Memorandum per il ministero. Prima prova scritta dell’esame di Stato: analisi del testo. Ungaretti Giuseppe. Lucca. Brutta poesia, dice il Corriere. Solo bruttina, per i più magnanimi.
Ricordarsi quindi di chiedere agli esperti di via Solferino elenco minuzioso di poesie diviso in: belle, brutte, accettabili. Dare agli studenti solo poesie belle o, in tempo di crisi, accettabili. Le altre escluderle.
Potendo, cancellarle dai libri, evitare di divulgarle, toglierle di mezzo, non accada che qualcuno, per di più sbarbatello non laureato, vi trovi qualcosa di bello. O che qualche indisciplinato insegnante ne abbia fatto cenno a scuola (di nascosto, si capisce) o l’abbia, addirittura, letta a voce alta (a questo proposito, togliere da video Einaudi la parte in cui Ungaretti Giuseppe la recita).
Tenere bene a mente gli ammonimenti del professore vichingo:
“Immaginiamo per un attimo cosa succederebbe se il patrimonio culturale suscitasse un tale entusiasmo nella giovane generazione da spingerla a divorarlo con avidità, trovandovi le domande come le risposte di quanto segretamente si porta dentro; un nobile pensiero da un certo punto di vista, ma non se si considera la realtà dei fatti, ovvero che si tratta di individui immaturi con una vita emotiva e intellettuale piuttosto confusa, incompleta e, anzi, a volte, detta senza mezzi termini, banale. Se la letteratura che ci è trasmessa attraverso il nostro patrimonio culturale arrivasse davvero a coinvolgere la nostra gioventù, al livello spirituale e intellettuale a cui questa si trova, getterebbe, se fosse vero, una luce imbarazzante sulla cultura stessa che chiama tale letteratura ‘il nostro patrimonio culturale’. Vorrebbe anche dire, tra l’altro, che i temi che quegli allievi presentavano al loro insegnante, in questo caso dunque a lui che in quel plumbeo lunedì mattina carico di pioggia era seduto in cattedra nella scuola superiore di Fagerborg a Oslo, sarebbero stati veri e propri trattati letterari, sui quali avrebbe fatto fatica a non gettarsi prima ancora di arrivare a casa, non per correggerli ma per leggerli, cosa che più lontana di così dalla realtà non poteva essere…” (Dag Solstad, Timidezza e dignità, Iperborea. Ma evitare che lo si legga. Potrebbe riservare spiacevoli scoperte).
Inoltre, assegnare solo poesie presenti nelle antologie scolastiche. Proporre auditel editoriale, stilare statistiche: percentuale di presenza sui seguenti manuali (decidere, prima, quali ammettere e quali escludere. Beninteso, se qualcuno riportasse Lucca di Ungaretti Giuseppe, eliminarlo perentoriamente, con ammonizione e successiva rieducazione estetica degli autori).
Infine, evitare poesie che possano mettere in difficoltà i giornalisti nel loro lavoro (ma questo Ungaretti Giuseppe che bisogno aveva di pubblicare la sua Lucca e poi includere anche un Ecco Lucca – lettera, poi Poesia ritrovata – per mandare in confusione i mass media che poi mettono sui siti quella sbagliata e fanno fare una brutta figura all’autore, indeciso e pasticcione? Che si decida, il poeta, e se proprio insiste a voler dire di Lucca, ne scriva una, perdio!)
Proporre quindi solo poesie già antologizzate, criticate, spiegate. Gli studenti scrivano sulla base di semilavorati predigeriti. Pensare, mai! Non hanno gli strumenti linguistici, filologici; mancano di esperienza della vita ecc. ecc.
Solo temi già svolti, per una scuola rigorosa e di qualità, di qualità, di qualità.
Ricordarsi di includere il chiarissimo Rienzo de Rege tra gli esperti ministeriali in qualità di Sommo sacerdote. A quale titolo di merito? Ha spiegato a Ungaretti la di lui poesia. “Per quale motivo sia stato scelto uno dei testi più brutti e pasticciati di Ungaretti, elaborato dal 1919 al 1936, è davvero difficile da comprendere. Certo è che a proposito di Lucca il poeta, in una sua confessione, ha parlato di humour, nel far riferimento al suo scombinato adattamento al concetto borghese di esistenza”.
Il povero Giuseppe, dimostrando poca perspicacia, aveva scritto: “A proposito di questa poesia, dell’humour che forse talvolta, si dice, vi ho messo, non esprimevo una rinuncia alla libertà della vita, un adattamento al concetto borghese della vita. In Lucca rilevavo che l’uomo è misteriosamente chiamato a sopravviversi nell’ordine spirituale mediante la parola, nell’ordine naturale mediante la progenie. È verità di Monsieur de la Palisse, lo so; ma la prendevo drammaticamente, e accettare la tradizione è stato, è ancora per me, l’avventura più drammatica, è quell’avventura dalla quale sino ad oggi si svolge, in mezzo a difficoltà innumerevoli d’espressione, la mia poesia”.
Ma come si fa…