Il tempo estivo è spesso accompagnato da “tormentoni”. La canzone da spiaggia, rigorosamente spensierata e travolgente; il libro che svetta in classifica e che “se non l’hai letto sei out”, non importa la qualità della scrittura e il messaggio. E così via.

Ma ci sono anche tormentoni che tolgono levità alle vacanze. Uno di questi tocca figli e genitori. I compiti delle vacanze, un vero e proprio mantra sulla bocca di tutti, vuoi perché ritenuti utili, vuoi perché dissacrati o considerati un incubo inevitabile.



I figli, impreparati a gestire il tempo libero, non avendone mai o poco durante l’anno scolastico, ciondolano da una stanza all’altra, da un luogo all’altro per riempire quel tempo vuoto che a loro volta i genitori cercano di colmare con impegni organizzati e spesso delegati ad altri: piscina, sport, oratorio, parchi Robinson e quant’altro. Tutte buone intenzioni, beninteso, e ottime opportunità per i figli. Ma in questo panorama i compiti rischiano di diventare l’ennesimo riempitivo obbligato, subìto dai figli e impegnativo per i genitori. Si raggiungono veri e propri compromessi: prima i compiti poi la piscina; a luglio fai quello che vuoi ma quando andiamo in vacanza devi dedicare un’ora ai compiti; non eseguire gli esercizi tutti insieme e subito, così poi non ti ricordi nulla quando tornerai a scuola…



Provo allora a fare qualche considerazione che sdogani i “compiti delle vacanze”. Innanzitutto è bene chiarirsi sull’utilità di esercitazioni da svolgere per fissare conoscenze ed abilità conquistate durante l’anno scolastico. Non si nega il valore di un esercizio sia pur saltuario ma costante nel tempo per impedire il sonno della memoria. La condizione perché ci sia valore in questo è che conoscenze ed abilità siano diventate patrimonio degli alunni studenti e che questi ultimi abbiano a vari livelli percepito il senso dei loro saperi. Diversamente si genera un addestramento al quale il soggetto rimane impermeabile. Lo sanno bene i docenti che, a fronte di quaderni ben compilati e presentati a settembre, scoprono una regressione nei saperi nei loro alunni.



E i docenti illuminati sanno che è utile personalizzare i compiti ai vari alunni. Alcuni necessitano di recupero e/o approfondimento e padroneggiamento di saperi ed abilità non ancora raggiunti a livelli essenziali. Per altri la sfida è proporre loro attività che li incuriosiscano e che li spingano ad un personale approfondimento, mossi da interessi che la vita di classe e il “programma scolastico” ha lasciato inevasi.

Il compito per antonomasia che investe l’estate dei nostri figli è l’impegno ad usare il tempo sonnolento e dilatato dell’estate per dar vita o approfondire le proprie curiosità, per seguire i propri gusti, le proprie inclinazioni. Ed è a questo punto che il compito dei genitori acquista significato. rpossono usare energie per creare e condividere occasioni di piacevole e gustoso apprendimento. Si può offrire un ventaglio di opportunità ai figli, i quali devono imparare a scegliere e – quindi – a perseguire l’impegno intrapreso con tenacia e costanza.

Allora la lettura di un libro non è solo dettata dall’assolvimento di un obbligo, ma dal piacere che un bambino – o un ragazzo – prova nelle parole scritte che fanno sognare ma anche riflettere sulla propria esperienza. Lettura libera, personale, senza l’incubo di dovere rispondere alla fine del libro a domande precostituite. La compagnia dei genitori in questo caso è fondamentale e fondativa. È un’esperienza che non ha uguali poter raccontare e commentare con un adulto che si ama ciò che un libro ha fatto conoscere e le emozioni o le domande che ha suscitato. E perché non organizzare con il proprio figlio una “gita” in una libreria fornita per scegliere insieme un libro come regalo, aggiungendo al regalo la promessa libera da obblighi di leggerlo e/o commentarlo insieme?

E il bambino che ha sensibilità e curiosità per il mondo naturale e fenomeni scientifici può ricevere la proposta di una gita naturalistica in un bosco, in una fattoria e, perché no, ad un osservatorio.

E al figlio con senso estetico non si può regalare una visita ad una galleria, ad un museo, facendogli da guida perché ci si è prima preparati? Il vero compito delle vacanze per i genitori è di condividere curiosità e stupore dei propri figli, ricostruendo essi stessi la propria conoscenza e lasciarsi modificare da un’esperienza. I figli danno molto agli adulti se osservati ed ascoltati con l’apertura della mente e del cuore.

E i bambini/ragazzi, posti di fronte ad opportunità ed esperienze, mettono ordine nelle proprie conoscenze e nella propria immagine. Acquistano il senso e il valore di sé. La condizione è che un adulto li accompagni e gioisca o fatichi con loro in queste avventure culturali ed esistenziali.

Certo, è paradossalmente più facile, ancorché più noioso e pesante, eseguire e fare eseguire compiti prestabiliti che mettono poco in moto la persona. Ma se è vero ciò che affermava Dewey secondo il quale ognuno deve riscoprire da sé e per sé ciò che altri hanno già scoperto e codificato (questo il significato dello studio e dell’esperienza), quanta cultura e quanto benessere personale giovani ed adulti traggono da esperienze offerte e condivise!

Gli alunni si ripresenteranno a settembre un po’ più irrobustiti nella conoscenza del mondo e di sé e i genitori avranno vissuto con minore ansia l’impegno dei propri figli che avranno imparato a conoscere e a scoprire fuori dagli schemi, a volte asfittici, del profitto scolastico.

Senza dimenticare completamente gli “esercizi” canonici. Semplicemente concepirli, da parte degli adulti, come una delle opportunità di recupero e fissazione del sapere.

Un augurio di vacanze ricche di avventure nel mondo della conoscenza e nel proprio mondo interiore. A figli e genitori.