Ha destato qualche perplessità, unita a velata ironia, la conseguenza legale e la pena pecuniaria di un episodio spiacevole, ma – almeno apparentemente – senza danni, avvenuto in un istituto tecnico superiore dell’hinterland milanese. Al genitore di un ragazzo minorenne è stato chiesto di risarcire il danno nei confronti della professoressa di educazione fisica, che aveva ricevuto una scarpa da ginnastica alla gola, senza peraltro subire gravi danni, quelli evidenti all’esterno, s’intende.
Il fatto e la dinamica chiariscono il giudizio del provvedimento preso. Il ragazzo – infatti – aveva sfilato la calzatura ad una compagna. L’innocua “arma impropria” era stata lanciata senza un obiettivo preciso, almeno così ha addotto lo studente. Del resto ci siamo abituati a vedere simili gesti anche durante le conferenze stampa di “illustri” personaggi della politica internazionale. Colpa in educando, la sentenza del Tribunale di Milano: il genitore paghi la somma di 30mila euro al professore. Pecunia non olet… sed docet, aggiungo ai molti che considerano l’accaduto una banale ragazzata degna del perdono da parte dell’insegnante, che magari non era riuscita a gestire in tempo l’allegra brigata.
Di conseguenza la sentenza parrebbe inadeguata. Tuttavia, ai molti che considerano esagerata la pena inflitta, visto che sul collo della docente non appariva nemmeno un’ecchimosi e il ragazzotto era davvero sprovveduto, confermo che spetta primariamente ai genitori il dovere di spiegare ai propri figli le conseguenze di alcuni gesti ritenuti banali. Gli stessi, infatti, potrebbero anche sortire effetti pericolosi o nefasti. Immagino che i legali abbiano valutato il caso con la dovuta attenzione, unitamente agli aspetti, non secondari, della salute psicofisica.
Del resto, in mancanza di educazione e autodisciplina, anche la scienza ci supporta. A conferma di quanto sopra, riporto pedissequamente quanto è scritto sulla copertina del libro edito da Utet nel 2005, intitolato Il cervello anarchico, del noto medico pneumologo-oncologo Enzo Soresi: “Per tutto il periodo della sua vita fetale, fino al momento della nascita, il cervello sviluppa con l’organismo a cui appartiene una relazione fisiologicamente armonica che si instaura attraverso un network di comunicazioni rappresentate dai neurotrasmettitori e neuropeptidi. Questi messaggeri neurochimici, prodotti dalle cellule del sistema nervoso centrale e del sistema immunitario, influenzano la crescita delle fibre nervose, la plasticità delle sinapsi, il ciclo vitale dei neuroni con la loro morte programmata, determinando l’assetto definitivo del sistema nervoso centrale e periferico. Al momento della nascita l’impatto con i fattori ambientali e le esperienze individuali condizionano l’assetto definitivo del cervello e l’espressione dei geni la cui premessa è quella di raccogliere i suggerimenti dell’ambiente. Successivamente lo stress a cui tutti siamo sottoposti, determina una alterazione dell’asse endocrino con una conseguente scorretta produzione dei neurotrasmettitori e lo sviluppo di malattie psico-somatiche. L’autore, alla luce di questa nuova scienza nota come PNEI (Psiconeuroendocrinoimmunologia), interpreta una serie di casi clinici ‘singolari’ dandone l’interpretazione scientifica ed invita il lettore a sviluppare un modello di vita volto a ridurre al minimo il disagio psichico con conseguente prevenzione del danno biologico”.
Antifone, filosofo greco del V secolo a.C., ci ha lasciato detto che “In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto”. Cari genitori, appurato che insegnare logora, educare “costa”…