Entro il prossimo 31 agosto un numero significativo di precari verrà convocato per l’immissione in ruolo: si tratta di 20.219 docenti (di cui 6.800 di sostegno) e 36.000 amministrativi, tecnici ed ausiliari.
Si tratta di un impegno gravoso soprattutto vista la situazione generale del paese e bisogna dar atto al ministro Gelmini di aver difeso in modo energico lo spazio che già si era creato per risolvere quello che lei ritiene la questione seria della scuola italiana, ossia il precariato.
Obiettivo primario del ministro è quello di chiudere le graduatorie negli stessi tempi che il governo si è dato per arrivare al pareggio del bilancio. Bisogna riconoscere al ministro una coerenza notevole rispetto agli impegni che si è preso e del resto dire la parola fine a una delle contraddizioni che più hanno pesato in questi anni sulla scuola è un titolo di merito, il precariato deve sparire e per sempre dalla scuola italiana.
Ciò che non convince è che il ministro stia usando due pesi e due misure, quello che sta facendo per eliminare la piaga sociale del precariato è del tutto sbilanciato rispetto all’indifferenza che il ministro mette in campo nei confronti dei giovani che vorrebbero intraprendere l’avventura dell’insegnamento.
Per i precari il ministro è disposto a tutto, per i giovani invece nulla. Anzi fa di tutto per disilluderli, per allontanarli dalla scuola quasi siano una zavorra di cui liberarsi al più presto. E’ quello del ministro Gelmini un comportamento contraddittorio, che ha come ragione la sua incapacità a liberarsi di una mentalità statalista che di fatto ne condiziona le scelte.
Dare il posto di lavoro ai precari è un atto dovuto e va nella logica di razionalizzare il comparto della scuola statale che non può che averne un bene in stabilità e continuità didattica.
E’ un bene per l’organizzazione della scuola, è un bene per tutti gli insegnanti che aspettano da anni il ruolo nello stato. Non fare tanto per i precari, ma pensare di risolvere così la questione della scuola, qui sta l’errore.



Il ministro Gelmini, se avesse un pò di lungimiranza, non si fermerebbe a risolvere la questione dei precari, ma andrebbe avanti con lo stesso e ancor più impegno. I giovani che si affollano alle porte della scuola e la trovano chiusa, a doppia mandata, con un Cerbero che ogni tanto fa entrare qualcuno ma a rigoroso singhiozzo, ebbene questi giovani che vogliono insegnare, per i quali questa scelta ha un valore ideale, sono una sfida.
Farli entrare, dar loro la possibilità di abilitarsi e di giocare le loro doti è per il ministro un’occasione per ripensare al sistema statalista che va consolidandosi, è una grande possibilità per il ministro di introdurre finalmente dentro la scuola criteri di libertà e di merito. Con un sistema che unifica abilitazione e reclutamento si avrà un controllo sempre più ferreo dello stato, sarà l’affermazione dell’insegnante statale.
Se invece il ministro avesse il coraggio di cambiare registro, questa che le offrono i giovani è un’occasione irripetibile, basterebbe un minimo di ragionevolezza, distinguere in modo chiaro, senza possibilità di equivoco, tra abilitazione e reclutamento. L’abilitazione è un diritto che si deve dare a tutti e si deve abilitare chiunque dimostri di essere motivato a insegnare e di saperlo fare. Poi le scuole decidano in modo autonomo chi reclutare. Sarebbe ora.

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