Dopo il tour de force estivo per la compilazione della domanda di accesso alle graduatorie di Terza fascia, per i non abilitati all’insegnamento è la volta di capire quando partirà il nuovo percorso abilitante (TFA) e farvi domanda. Sembra giungere finalmente a conclusione quel calvario durato più di tre anni di attese, delusioni e speranze causate dal vuoto legislativo tutto italiano che bloccava la strada dell’insegnamento ai giovani laureati (ma che forse molti non hanno sofferto prendendo l’abilitazione all’estero). Dunque una bella notizia.
Invece, in pieno ferragosto, il ministero ha comunicato ai sindacati i dati previsionali per l’avvio dei corsi di laurea abilitanti e dei TFA, segnalando le disponibilità, Regione per Regione, divise per grado di istruzione ma comprendenti tutte le classi di concorso. Si tratta di tabelle stilate tenendo conto del fabbisogno, dei pensionamenti e degli insegnanti soprannumerari. Da ciò si apprende che “saranno messi in palio” soltanto 17mila posti circa in tutta Italia, mentre saranno circa 200mila gli aspiranti nuovi insegnanti che faranno domanda. Eppure, nella stessa comunicazione datata 10 agosto, il ministero sottolinea che c’è anche stato un aumento dei posti pari al 40% volto a permettere anche alle scuole non statali di avere personale abilitato.
Dunque, per insegnare nella scuola primaria, è già noto che saranno 5.151 i posti aperti dalle Facoltà di Scienze della Formazione Primaria, mentre per quelle secondarie bisognerà aspettare l’incrocio tra i dati del ministero e l’offerta formativa dell’università (che li dovranno far pervenire entro il 20 settembre), quindi non prima di ottobre. Inoltre, nelle 25 pagine di tabelle e calcoli inviate ai sindacati, si segnala che un altro TFA partirà l’anno prossimo con gli stessi numeri di accesso, mentre dal terzo avvio (in poi?) le disponibilità si dimezzeranno, perché convergeranno nel mondo della scuola i primi laureati dei corsi universitari già abilitanti.
A questo punto, sui famosi 17mila posti (anziché i dovuti 70mila calcolati da Roberto Pellegatta, nel suo articolo pubblicato su questo giornale), occorre fare una riflessione: se effettivamente il TFA partisse con dei numeri di accesso così risicati causerebbe una estromissione dei più giovani dall’insegnamento e ciò bloccherebbe quel ricambio generazionale che nella scuola è fondamentale; tra l’altro i prof più giovani sono già stati “congelati” per tre anni, alla faccia del merito di chi si è laureato nei tempi e con il massimo dei voti. Se così si ragiona, tanto vale mettere a numero chiuso anche le facoltà che hanno come primo sbocco sul mondo del lavoro proprio l’insegnamento (Lettere, per esempio). Invece si sta già diffondendo il business dei corsi a pagamento volti a formare i tutor (cioè quelli che affiancheranno gli aspiranti prof che accederanno al TFA) e a nessuno importa se chi assisterà i futuri insegnanti non ha mai vinto un concorso nella scuola – dato che per diventare tutor non serve nemmeno l’abilitazione ma basta avere un’esperienza di insegnamento minima.
Ecco perché sono già scesi in campo gli onorevoli Maurizio Lupi e Mario Mauro, come anche Ernesto Galli della Loggia e Giorgio Vittadini. Quest’ultimo, in un’intervista al Corriere di domenica 21 ha esplicitamente detto: “Il Ministero, legando l’abilitazione alla possibilità di essere assunti, per evitare nuovi precari, impedirà alla gran parte dei giovani non solo di insegnare, ma anche di qualificarsi. (….) Oltre a prevedere numeri di abilitati risibili (…) questa decisione implica la chiusura delle porte dell’istruzione a giovani freschi e motivati, che possono rinnovare la demotivata e sfiduciata scuola italiana. Ciò significa chiudere ai giovani, dopo le porte dell’università, anche quelle dell’istruzione e quindi mostrare di non capire l’importanza dell’investimento in capitale umano” e su Avvenire di sabato 27 ha ribadito che “l’ultimo provvedimento sulla scuola favorisce i precari ed esclude i giovani ed intona il de profundis della scuola paritaria, che non può assumere”. A Vittadini ha fatto subito eco Galli della Loggia, intervistato da questo giornale mercoledì 24, affermando: “Se questo Paese continuerà a pensare che sia più importante assumere decine di migliaia di precari piuttosto che mettere fine allo scandalo dell’istruzione in Calabria, dove i licei regalano 100 e lode a tutti, non avrà nessun futuro”.
Più duro è stato il Presidente di Diesse, Fabrizio Foschi, che su Avvenire di domenica 28 ha spiegato le sottili ragioni di questo blocco: “L’amministrazione in questa partita si è molto legata al sindacato che il precariato lo sa organizzare bene. Per non averlo contro, il Ministero ha sposato questa rivendicazione”. Parallelamente su Repubblica la Gelmini veniva additata dal “Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio” come più statalista di Berlinguer. E ieri (lunedì 29) la rassegna stampa era tutta improntata su questo scontro che vede contrapposti, da una parte, il ministro, Pittoni e la Cisl, dall’altra i giovani insegnanti che aspirano all’abilitazione.
Dunque, per evitare che i dati di accesso al TFA rimangano tali, c’è bisogno di smuovere ancora di più l’opinione pubblica affinché rifletta sulla grave situazione dei prof meno che trentenni. Perché non ci sono numeri che tengono davanti alla loro prorompente vocazione e al futuro della scuola.