Caro direttore,
in questi giorni gli Uffici Scolastici Provinciali di tutta Italia stanno pubblicando, alla spicciolata, le graduatorie permanenti, rinnovate. In molte città del Nord Italia, più attive, si stanno succedendo composte manifestazioni di protesta di quanti stanno perdendo la possibilità di lavorare da settembre prossimo a causa del rinnovo di quelle graduatorie.
Si sta verificando quanto previsto ampiamente dai diretti interessati e da chiunque abbia attenzione per le cose di scuola. Le graduatorie permanenti, in virtù della Legge 296/2006, avevano cambiato nome e natura. L’emanazione, da parte dell’allora ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni, della legge n. 296/2006, trasformava le graduatorie dei docenti da permanenti ad esaurimento. Tale legge obbligava ciascun docente a scegliere, nel 2007, una provincia definitiva in cui lavorare, in attesa dell’immissione in ruolo. I trasferimenti in un’altra provincia erano consentiti solo in coda, ovvero in posizione subalterna a quanti vi erano inseriti precedentemente. A riguardo, il ministro Fioroni con una nota esplicativa chiarì la questione affermando: “Con la riapertura dei termini sarà consentito, per l’ultima volta, di iscriversi nelle graduatorie permanenti, trasformate in Graduatorie ad Esaurimento. Nel successivo biennio scolastico 2009/2011 si potrà solo aggiornare il punteggio o trasferire la propria posizione in altra Provincia, ma in ‘coda’ a tutte le fasce. [..](Prot. n. AOODGPER 5485 Roma, 19 marzo 2007)”.
Una scelta che per i docenti sicuramente è uscita dal campo strettamente professionale ed è andata a toccare tutti gli altri aspetti dell’esistenza. Fu detto che le graduatorie venivano trasformate da permanenti ad esaurimento. Contestualmente il governo si impegnava ad un piano di assunzioni per 150mila posti, che venne avviato e poi di fatto ridimensionato dallo stesso governo e dal successivo governo Berlusconi.
Ai precari fu detto che avrebbero dovuto scegliere, per l’ultima volta, una provincia nella quale eleggere il domicilio lavorativo. Fu promessa stabilità lavorativa e di vita. Questa legge fu, infatti, condivisa all’unanimità dai docenti italiani, senza remore, in quanto permetteva di garantire sia la continuità didattica nelle scuole sia una certa stabilità, pur nel precariato, ai precari stessi. Nel 2009, ad aggiornamento con cadenza biennale delle stesse graduatorie, a seguito dei massicci tagli lineari ed indiscriminati operati al comparto scuola, per dare un’opportunità lavorativa maggiore indistintamente a tutti i docenti precari il ministro Mariastella Gelmini ha concesso, in maniera opzionale, di iscriversi in altre tre province aggiuntive, in coda a quanti precedentemente inseritivi a pieno titolo.
Nel frattempo si era messa in moto una fabbrica di ricorsi. Si ricorreva contro tutto, anche contro le graduatorie di coda, da cui peraltro centinaia di precari hanno avuto la nomina annuale o quasi.
Nel 2011 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il sistema delle code, cassando gli articoli relativi. In effetti la sentenza della Corte costituzionale ha abrogato l’articolo 4 del DM 42 del 2009, ma non ha di fatto eliminato la Legge 296 del 2006, né l’interpretazione originaria ad essa correlata. La Corte dichiara incostituzionale l’uso del principio di graduazione dei precari per anzianità e non per merito, solo in relazione alla modalità di gestione dei trasferimenti.
La Corte non è stata chiamata in causa per giudicare la costituzionalità della normativa del ministro Fioroni (Graduatorie ad Esaurimento, Articolo 1, comma 605, lett. c, Legge n. 296, 27 dicembre 2006) nella quale il termine “esaurimento” era palesemente inteso come “cristallizzazione delle posizioni raggiunte per ‘merito’ dai concorsisti”.
Cambiando nome e natura alle ex graduatorie permanenti, divenute graduatorie ad esaurimento (GAE), si invitavano i Docenti alla scelta definitiva di una provincia lavorativa per la formazione di un albo che sarebbe dovuto rimanere chiuso e per così dire “congelato” fino al suo esaurirsi, ossia al passaggio in ruolo di tutti i soggetti inclusi ed aventi diritto. Di questo tutti erano consapevoli e, con la maturità che compete ad un professionista, tutti hanno fatto una scelta consapevole. Restava la possibilità, per chi l’avesse voluto, di trasferirsi, ma ponendosi in coda, per salvaguardare i diritti acquisiti che ancora, in questo Paese, hanno un loro valore.
