizzazione, ma sollecita l’entusiasmo e la passione, propone attività, sostiene e incoraggia, attende che ciascun bambino apprenda dall’esperienza secondo i propri ritmi, senza sostituirsi ad esso. Il maestro è misurato nelle parole e nei movimenti, e costruisce con i suoi allievi un rapporto basato sull’autorevolezza, sulla fiducia, sull’ascolto reciproco, sulla valorizzazione delle risorse di  ciascuno.



Non è un caso che il metodo montessoriano sia collocato all’interno della cosiddetta Pedagogia Scientifica; Maria Montessori, infatti, avverte l’esigenza di introdurre la scienza in ambito educativo, ravvedendo in essa lo strumento atto a realizzare un’osservazione obiettiva del soggetto che va adeguatamente conosciuto al fine di essere appropriatamente educato. La scienza ha l’onere di riscoprire il bambino nella sua autenticità, al di fuori delle situazioni artificiali di laboratorio; non è, tuttavia, la scienza a dover promuovere l’edificazione di una scuola nuova, ma è piuttosto il rinnovamento della vita scolastica a porre le premesse per la nascita di una nuova scienza dell’infanzia. È tale aspetto a differenziare il pensiero e l’operato di Maria Montessori rispetto alla Pedagogia Scientifica a lei contemporanea.

Quest’ultima nacque dall’esigenza di fondare una nuova metodologia educativa che potesse dare delle regole agli interventi da realizzare nella prassi concreta e che, diversamente dalla pedagogia di matrice filosofica, si avvalesse dei metodi e degli strumenti della ricerca sperimentale. Gli iniziatori della pedagogia scientifica in Italia furono Pietro Siciliani e Andrea Angiulli. Il primo auspicò l’abbandono dei metodi astratti e dogmatici di alcune correnti filosofiche, a vantaggio della ricerca della certezza scientifica mediante l’osservazione oggettiva,  la deduzione e la verifica. Propose, inoltre, una pedagogia intesa come autodidattica, volta ad organizzare mezzi ed espedienti educativi tali da consentire al soggetto di raggiungere autonomamente la verità. Andrea Angiulli giunse a considerare la biologia, e dunque non la filosofia né la psicologia, quale fondamento della pedagogia, in quanto capace di spiegare scientificamente i fenomeni psichici dell’uomo considerato nella sua integralità. Ad affiancare la biologia vi sarebbe stata poi la sociologia in grado di chiarire le funzioni sociali dell’individuo. Nell’ambito della Pedagogia Scientifica sono inoltre collocabili il De Dominicis, l’Ardigò, il Fornelli, il Colozza. Tratto comune alle teorizzazioni di ciascuno pare essere il tentativo di trasferire in ambito educativo l’ideologia positivistica, facendo derivare i principi della pedagogia dalle scienze naturali, rallentando, tuttavia, in tal modo, il suo costituirsi quale scienza autonoma.

 

(Barbara De Canale, dottore di ricerca in Pedagogia dello sviluppo)

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