La Maturità è andata, in mezzo a sorprese e conferme. Per qualcuno è stata l’occasione di riscattare con un esame ben fatto un percorso svolto mediocremente, altri sono invece scivolati sulla prova finale portando a casa un risultato sotto le attese.

Così tra commissari sadici o illuminati, membri interni troppo deboli o strenui difensori dei loro ragazzi, complimenti o consolazioni dai compagni si sono consumate emozioni forti e sentimenti intensi. Eppure, a poco più di un mese quella gioia, rabbia, soddisfazione, delusione si sono pian piano stemperate, grazie anche a un iniziale periodo di vacanza, forse l’unico della vita, davvero libero da compiti, impegni, preoccupazioni. Ma adesso si pone prepotente la questione del futuro, che per moltissimi coincide con la scelta universitaria.



I ragazzi devono ora destreggiarsi fra le idee che si sono fatti degli studi e delle professioni, la presenza o meno di test per lo più imprevedibili nei loro esiti, le pressioni dichiarate o meno dei genitori. I fattori da tenere presenti sono tanti e talora in conflitto fra loro. Medicina o economia, ingegneria o architettura, fisioterapia o psicologia: sono questi i dilemmi che sentiamo raccontare.



A uno sguardo adulto, di chi sa come va la vita, potrebbe subito risaltare l’incongruenza di certe alternative: lavorare con i pazienti oncologici o curare il business plan di un’azienda non sono certo equivalenti, così come progettare spazi dove la gente viva bene o spaccare in due l’atomo. Ma alla soglia dell’università non c’è da stupirsi che uno possa benissimo pensarsi in diversi ambiti e diverse vesti, anzi questo stesso fattore, che a un occhio distratto potrebbe persino parere confondente, è esso stesso una risorsa.

C’è chi ha le idee già chiarissime e va bene – probabilmente si è già iscritto a colpo secco -, ma chi sperimenta una sorta di incertezza piuttosto che smarrirsi in essa potrebbe considerarla un elemento facilitante, per l’opportunità che offre di aprire diversi fronti. Ciò che disorienta è piuttosto un errato concetto di passione, la cui presenza dovrebbe dare sicurezza sulla scelta.



La passione spesso non è quell’ a-priori già tutto costituito e deciso che pensiamo, nasce proprio dall’impegno personale e serio con la realtà che decidiamo di abbracciare. In questo momento è sufficiente forse un’intuizione, una propensione per certi argomenti o piani di studi o tipologia di professione; una vera e propria passione maturerà cammin facendo.

La presenza di un eventuale test a barriera per l’ingresso nella facoltà desiderata costituirà poi, comunque si giudichi la natura e il contenuto di tali prove, un interessante dato di realtà con cui fare i conti. Superare o non superare il test detterà effettivamente l’accesso o meno a un tipo di studi.

Non pensiamo allora alla costituzione del cosiddetto piano B, dal sapore sempre rinunciatario e di occasione mancata, consideriamo comunque anche una reale diversa opportunità formativa e professionale che risulti parimenti attraente e interessante. Per quanto la visione del futuro sia senza tentennamenti, è difficile pensare che la vastissima, forse persino eccessiva, offerta di formazione universitaria oggi presente non consenta davvero l’identificazione di un’altra possibilità convincente.

Da ultimo, un caveat sui consigli dei grandi, genitori in primis. Il rischio di sognare per i figli i propri sogni è sempre in agguato, costituendosi come una tentazione feroce. Come genitori dobbiamo chiederci in questo momento un’apertura alla realtà che potrebbe non essere affatto spontanea. L’idea che ci siamo fatti di posizione sociale, di sicurezza del lavoro, le difficoltà che abbiamo incontrato sulla nostra strada, i desideri non realizzati, i successi ottenuti, le nostre contraddizioni pesano potentemente sulle indicazioni, più o meno pressanti, che possiamo fare sui giovani.

Ma loro non sono noi: hanno attitudini diverse, alcune ancora da scoprire, altre tutte da costruire, si trovano a vivere in una realtà profondamente diversa dalla nostra di partenza, i contenuti degli studi sono cambiati per non dire la fluidità stessa del lavoro. Guardiamo allora alle future matricole con simpatia, aiutiamoli a capire che per scegliere non occorre avere tutto chiaro davanti, anzi che proprio qui sta parte del fascino del cammino che stanno per iniziare: il futuro è tutto da scrivere.

Piuttosto incoraggiamoli a non ostinarsi a scriverlo da soli e a non ridurlo unicamente al progetto che si faranno. E, soprattutto, invitiamoli a considerare che il futuro inizia subito, il primo giorno che metteranno piede in Facoltà stringendo orgogliosi e al contempo titubanti il libretto col loro numero di matricola: meglio non partano soli, cerchino subito la presenza di coetanei e più grandi che possano sostenerli nella verifica della scelta e nell’impegno quotidiano. Impegno che in Università, sappiamo, può anche essere vivace e perfino divertente, soprattutto quando fatto in buona compagnia.