Non si pensi ad uno scandalo. Le graduatorie dei concorsi, e le graduatorie ad esaurimento sono un concorso per titoli, sono sempre state chiuse e sostanzialmente immodificabili. La graduatoria del concorso ordinario del 1999, che sia detto per inciso doveva restare valida solo 3 anni, a tutt’oggi è valida, funzionante, e regionalmente chiusa secondo la scelta fatta dai candidati nell’aprile 1999. Se qualcuno avesse voluto trasferirsi non avrebbe avuto alcuna possibilità. Non si capisce lo scandalo circa la graduatoria ad esaurimento chiusa a nuovi ingressi.
Invece nei primi mesi del 2011 il Parlamento, arruffato ad arte da persone poco inclini al rispetto del diritto, di cui si vocifera abbiano interessi in alcuni studi legali che hanno avviato il contenzioso, ha voluto assolutamente riaprire le graduatorie, dando giustificazione finale alla mole di ricorsi legali al TAR avviati. Anche il Pd il quale pure sosteneva il governo Prodi che aveva varato le graduatorie ad esaurimento, abbandona l’idea e, soprattutto, i precari che ci avevano creduto, e sposa la riapertura tra le inutili proteste di molti. I sindacati cerchiobottisti, danno ragione a tutti e nessuno, come ognuno di noi ha qualche volta sperimentato.
La proposta del senatore Pittoni, Lega Nord, di concedere un bonus di 40 punti, viene annientata nella menzogna generale con l’accusa di razzismo, quando la maggior parte di quanti ne avrebbero tratto utilità erano meridionali emigrati al nord nel 2007 e insegnanti meridionali delle piccole province poco popolate del sud.
I precari interessati vivono il sentimento del tradimento da parte di partiti politici e uomini politici in cui avevano creduto, che si sono ostinati a sostenere anche nelle ultime tornate elettorali e referendarie, e che ciò nonostante non si sono nemmeno posti il problema di come salvaguardare il lavoro dei loro fedeli elettori.
È successo quello che è sotto gli occhi di tutti: chi aveva lavorato negli ultimi 3 anni nelle piccole province del Meridione, come in tutto il Settentrione, avrà grosse difficoltà, e in molti casi nessuna possibilità, di lavorare.
Dal sito del ministero dell’Istruzione si apprende che i nuovi ingressi in graduatoria sono aumentati del 38,51% in Piemonte, del 28,48% in Lombardia, del 10,74% in Friuli, del 28,10% in Liguria, del 33,15% in Emilia Romagna, del 20,11% in Toscana, del 42% nel Lazio. Saldo negativo per tutto il meridione, con la sola eccezione della Sardegna, tradizionalmente terra di conquista, con il suo saldo positivo, limitato al 2,66%, dovuto all’invasione delle province di Oristano e Nuoro, meno popolose e lontane dalle sedi universitarie di formazione dei docenti.
Da settembre ci sarà lo stesso numero di disoccupati. Non è stato creato neanche un posto di lavoro nuovo. Soltanto che cambiano i nomi e la provenienza geografica dei disoccupati. Chi ha lavorato negli ultimi 3 anni rischia la disoccupazione, o ne è certo, invece qualcuno dei nuovi arrivati lavorerà dopo la disoccupazione. Molti di quelli che si sono spostati non risolveranno il loro problema e resteranno disoccupati, soffocati dal meccanismo avviato.
Quando incontrate i colleghi insegnanti che manifestano nelle vostre città contro gli “inserimenti a pettine” sostenete la loro azione. Si tratta di professionisti che difendono il loro lavoro, svolto con onestà, consapevolmente voluto e scelto, quando non si era ancora cominciato a tagliare i posti di lavoro nella scuola. Meritano rispetto, come tutti i lavoratori, specialmente quando rischiano di perdere il sostentamento per la loro famiglia.
Bisogna difendere i diritti acquisiti, come si è sempre fatto in Italia. Non è mancanza di meritocrazia. Per la meritocrazia bisognerebbe togliere il lavoro a tutti i diplomati che lavorano a tempo indeterminato negli uffici pubblici e dare lavoro alle torme di laureati disoccupati, maggiormente titolati, ma nessuno si sogna di proporre una corbelleria simile. Nel caso delle graduatorie degli insegnanti è invece esattamente quello che è successo.
Il diritto al lavoro è universale, naturale si potrebbe dire. La soluzione non è dare il lavoro ad uno togliendolo ad un altro. Questa si chiama mistificazione, oltre che ingiustizia.
(Pierpaolo Pinna)